BARBARA POLE – “I miei genitori non vedevano di buon occhio la mia passione per il disegno e per la pittura, per loro l’arte era solo una perdita di tempo ma i miei scarabocchi riempivano ogni spazio libero dei libri di mio zio”
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BARBARA POLE – “I miei genitori non vedevano di buon occhio la mia passione per il disegno e per la pittura, per loro l’arte era solo una perdita di tempo ma i miei scarabocchi riempivano ogni spazio libero dei libri di mio zio”

Intervista realizzata da Giulia Quaranta Provenzano

Oggi la blogger Giulia Quaranta Provenzano ci propone l’intervista a Barbara Pole. L’artista si è un po’ raccontata a partire dall’infanzia e ha affermato che <<è la fusione di arte, cultura e design il tratto distintivo dei suoi gioielli e delle sue collezioni (…)>> – cfr. il profilo IG https://instagram.com/barbarapoledesign?igshid=YmMyMTA2M2Y=  

Buongiorno! Vorrei iniziare la nostra chiacchierata domandandole subito da quale motore interiore ha preso avvio il suo viaggio nell’arte tant’è che – citandola – dal 2001 crea interamente a mano sofisticati e gioiosi gioielli in vetro [clicca qui https://www.barbarapole.com/ per accedere al sito Internet di Barbara Pole]. “Buongiorno Giulia! Quest’intervista è un grande piacere per me e anche un’opportunità per poter condividere con le persone il mio percorso di vita. Forse, così, portò essere d’incoraggiamento per qualcuno. Il motore interiore che mi ha avviato lungo la strada dedicata all’arte è stata la mia vocazione”.

Da piccola a cosa, forse, immaginava di dedicarsi una volta divenuta adulta e che bambina è stata? Inoltre, quale colore assocerebbe rispettivamente a ciascuno dei periodi più significativi della sua vita sinora? “La mia vocazione si è rivelata già nell’infanzia tant’è che mi ricordo perfettamente che, alla domanda degli adulti su cosa pensassi di diventare da grande, rispondevo sempre in modo assertivo che volevo fare la pittrice, la bibliotecaria e l’insegnante. Credo che quando la propria vocazione è tanto chiara già da bambini sia una vera e propria fortuna anche per i genitori che, con più facilità, possono sostenere i figli nelle scelte …Ma non sempre i genitori accettano la vocazione dei figli e questo è stato il mio caso. Per i miei genitori, infatti, la mia passione per il disegno e per la pittura era solo una perdita di tempo che – secondo la loro opinione – doveva essere impiegato per qualcosa di più “serio”. Quando compii quindici anni, quindi, mi mandarono a Łódź a studiare all’Istituto Industriale di Carta e Stampa. Sentivo che la mia vita sarebbe stata rovinata. Nonostante tutto ho imparato come si fa appunto la carta, come rilegare a mano un libro o un quaderno, come decorare con l’oro… e, la cosa che mi affascinava di più, come marmorizzare i fogli per fare poi le copertine! Ero una bambina che non amava molto parlare, il mio linguaggio preferito era il disegno e la pittura. I miei scarabocchi fatti con penne e matite riempivano ogni spazio libero dei libri di mio zio (comunista con il cuore puro) – oramai ingialliti e pieni di polvere – di Karl Marx, Friedrich Engels, Vladimir Lenin, che occupavano tutta la soffitta di casa di mia nonna. I miei sogni erano in bianco e nero, nei miei disegni e nelle mie pitture usavo colori sfumati e quello predominante era il grigio. L’unica eccezione fu un dipinto che feci a tredici anni d’età, a scuola, su richiesta della professoressa di Arti Applicate che quel giorno portò in classe il grammofono e ci chiese di ascoltare un disco di musica classica e di dipingerla. Mi ricordo che tutti quanti i miei compagni avevano rappresentato qualche soggetto figurativo, mentre io ero l’unica ad aver creato un astratto con tanti bei colori e con il blu protagonista. Alla professoressa piacque così tanto codesto mio disegno che mi chiese se poteva tenerselo. I miei sogni e allo stesso tempo i miei quadri presero colore in un momento preciso ossia quando, ai primi di maggio, mi trovai sulla costa ionica nei pressi dello scoglio la Pietra Grande e dall’alto vedi per la prima volta il turchese del mare del Sud. L’emozione fu tale da provocarmi un forte capogiro”.    

