Precari a vita e straordinari d’oro, ombre sul Cas Sotto accusa la gestione del personale: 230 i lavoratori perennemente a tempo determinato
Gli asfalti colabrodo e le condizioni minime di sicurezza assenti sono solo alcune, certamente le più evidenti, delle “ombre” che oscurano la gestione, nel corso degli anni, del Consorzio autostrade siciliane. Un Cas finito nel mirino degli utenti, della politica locale, di alcuni sindacati, dell’Anas. Proprio venerdì scorso i rappresentanti della Cub Trasporti, con in testa Filippo Sutera della segreteria regionale, hanno consegnato al procuratore aggiunto Vincenzo Barbaro un corposo dossier, nel quale si chiede conto su che fine abbiano fatto le risorse del Cas, specie quelle introitate dai pedaggi. La gente paga, sulle autostrade, ma la gente ci muore anche. E questo non è accettabile, appare evidente.
Ma, come detto, ci sono anche altre ombre nella storia del Cas, e riguardano la gestione del personale, “capitolo” al quale la Cub, nel suo dossier ma anche in altri esposti presentati in passato, ha dedicato ampio spazio. Non parliamo di numeri banali: sono ben 230 i precari del Cas con qualifica di agente tecnico esattore, ossia i cosiddetti casellanti, assunti periodicamente con contratto a tempo determinato per un periodo che non supera mai i novanta giorni l’anno. Lavoratori che, ha più volte sottolineato la Cub, «sebbene lavorino da una vita per il Consorzio, vengono illusi e raggirati da continue promesse di stabilizzazione mai avvenute».
Non solo. Tutti sono stati puntualmente scavalcati con le varie assunzioni operate dal 2001 in poi, assunzioni di dipendenti provenienti dalle pubbiche amministrazioni regionali o dagli enti locali. Fattispecie che è figlia di uno dei punti interrogativi di fondo che da sempre permangono sul Cas: è un ente pubblico economico o non economico?
Una distinzione che va al di là del mero dettaglio di denominazione. Il sindacato va sostenendo che la grande confusione interpretativa in realtà non dovrebbe esistere: «Il Cas – hanno ribadito di recente Cub e Ugl – è ente costituito e caratterizzato dalle norme legislative nazionali di riferimento e da quelle statutarie inconfutabilmente come ente pubblico economico». Insomma, non è una pubblica amministrazione, anche perché non ha mai ricevuto contributi dalla Regione, che è sì uno dei 17 enti pubblici siciliani di cui è partecipato, ma senza che il Cas per questo perda l’autonomia finanziaria e funzionale. Che la distinzione tra le due tipologie non sia secondaria è dettata dal fatto che, se davvero il Cas fosse ente “economico”, non sarebbe possibile trasferirvi personale da pubbliche amministrazioni. Il che, invece, è avvenuto regolarmente negli ultimi anni, per via, denuncia la Cub, di «una politica clientelare ed arrogante». Così la gestione del personale, al Cas, ha seguito sempre due binari paralleli e al tempo stesso contraddittori tra loro.
Da una parte quello dei precari, che dal 2002 sono inseriti in una graduatoria dalla quale bisognerebbe attingere per le assunzioni temporanee e definitive (ed in effetti così è stato nel 2005, con circa 50 assunzioni part–time a tempo indeterminato). Dall’altro quello del personale “regolare”, di ruolo. La contraddizione sta tutta in due fattori. Il primo: a fronte di una pianta organica “spogliatasi” in circa sei anni di oltre 130 unità, nessun precario è stato stabilizzato ma in compenso si è innalzato a livelli impressionati il monte ore degli straordinari dei dipendenti di ruolo.
Straordinari, tra l’altro, “programmati” e non emergenziali, come invece prevedono i contratti e le leggi. Questo mentre ai precari è stato per anni impedito, tramite direttiva aziendale, di effettuare ore di straordinario, mentre quelle dei lavoratori di ruolo sono aumentate a dismisura.
Il secondo fattore di contraddizione, invece, è dato dalle assunzioni (oltre venti) effettuate non attingendo dall’esercito dei precari, ma da altre pubbliche amministrazioni regionali. Una sorta di mobilità, incompatibile con la natura di ente pubblico economico che viene attribuita, senza indugi, da alcuni sindacati al Cas.
Piccolo inciso, che forse inciso non è, quelle assunzioni, sottolinea la Cub in un recente esposto presentato in Procura, «sono state effettuate, ed in tutta fretta, a ridosso delle elezioni europee 2009». Tirando una riga, «senza scomodare illustri matematici – si legge in quell’esposto – ci si rende conto da soli che, in un sol colpo, si potrebbe svuotare il bacino attuale di precariato, a tutto guadagno in termini di qualità del lavoro, non sottoponendo i casellanti a turni massacranti». Eppure si sono scelte altre strade. Perché? Mero clientelismo? Miopia gestionale? Un accordo di massima sull’utilizzo dei precari era stato raggiunto nel gennaio 2009, quando presidente del Cas era Patrizia Valenti, accordo che però sembra essere finito in chissà quale cassetto.
In tutto questo da anni l’ente non ha un bilancio, non ha un piano industriale, non ha gli ordinari organi statutari (da quasi due anni è commissariato). Le risorse si “disperdono” anche (ovviamente non solo) per gli straordinari d’oro. E i precari attendono, in quella lunga e triste graduatoria, che qualcuno si ricordi del fatto che da decenni loro sono lì. A occupare i caselli, a sopperire alle ferie degli altri. A non intravedere un futuro certo e stabile.