AUTOCRITICHE CONTRO – Il ’68 visto da Franco Giorgio Freda
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AUTOCRITICHE CONTRO – Il ’68 visto da Franco Giorgio Freda

In occasione del cinquantennale del 1968  Antonio Lodetti su “Il Giornale” ha intervistato Franco Giorgio Freda, che per alcuni è un terrorista, per altri un filosofo e per altri ancora un impenitente rivoluzionario… un cattivo Maestro. Per tutti Freda oggi è «l’Editore», dato che ha fondato le edizioni Ar che continuano ancora oggi ad essere una casa editrice “contro” con un catalogo vasto e variegato.

Intervista che riportiamo per intero offre una riflessione autocritica dell’editore sul suo ambizioso progetto rivoluzionario che lo spinse allora  a lavorare alla costruzione di un fronte unico con l’estrema sinistra.
Un tentativo che oggi fustiga come idee fuori del tempo di un ragazzotto ingenuo.

 

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Franco (o Giorgio, com’è il suo primo nome) è uno dei personaggi più controversi e significativi nella storia italiana del terrorismo anni Settanta.
Ideologo del cosiddetto «nazi-maoismo», è stato accusato della strage di Piazza Fontana a Milano essendo poi assolto per mancanza di prove.
A suo carico alcuni attentati esplosivi sui treni nell’estate del 1969.
Freda, duro e puro, nel 1990 ha fondato il Fronte Nazionale, sciolto dal Consiglio dei Ministri nel 2000, di cui era «reggente» e per il quale ha subito sei anni di carcere per istigazione all’odio razziale.
Tra le sue ultime pubblicazioni Da inviato di guerra. Lo squadrismo rumeno, ovvero i reportage di Indro Montanelli inviato in Romania, e l’ultimo romanzo di Anna K Valerio.
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Freda, cos’è stato il ’68?
«Una finta di ragazzi-bambini viziati».
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E il ’68 di Freda? Quali le sue idee e la sua estetica?
«Io non ho mai finto. Se avessi finto, probabilmente sarei riuscito perfino a fare la rivoluzione…
Una brutta cosa che ho imparato dalle mie esperienze più o meno underground è che la gente dei tempi stanchi – e questo nostro dopoguerra è stanchissimo! – la compri o la lusinghi, non la persuadi né la infiammi. Le mie idee del ’68 erano da ragazzotto ingenuo; non tenevano conto di questa regola.
Erano idee estatiche, fuori dal tempo.
L’idea-volontà essenziale era una; creare le condizioni politiche perché l’uomo ritrovasse la grande passione del bello, del buono, del giusto.
Ero disposto a rischiare la vita – e l’ho rischiata – per questo.
Un cretino, come quel Laurana di Sciascia».
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Chi è un rivoluzionario e cos’è la rivoluzione?
«Un rivoluzionario è una persona più energica delle altre, che ha la forza di volare tirandosi per i capelli verso l’alto.
Rivoluzione… Beh…
È il sesso che non sappiamo più fare, è invenzione, fantasia, libertà, giustizia, ossigeno, calore, vita.
Amore. Onore».
C’è mai stato qualcuno del dopoguerra in grado di poterla fare?
«Sì, qualcuno anche c’era.
Ma occorre forse cercare tra quelli di cui i giornali non hanno parlato o hanno parlato poco e male».
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Quali sono oggi le linee guida del suo pensiero?
«Le stesse di ieri. Per me la vita non ha senso se non si libra in volo verso l’ideale.
Il bello, il buono, il giusto: che in ogni epoca si declinano in modo diverso».
Cos’è il fascismo e cosa vuol dire essere di destra?
«Il fascismo ha espresso una volontà energica in grado di piegare il tempo e plasmare la storia. In questo è stato un miracolo. Immense pietre squadrate nelle più varie città d’Italia stanno ancora a ricordarcelo.
Essere di destra, oggi, significa pensare che la storia dell’uomo non vada scolpita nella gelatina.
E, dato che siamo in tema, che l’Uomo con la u maiuscola non sia lo chef di turno».
C’è stato il rischio di dittatura comunista in talia?
«Nooo. Dittatura quelli?
Provate a leggere le Lettere a nessuno di Antonio Moresco e ditemi un po’ se il comunismo in Italia è stato una cosa seria».
Quali sono i pensatori che l’hanno più influenzata?
«I primi: Platone e Nietzsche. Un cortocircuito quindi?…».

Secondo lei è chiusa o si chiuderà mai la vicenda di piazza Fontana? C’è qualcuno che sa qualcosa di non ancora noto?
«Ho l’impressione che dureranno ancora le mistificazioni e le strumentalizzazioni e che chi non sa continui a voler dire la sua».
Come svolge la sua attività di editore. Cos’è per lei questo lavoro?
«Visto che questo per me non è un lavoro ma una, potrei dire, passione impersonale, cerco di non cedere alle lusinghe della stampa – e dei pensieri – made in China. O made in Usa».
Cosa pensa dello ius soli e dell’immigrazione. Lei pose il problema ai tempi del Fronte nazionale.
«Il problema lo posi nel 1990, quando fondai il Fronte Nazionale ed era di facile soluzione.
Oggi il problema è diventato incubo.
È solo un altro sogno che può risolverlo e allora conviene continuare ad addestrarsi a sognare. Se ieri, nel ’68, il cretino ero io ingenuo idealista, adesso finisce che i cretini sono gli altri, i mondani».
11 Luglio 2018

Autore:

redazione


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