Lei – citandola nuovamente – ha sviluppato una concezione di gioielleria basata sul trasferimento dell’arte nel gioiello (gioielli che sono frutto di una visione contemplativa dell’arte appunto), che diventa un microcosmo estetico da indossare e portare con sé. Ebbene cosa rappresenta per lei la bellezza, la cultura e il design, l’arte più in generale e quale ritiene che sia il loro principale pregio e potere? “Devo dire che l’affermazione di Edgar Degas, secondo cui un’opera d’arte non si espande ma si condensa, mi ha portata a una profonda riflessione per l’appunto sull’arte e sul desiderio di trasferire la mia pittura in un oggetto piccolo quanto un talismano. Il mio tentativo è stato ed è quello di fondere arte, cultura e design in un qualcosa di unico. Il grande pregio e il potere dell’arte consiste nel fatto che offre la possibilità di avere delle prove della nostra esistenza. Condivido l’opinione espressa da Rudolf Arnheim secondo cui i nostri occhi sono stati relegati al ruolo di strumenti di misura e riconoscimento, indicando alcuni elementi della nostra percezione di ciò che ci circonda che – nel corso dei secoli – sono stati eliminati o ignorati dalle convenzioni culturali. L’immagine non è solo un punto di partenza per nuovi modi di vedere e interpretare il mondo, ma diventa anche uno strumento per conoscere i meccanismi della nostra cultura e le abitudini percettive da essa adottate. L’arte è l’espressione estetica dell’interiorità e dell’animo degli esseri umani e quella di oggi ha il ruolo di riaffermarne la dignità. Le opere del passato sono, per me, un ricordo molto importante che spesso rappresentano dei modelli dai quali posso attingere per creare le mie linee di gioielli contemporanei”.   

Le sue collezioni sono caratterizzate dal fatto che ogni linea, tante delle quali sono ispirate alle opere d’arte del passato reinterpretate con un design contemporaneo, muove da una profonda ricerca e racchiude intensi significati …e proprio a proposito di significati, le chiedo se è dell’avviso che – nonostante le sensazioni e le emozioni talvolta e probabilmente differenti che generano in ogni persona – vi sia un significato oggettivo delle varie opere tale da contribuire così alla più ima conoscenza dei mondi psichici dell’artista. “Per comprendere bene il significato di un’opera d’arte dobbiamo innanzitutto analizzarla, in modo oggettivo e soggettivo, e capire cosa voleva comunicare l’autore. Nel momento in cui decido di creare una linea dedicata a un artista del passato, devo racchiudere in pochi tratti e colori l’intero mondo di quell’artista. È, questa, sempre una grande sfida per me… richiede la capacità di riuscire a trovare una sintesi chiara e facilmente leggibile da tutti. Ci sono, inoltre, anche tante prove tecniche da effettuare per ottenere l’effetto desiderato. Diversi anni fa avevo elaborato l’idea di creare una collezione ispirata al quadro “Il Ponte del Diavolo” di William Turner in cui si vede il magico passaggio dall’arte occidentale a quella orientale. Doveva essere una linea molto semplice in cui lasciavo largo spazio all’imprevisto della tecnica appositamente creata per quell’occasione, un po’ come avviene con la ceramica raku. La mia contemplazione, durante il lavoro, fu profonda. Quando il giorno dopo scoprii i risultati successivi alla fusione, rimasi totalmente sbalordita perché all’interno della gemma si era formata un’immagine molto chiara di un paesaggio con al centro una geisha vista di spalle”.

