Certo gli anziani ricordano ancora “Padre Pietro”, uomo di fede con la politica nel sangue, democristiano instancabile – era il tempo che i comunisti mangiavano i bambini, ed a Brolo, roccaforte già dei Germanà, c’era la paura dell’avanzata socialista, c’erano le campagne elettorali giocati sul ruolo della Chiesa, la presenza delle Democrazia Cristiana, e padre Randazzo è stato un protagonista di quegli anni – .
Chi è stato giovani un tempo, oggi abbondantemente oltre la mezza età, non può non ricordare dei giovanissimi preti in transito, venuti a Brolo, per fare esperienza, e che passavano il tempo tra i primi cineforum in parrocchia e le partite di pallone nella piazzetta o avventurandosi nei campi-scuola di Castell’Umberto.
Ed ecco affiorare nella mente le immagini di “padre Lembo” – buon giocatore di pallone, attento nel porre il dibattito, aperto al dialogo come forse pochi in quegli anni, e padre “Pippo”, che poi divenne il compagno Alibrandi, che poco dopo abbandonò la tonaca, insegnò e scrisse libri – lui era di San Giorgio di Gioiosa Marea – sui braccianti e le donne, in lotta, dei Nebrodi.
Ed ancora Don Giuseppe Cavallaro oggi arciprete a Ficarra, che ogni volta che passa da Brolo è una festa per tutti.
Tutti poco più che ragazzi con la tonaca, vogliosi di fare, come don “Ciccio”, che vivevano in canonica e dovevano confrontarsi con don Nino Lo Presti, interista, buon latinista, rigido quanto basta, giudicante in affari di fede, meno a tavola, e sempre sorridente al circolo dove passava ore, sempre nei locali dell’”Artiginato”, diventato poi “Aurora”, con don Lillo, a veder gli altri giocare a tresette.
Ma Brolo, come tanti altri paesi, vede la storia del suo quotidiano scorrere con le vicende della Chiesa; ne vede abbattere la seconda torre campanaria, e nel 1918 assiste al crollo anche dell’ala destra della Chiesa Madre.
E vede passare preti a padri missionari, quelli che andavano in africa, e cercavano fondi per combattere il colera la lebbra; quelli che venivano per la Pasqua, quei monaci che intimorivano con la loro barba, ma lasciano a tutti la fede con le aperture del cuore, regalando anche “rosari” fatti di petali e legni odorosi.
Una storia che solo qualche decennio fa vide il paese raccolto – tutto in chiesa -, erano gli anni 90, per veder prendere i voti Fra’ Felice, prima all’anagrafe semplicemente Totò, insieme ad altri cinque “fratelli” dell’ordine dei francescani scalzi.
Ricorda la Brolo cattolica, i banchi vuoti della Chiesa, sotto le bombe, i matrimoni in sacrestia – rei di esser frutti di fuitine – i funerali negati ai suicidi; i battesimi, non di domenica, per i figli dei non timorati da Dio, di lezione di catechismo, la domenica alle due, con le suore, Concetta, Maria, la Superiora, che stavano sopra “l’asilo”, al Castello, e prima ancora, nel 1921,d’aprile, in seguito all’andar via del sacerdote Napoli Giuseppe, il Consiglio Comunale – allora si usava così – provvedere all’indicazione del nuovo Parroco.
Vincenzo Gembillo, era di Piraino, ed a lui venne “affidato il culto di questa Madre Chiesa e vi ha provveduto con soddisfazione di questa cittadinanza”.
Quando questo, dopo aver “ringraziato questa popolazione e la sua rappresentanza per la lusinghiera dimostrazione di affetto che ha voluto dargli è costretto, per ragioni familiari , ad insistere nella sua rinuncia” venne sostituito dal Reverendo Corrado Melia che proveniva da Reitano, poi ancora da don Luigi Musarra di San Salvatore di Fitalia..
Passaggi rapidi.
I fedeli brolesi ebbero a dir messa, in quegli anni anche il reverendo Sacerdote Benedetto Biffarella, veniva da Mistretta.. mentre si aprivano i tempi – che erano già maturi – per Padre Pietro Randazzo, anche lui era di San Salvatore di Fitalia… ma ben presto divenne brolese, non solo d’adozione.
MSM
Ricerche archivistiche Enzo Avena