Il 5 aprile del 1916 nasceva a La Jolla Gregory Peck considerato fra gli attori più belli del panorama cinematografico holliwooddiano. Fra qualche giorno, se fosse vissuto, avrebbe compiuto 100 anni.
Vincitore del Premio Oscar per la sua interpretazione dell’avvocato Atticus Finch nel film “Il buio oltre la siepe” del 1962, nel corso della sua carriera ha spesso incarnato personaggi idealisti e di elevata statura morale.
Figlio di una farmacista irlandese ed un insegnante di origino scozzesi, trascorre la sua infanzia tranquillamente. Quando aveva appena cinque anni i suoi genitori divorziarono e nei suoi ricordi campeggia soprattutto una nonna volitiva che gli fece scoprire il cinema.
Si iscrisse poco più che ventenne alla facoltà di medicina e si dedicò contestualmente all’attività sportiva, gareggiando in una squadra di canottaggio
Durante un viaggio a New York assistette allo spettacolo teatrale I’ve Married an Angel, rimanendone affascinato. Una volta tornato a Los Angeles si iscrisse al Neighborhood Playhouse per intraprendere la carriera di attore.
Nel 1944 ebbe il ruolo di un partigiano russo in “Tamara, la figlia della steppa” di Jacques Tourneur e quello di un prete per “Le chiavi del Paradiso” di John M. Stahl con cui si guadagna la prima nomination all’Oscar. Passa appena un anno ed è già un divo grazie a “Io ti salverò” di Alfred Hitchcock che lo libera in fretta dal cliché rassicurante di “bravo giovane”: al contrario, la parte di un tormentato medico sofferente di amnesie e sospettato di omicidio, lo spinge a competere con l’ineffabile Cary Grant.
Cercato dai maggiori registi, amato dal pubblico anche in melodrammi come “Il cucciolo” (Clarence Brown, 1946) che gli fece nuovamente sfiorare l’Oscar, corteggiato persino dal tycoon David O’Selznick che lo scelse per “Duello al sole” in compagnia di Jennifer Jones (1946), si imponeva come l’astro fulgido dello star system nei generi più popolari, il western in prima fila. Ma, anche qui Peck volle dimostrare di essere l’eroe in cui si riconosceva: allergico alle controfigure, imparò a cavalcare e sparare. Intanto Elia Kazan in “Barriera invisibile” del 1949 gli offriva un altro ruolo di grande intensità civile. Nello stesso periodo vestiva i panni del soldato eroico con “Cielo di fuoco” di Henry King (quarta nomination) e faceva di quel genere cinematografico una nuova bandiera perché in grado di rendere popolare il suo sentito antimilitarismo.
Nel 1953 incontrò William Wyler nella trasferta italiana di “Vacanze romane” in cui debuttava la giovanissima Audrey Hepburn. Fu la commedia romantica dell’anno, coniò uno stile, portò nel mondo il mito della Vespa e regalò a Gregory Peck il grande amore. Sul set conobbe la giornalista francese Véronique Passani e se ne innamorò, l’avrebbe sposata al ritorno a casa e i due non si sarebbero più separati fino alla morte dell’ormai anziano patriarca, il 12 giugno del 2003.
Dopo un decennio di successi, dal biblico “Davide e Betsabea” al nobile “L’uomo col vestito grigio”, dall’epico “Moby Dick” al teso “Il promontorio della paura”, per Gregory Peck venne finalmente l’ora dell’Oscar nel 1962 con “Il buio oltre la siepe” di Robert Mulligan.
Dopo la metà degli anni ’70 iniziò il tramonto artistico e pur se avrà ancora successo, si concederà il lusso di civettare con Sophia Loren in “Arabesque”(1969) e di “incrociare le spade” con un mito come Laurence Olivier (“I ragazzi venuti dal Brasile, 1977), giocherà con se stesso apparendo in miniserie televisive come “Moby Dick” o in remake di classe (“Cape Fear” di Scorsese), accetterà serenamente di appartenere ormai a un altro tempo
La sua salma si trova tumulata nella cripta mausoleo della Cattedrale di Nostra Signora degli Angeli di Los Angeles.
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