Quale ruolo le pare che giochi e quale le piacerebbe avesse l’immagine visiva nella società e nel veicolare significati nei più diversi  ambiti dell’esistenza – ad esempio a livello emozionale, d’impegno verso un qual certo “quid”, psicologico a riguardo di sé e di coloro con i quali ci si interfaccia? “L’artista americana Georgia O’Keeffe dipingeva ritratti di fiori in scala più grande del naturale per non permettere che si ignorasse la loro bellezza. Nel mio percorso, invece, a un certo punto ho deciso di passare a una scala in miniatura perché credo che sia importante “costringere” il fruitore a soffermarsi a guardare con attenzione quello che c’è dentro al dipinto e cioè a guardare in profondità… non siamo più abituati a farlo. La bellezza necessita dell’andamento lento ed è senz’altro un compito nobile quello di andare oltre la superficie per cogliere l’essenza più nascosta, ma ciò non è certo facile. Contemplando un’opera d’arte non siamo soltanto noi ad agire, ma anche le opere riescono a esercitare una loro “attività” nei nostri confronti ed è possibile arrivare a un’interazione emozionale con esse – come se l’opera risvegliata dal nostro sguardo, dalla nostra ammirazione, entrasse in una sorta di risonanza affettiva con noi dando vita a un fenomeno energetico-emozionale simile allo stato che possiamo vivere nell’entrare in contatto con gli altri esseri umani o con gli scenari della Natura. Un disegno, un quadro, un segno finisce col comunicare i messaggi di chi si è espresso con essi e questo vale sia per l’autore che per il fruitore. Oggi viviamo in una società massificata e ogni giorno ci sono più cose che ci rendono tutti uguali e sempre di meno sono quelle che riescono a sublimare la diversità. Nel 1993, una multinazionale mi chiese di trasferirmi nella loro sede di Rotterdam per continuare a svolgere il mio lavoro di ricerca e sviluppo. La scelta operata dal cuore però mi ha portata in Calabria, per seguire la mia vocazione. Sono una pittrice e una designer, trasmetto il mio sapere ai miei corsisti e – nonostante non sia mai stata una bibliotecaria – la mia casa è piena di libri”.

Nell’imparare a conoscersi e nel comprendere cosa si vuole fare-essere-avere, la propria specificità in che relazione sta con la temporalità e con la geografia in cui si vive, con la socialità e con l’aggregazione, con la vita sociale e dunque pure familiare? E l’ampia e profonda diversità d’approccio – altresì nella propria presentazione tramite il look – all’esistere e nel come vivere rispetto alla maggioranza a cosa le sembra, o almeno suppone, che porti? “Si dice che i nostri primi cinque anni di vita creino un imprinting indelebile per il resto della nostra esistenza ma penso che in fondo ognuno di noi sia la somma delle persone che ha incontrato, dei libri che ha letto, dei posti in cui abbiamo vissuto. Da sempre sono stata dotata di una particolare sensibilità e le varie vicissitudini che ho attraversato mi hanno insegnato a credere nel destino, a cominciare dalla mia vocazione. Il mondo conosciuto nell’infanzia non esiste più e quello in cui vivo attualmente si sta rapidamente sgretolando. Il nostro Pianeta, compresa l’umanità, è minacciato ma ovunque vedo inerzia. La nostra condizione attuale non corrisponde alla vera sorte dell’uomo e purtroppo non stiamo vivendo il potenziale della nostra autentica natura. Assopiti dalle forze dell’identificazione e dell’automatismo, nell’ignoranza di noi stessi e delle nostre possibilità, stiamo perdendo il contatto con la realtà. Nonostante ciò, è possibile l’evoluzione dell’essere umano aldilà dell’agitazione della vita. È possibile sperimentare come una mente quieta, la consapevolezza del corpo e l’apertura del cuore possano essere riuniti per esprimere una presenza più sincera e armonica di se stessi e ciò nelle relazioni con gli altri e con il tutto che ci circonda”. 

