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Nessun rispetto, tutto il disprezzo possibile e la condanna non solo penale ma etica per chi, con superficialità,  ha messo in rete quei files attendendo che la giustizia faccia il suo corso dopo che “sulla morte di Tiziana abbiamo aperto un fascicolo, per induzione al suicidio”  dice Francesco Greco procuratore capo della Procura di Napoli Nord.

La Procura indaga e il web – ora – chiede giustizia e finalmente “l’oblio”.

“Non l’avevo vista per tutto il giorno, non ho potuto fermarla”, si dispera ora la madre. Che agli investigatori ha rivelato un ulteriore motivo di turbamento della figlia: anche se aveva ottenuto una sentenza favorevole del tribunale sul diritto all’oblio, la donna era stata considerata consenziente e quindi condannata a pagare quattromila euro di spese.

La Storia di Tiziana – si legge su Repubblica di Napoli “aveva fatto il giro del web, una sua ingenuità era diventata un incubo, finito in tragedia e purtroppo, questa, tutt’altro che virtuale. La ragazza, della provincia di Napoli, figlia del gestore di un bar, aveva perso il lavoro, non poteva più mostrarsi in pubblico, dopo che alcuni suoi  “amici” avevano diffuso via internet e sugli smartphone alcuni video hard. Il legale della ragazza aveva già citato in giudizio non solo chi ha postato i video, sui quali ora sono in corso le indagini preliminari ma anche lo stesso Facebook Ireland, Yahoo Italia, Google e Youtube, sostenendo che non avessero rispettato il diritto all’oblio. E cinque giorni fa aveva ottenuto il provvedimento d’urgenza che comporta in caso di inadempienza una multa fino a 10mila euro al giorno per i motori di ricerca e Facebook Ireland. E il giudice del tribunale di Aversa, Monica Marrazzo, ha riconosciuto in questa brutta vicenda la lesione del diritto alla privacy di Tiziana, contestando ai vari social forum di non aver rimosso all’istante i video lesivi della sua reputazione”.

Tiziana aveva cercato di “sparire”, aveva perso il lavoro, aveva cambiato città e nome, cercato di contrastare gli insulti sui social ma alla fine si è uccisa.

E ora l’indagine non è più per violazione alla privacy o per il diritto all’oblio, ma per istigazione al suicidio.

Oggi è il tempo della riflessione e il dolore per una vita infranta deve cedere il passo alla denuncia verso quella superficialità con cui un video privato è stato trasformato in un fenomeno virale, con oltre 100 mila pagine dedicate a quella frase pronunciata da Tiziana in un momento che credeva intimo: “Stai facendo il video? Bravo”.

Certo il giudizio su chi ha giocato su quelle immagine, se ne è fatto un vanto, sputtanandola, è impietoso.

Un conto è un video porto girato proprio per questo scopo, un conto è un video privato, che pur dai contenuti più o meno piccanti è girato in un ambiente intimo.. non certo  per essere divulgato.
E su Repubblica si legge: “L’accusa è rivolta ai ragazzi che per primi hanno diffuso le immagini sui social network, dando il via un vortice infernale che ha distrutto la vita di Tiziana. “C’è ancora chi ha il coraggio di fare battute sulla morte di Tiziana, vergognatevi” denuncia Michele mentre altri ricordano la vicenda della ragazza di 13 anni violentata dal branco a Melito Porto Salvo: ” Avanti, ora dite che anche Tiziana se l’e’ cercata”.
Il suicidio della 31enne squarcia il velo di Maja della società virtuale e ad alcuni utenti sembra irreale: “Sarebbe bello se Tiziana avesse inscenato la sua morte per ricostruirsi una vita. Ma non è così”.