Brolo disfatta.
Perché un paese che non riesce ad avere una dimensiona pubblica, sociale, commerciale, storica, umana, rimane in bilico in una terra di mezzo, senza futuro e con poca “storia”.
Appunti a memoria di futuri PRG – considerato che quello attuale è già abbondatemente scaduto – ma anche per lo sviluppo di nuove sensibilità, facendo i conti con le ultime eredità che andranno perse, ovviamente nel pieno rispetto della normativa, ma con responsabilità politiche, morali e amministrative che affondano nella noncultura e in insensibilità di altri tempi.
Siamo ad un passo dall’assistere all’abbattimento ed al rifacimento di un altro storico palazzotto brolese.
E prendiamo spunto da questo.
La demolizione di questa dimora (che ha sicuramente poco valore per la politica, e per i tecnici e quello certamente quello economico per i possessori) che farà purtroppo registrare anche l’indifferenza assoluta della maggior parte dei cittadini.
E’ questa è già una cosa drammatica, ma non vuol dire che non se ne deve parlare.
E noi ne vogliamo parlare.
Andrà via la casa di “Tataranchio”.
Quella dei Germanà, uno dei tanti della famiglia divisa in più rami, che hanno costruito con i Gembillo, i Maniaci, i De Lorenzo, e poi i Barnà e prima ancora i Baratta, lungo quello che era una trazzera regia, dove c’erano le bettole, i caravanserraglio, la chiesa, le locande, e poi il porto, la casa della dogana, l’albergo “Savoia”, i bar.
Nessuna denuncia, nessun reato. Tutto è legalmente lecito. Quindi fattibile.
In regola con i regolamenti urbanistici e con le assicurazioni di rito che sarà mantenuto il frontale dell’ampio portone e la galleria ospiterà nuovi spazi commerciali.
Anche qualche fregio in pietra si salverà. Ma di certo non c’è nessuna scommessa di “azzardato” recupero, del far convivere l’antico con il post moderno.
A Brolo abbiamo avuto di tutto, ma di questi esempi siamo poveri e spesso le ruspe hanno cancellato, al pari dei colpi di piccone, memorie e testimonianze.
Andranno via così le scale interne in pietra, i muri affrescati, le ringhiere e la vetusta facciata, dopo che una parte di questa era stata già ricoperta in tempi recenti dal cemento di una grossolana rattoppata.
Un palazzo antico, che – e qui una responsabilità di certo c’è – non era tutelato dalla Soprintendenza, escluso da ogni vincolo, mentre quello appena più sopra e quello di fronte lo sono.
Un palazzo antico, con danni e infiltrazioni che lo rendono inadeguato, vetusto e che “giustamente” in una logica dove non vale il “cemento zero” non va recuperato, quando si poteva, e che salvaguardando gli interessi anche economici del privato, farlo diventare altro.
Bastava pensarci prima.
Basti pensare che a Ficarra un palazzo diventa residenza d’artista, albergo, casa vacanza a cura del Comune.
Quindi se si vuole si può.
Ma prima di andare oltre evidenziano che:
I vincoli ai fabbricati che stanno fuori dal perimetro che il PRG indica come “centro storico” non li mette il Piano Regolatore, bensì la Soprintendenza dei Beni Culturali di propria iniziativa o su richieste o segnalazioni.
E nel segno del poi diciamo che in ordine amministrativo: quello che le passate amministrazioni avrebbero potuto fare era richiedere la tutela (scontrandosi con l’interesse dei proprietari) o acquisire il bene (avendo i soldi e, anche in quel caso, scontrandosi con l’interesse dei proprietari), e questo sarebbe valso anche per il Castello inteso come Torre…. quando si poteva sia per le normative, che per i tempi, ed anche per il colore politico dell’amministrazione del tempo che ne potevano far un “simbolo”.
Tutte le amministrazioni precedenti (nessuna esclusa) ha chiuso gli occhi su tante cose ammiccandoli ai privati ed alla politica. La storia docet!
In ordine privato si è fatto spesso i conti con la grande ignoranza e la mancanza di sensibilità da parte di questi brolitani, spesso facoltosi e non privi di risorse, che nei fatti hanno soltanto dimostrato di non essere all’altezza delle loro radici, ma anche di non meritarne nemmeno l’eredità.
In ordine tecnico: si poteva quanto meno proporre un tipo di intervento diverso.
Ma se siamo qui a scrivere dobbiamo dire che tutto è anche frutto della miope e poco lungimiranza che ha caratterizzato le varie edizioni dei PRG brolesi.
Anche l’ultimo frutto a sua volta di quelli precedenti, che salvaguardavano, quello sviluppo a macchia di leopardo, senza pensare nella sua globalità allo sviluppo futuro e “intelligente” del paese. Un piano regolatore oramai scaduto che è impattato, facendo buone le sue propositività in tema di edilizia civile, nella diserzione di chi doveva operare in quelle aree previste per lo sviluppo economico e che comunque ha evitato scempi sul territorio.
