Il giornalista messinese va in udienza per diffamazione. A Catania si apre il procedimento a seguito della querela presentata dal vice questore Daniele Manganaro per le anomalie che “Centonove” metteva in evidenza le anomalie sull’attentato all’ex direttore del Parco dei Nebrodi.
Questa mattina al tribunale di Catania si avvia il processo per diffamazione a carico del giornalista Enzo Basso, reo per la difesa del vice questore Daniele Manganaro di aver in un servizio giornalistico sollevato pesanti interrogativi sulle modalità dell’attentato al presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci.
“Chi è… Stato” era il titolo con il quale il settimanale Centonove, nel marzo 2017, svelava, raccontandoli, dei contrasti interni al commissariato di Sant’Agata Militello, delle perplessità sull’affidamento dell’inchiesta agli stessi protagonisti dell’attentato, di lettere anonime giunte alle istituzioni e del ruolo di giornalisti.
Insomma il giornalista – facendo il suo lavoro – raccontava a tinte fosche di quelle atmosfere che si percepivano intorno alla vicenda, che tra l’altro era al suo nascere.
Ed Enzo Basso venne ascoltato anche dalla Commissione antimafia che nei giorni scorsi ha reso note le sue parole dove ha parlato anche di Lumia e Montante. Di certo le risultante “politiche” della Commissione Regionale Antimafia e la stessa relazione, ormai pubblica, avranno un ruolo su questo processo.
Dal verbale dell’Antimafia.
Il 23 marzo 2017 l’articolo sul settimanale siciliano Centonove a firma di Enzo Basso riprende e rilancia (fin dal titolo: “Chi è… Stato?”) i dubbi sull’attentato.
“Chi è stato?” chiedono i boss al telefono dopo l’attentato del diciotto maggio scorso al presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci. Ma ancora, dieci mesi dopo le modalità dell’agguato notturno alle due di notte tra Cesarò e San Fratello, in contrada Muto, sulle quali indagano in tandem le direzioni investigative antimafia di Messina e Catania, restano avvolte in un mistero.
Una scena quasi cinematografica: un gruppo di aggressori che sparano nella notte, vengono raggiunti all’improvviso dai provvidenziali colpi di pistola del vicequestore Daniele Manganaro e scappano nell’oscurità del bosco, lasciando ai bordi della strada due bottiglie molotov. Tecniche di un agguato, che non trova eguali nella letteratura criminale e che stupisce gli stessi boss, legati ai clan della macellazione: “Chi è stato?”
Nulla rispetto al documento di fitte sei pagine, svelato dal giornalista Franco Viviano su “L’Espresso”, dove si parla anche di uno esplosivo scritto inviato mesi fa alla Procura di Patti, a quella di Termini Imerese e a quella di Messina, oltre che al Viminale, e al Capo della polizia in cui si raccontano fatti inquietanti che portano l’anonimo estensore a chiedere: “Chi è lo Stato?”: il gruppo di potere del governatore Crocetta e del senatore Lumia, insieme a un manipolo di poliziotti, stretto attorno ad Antoci, oppure è lo Stato che tollera degenerazioni di potere?
Per supportare queste tesi, l’anonimo mostra di essere addentro alle cose della polizia: “i proiettili spediti da Palermo sono calibro 9 per 9, Luger, in esclusiva dotazione alle forze di polizia dotate di armi parabellum , per chi si esercita nei poligoni di tiro Uits”.
Enzo Basso, direttore ed editore del settimanale Centonove:
BASSO: Ogni giornalista all’interno di alcune strutture ha le sue fonti. I veterinari, per quel tipo di mondo, sono le antenne sul territorio… ho parlato con più soggetti: non c’è nessuno in quella zona che si aspettasse una cosa del genere… Perché mi sono incuriosito? Perché nel momento in cui mi ha chiamato, il collega Viviano mi ha detto: «sai, i soggetti che sono indagati, loro stessi si chiedevano “chi è stato?”» di qui il famoso titolo di Centonove.
Le fonti istituzionali che sono state da noi sentite erano, come dire, molto in linea con la versione che è stata data. Fuori verbale, tutti in qualche modo ponevano dei quesiti e c’era molta perplessità. Questa cosa l’ho avvertita per mesi e mesi… Ricordo che un giorno mi chiamò l’attuale assessore regionale Bernardette Grasso perché voleva sapere se io avevo intenzione di scrivere un articolo su una battuta infelice da parte del governatore Musumeci, allora presidente della Commissione antimafia dell’Ars, che aveva detto: “poi tutti questi attentati, tutti sappiamo come vanno…”. Era quello che più di venti sindaci avevano in qualche modo riferito sommessamente a Musumeci su quelle che erano le perplessità che su quel territorio … Musumeci andò, credo, a Sant’Agata e in presenza di molti sindaci, nel momento in cui parlò di questi attentati che destavano qualche perplessità, è scoppiato un lungo applauso.
(…)
BASSO: Nella mia attività di giornalista mi arrivavano… echi di fortissimi scontri dentro il commissariato di Sant’Agata di Militello e una sorta di scontro anche politico perché questo commissariato si era trasformato in una sezione staccata del PD.
(…)
BASSO: Io non ho nessuna intenzione di screditare Antoci. Se posso dire una mia personalissima ipotesi sono convinto che Antoci sia totalmente in buona fede. È un meccanismo altro che ha pensato probabilmente tutto questo… Il rapporto è tra Montante e Lumia. Antoci è una pedina.
FAVA, Presidente della Commissione: Di chi in questo caso?
BASSO: Certamente di Lumia. Questa è una mia idea. Loro stavano facendo un investimento su Antoci… ben strutturato. Di solito si tende a creare una storia, si crea una bellissima storia e poi la si butta sul mercato. Io spero che sia vero l’attentato, che sia opera di manigoldi, ma così come strutturato tende a lasciare sempre un alone di inquietudine… queste figure che spariscono nel bosco di notte, un funzionario di polizia che volontariamente, senza essere in servizio, parte per andare a Cesarò… c’è qualche cosa che ha a che fare con la cinematografia… Se queste cose si dovesse scoprire che siano state decise a tavolino, credo sarebbe un fatto di una gravita assoluta…