I ricordi, la sperimentazione e l’osare, il pianificare e l’organizzare, l’istinto e la razionalità quanto sono fondamentali e in che misura timonano la sua creatività? “La vita è una struttura in equilibrio instabile. Sicuramente mi piace collezionare i ricordi più belli e significativi del mio passato, ma amo vivere il mio presente in pieno. L’amore per la sperimentazione è nato durante il mio quasi decennale lavoro nel campo di ricerca e sviluppo per una nota azienda di rivestimenti in ceramica in Polonia ed è sempre vivo. Adoro le nuove sfide e osare, tuttavia nel mio lavoro è molto importante anche la pianificazione e l’organizzazione. Gestire un’attività, dal 2001, e arrivare ai risultati importanti non è stato facile. È bene tenere un’agenda per gestire al meglio il proprio tempo e appuntare le idee”. 

So che il turchese e il vetro fanno parte della sua anima e descrivono la sua interiorità ma ho comunque una curiosità da rivolgerle e cioè quali sono gli altri materiali e colori, le forme e i soggetti che predilige nel realizzare i gioielli e i complementi d’arredo che dà alla luce e per quale motivo nello specifico [clicca qui https://instagram.com/barbarapolegioielli?igshid=YmMyMTA2M2Y= per visionare il profilo IG di Barbara Pole e le sue creazioni artistiche]? “I materiali con i quali mi piace – ogni tanto – sperimentare sono la ceramica, la carta, i tessuti. Per quello che concerne i colori, spesso sono da me scelti in base al tipo di linea creata quindi possono variare molto di volta in volta. La collezione “Mediterraneo”, ispirata ai mari che vivo in Calabria, è sviluppata in tre colori diversi ovvero il turchese, il viola e il rosso. Oltre alle forme ormai classiche dei miei gioielli proposte in stile modulare, ci sono anche altre forme spesso tonde, triangolari, rettangolari, ovalizzate e tante altre ancora”.     

Lei è dell’avviso che gli accessori, così come i capi d’abbigliamento e non soltanto questi, abbiano o non abbiano un genere? Detto altrimenti, per quello che la riguarda, tiene a mente e ossequia oppure invece non segue mai talune categorizzazione per l’appunto del genere in base al sesso di nascita? “La maggior parte dei miei gioielli sono creati principalmente per le donne, ma ho anche dato spazio ad alcuni accessori da uomo tra cui bracciali, gemelli e pendenti. Nonostante ciò, mi fa veramente piacere quando una cliente acquista un bracciale “da uomo” o un paio di gemelli per se stessa oppure quando un cliente decide di indossare un vistoso pendente a forma di triangolo o un altro gioiello considerato “da donna”. Lo trovo estremamente interessante. Ognuno si deve sentire libero nella scelta di ciò che indossa ed è bello se sente che, per l’appunto, quello che porta lo rappresenta in pieno”.

Infine, prima di salutarci, vuole anticiparci quali sono i suoi prossimi progetti e condividere qualche eventuale chicca in anteprima? “Dieci anni fa, durante la mia visita al Museo Hamburger Bahnhof di Berlino, scoprii l’arte della Madre dell’Astrattismo ovvero Hilma af Klint. Fu allora che nacque la mia idea di dedicarmi alle artiste donne, tanto trascurate nella storia dell’arte. Così ho creato una linea di gioielli ispirati alla sopracitata grande artista svedese Hilma af Klint, alla francese Séraphine de Senlis e all’americana Georgia O’Keeffe. Ultimamente sto portando avanti il suddetto progetto con nuove protagoniste tra cui Artemisia Gentileschi, Tamara de Lempicka, Lavinia Fontana e Rachel Ruysch”. 

7 Marzo 2023

Autore:

redazione


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