Così nel tempo a Brolo nascevano strade gibbose e spazi per insediamenti urbani e industriali poco gettonabili, quartieri ghetti o dormitori bui di notte, senza luci di negozi o piazze per giocarci, non si pensava al domani ma si rattoppava quello che si era fatto ieri, lasciando all’oggi l’improvvisazione devastante.
Un paese senza spazi per sogni arditi dove la sua economia non aveva luoghi mentre si prospettava un acquapark stantio e buono per vincere qualche elezione, mentre si rubano spazi dedicandoli ad alberghi mai nati, e a lottizzazioni molto ipotetiche.
Siamo alla svolta.
Dobbiamo pensare ad uno nuovo strumento che recuperi il tempo passato e farlo senza doversi contaminare dalle turbolenze delle vicende politico-amministrative più immediate e controverse di un recente passato, ma sviluppandosi in un gradevole dialogo tra una urbanistica esperta conoscitrice delle più intricate vicende tecnico-procedurali e con chi ha nozioni culturali, tese alla divulgazione di temi relativi all’architettura, all’urbanistica, al paesaggio e alla tutela e valorizzazione dei beni culturali.
Un progetto innovativo che vada a disegnare l’estetica – intrisa di etica – del paesaggio urbano.
Sarebbe un bel tema per future amministrazioni.
Vecchi o nuove che siano.
Iniziare da zero.
Un dialogo, dicevamo, che prenda così uno scorrevole respiro tra cittadini, commercianti, tecnici, sociologi, storici, e che sul filo della memoria travalichi nell’innovazione.
Una visione di lungo periodo che provi a fissare in brevi tratti una serie di fasi, periodi e tendenze, che faccia memoria di quegli errori, sbagli, intuizioni, arroganze, e che mette in fila fatti, ricordi, analisi, riflessioni e progetti futuri.
Che regali spazi e luoghi per vivere e convivere.
Senza denunce rancorose retroattive vogliamo ripercorre così il periodo che va dagli anni cinquanta fino all’amministrazione Ricciardello, che sul problema ha davvero poche colpe se non l’immobilismo dettato dal default, per, a volo d’angelo, planare su tutte quelle mancate tutele e le tante offese subite dalle zone storiche e di pregio anche ambientale del paese, sia al centro che nelle sue periferie.
Brolo che come pochi altri centri urbani ha due distinte aree destinate a centro storico oggi le vede deturpate e monche in vario modo ed anche un costone a rischio crollo.
Ha una mezza costa violata e violentata.
Ha un lungomare mal cementificato e pressochè tutto abusivo, privo di insediamenti turistici, con aree che potevano anche esserlo ma abortite malamente, che si affaccia su una bella spiaggi dal mare a volte improponibile.
Ha un parco sotto il castello che potrebbe essere altro…e “non ha” il Castello.
Un intellettuale potrebbe far coagulare un ampio consenso su una serie di propositive proposte per Brolo.
Riempiendo, un libro dei sogni, di nuove piazze collegate in un tutt’uno, con un’isola pedonale innovativa e la viabilità ridisegnata, con il recupero dell’area della stazione oggi “munnizzaru” e la zona sotto il cimitero – vincolata e depressa – sede di altro, compreso anche una rivisitazione dello stesso Camposanto.
Questo sarebbe un’esplicita inversione di rotta.
Invece no.
Sembra che, a sentire parlare chi mastica di politica locale, ancora una volta si stia andando verso quella filosofia del “pianificar facendo” su cui si improntò il piano regolatore passato e quello che l’ha preceduto.
Sviluppato sulla base di accordi – leciti ovviamente, non ci azzarderemmo mai a dir il contrario- fra l’amministrazione pubblica e i privati possessori di aree.
Una filosofia ed un modo di fare che hanno portato alla perdita della forma.
Brolo negli anni ha così perso le caratteristiche più proprie di quel paese che era.
Ovviamente che tale non poteva restare, ma si sono messi in tanti, e tanto hanno fatto, per farlo davvero peggio.
Un proposito di discontinuità con il passato ora è auspicabile, attraverso nuovi programmi di riqualificazione e di recupero urbano.
In altri termini il nuovo piano di fabbricazione che sarà non dovrà ratificare i danni passati ma investire sul futuro, regolare i conti con il passato, intervenire per definire l’assetto della città, avere una visione nuova, formando un involucro capiente per cultura, commercio, turismo, sviluppo e terziario.
Un piano che concepisce la città come un sistema in cui tout se tient e dove è necessario bilanciare i pesi, sancendo che i pesi vadano dove sono necessari e non dove capita o, meglio, dove li collocano gli interessi privati.
Un piano regolatore che debba essere generale, in quanto assembla tanti piani particolari.
Che non proclama buone intenzioni, ma le progetta.
Pur riconoscendo che la dimensione, anche territorialmente rilevante, dell’ambito sociale-turistico-culturale continuerà sempre più a rappresentare un fattore determinante della forma urbana e insediativa di una nuova Brolo, che rispetti la memoria del passato.
Uno sforzo, in questa scommessa socio-culturale, lo deve effettuare la Scuola che deve fare la sua parte “raccontando” il paese ai più piccoli.
Un paese che è stato fatto da storie di uomini e fatti e non solo di case, cemento e residences.
Forse questo senso di incompiutezza e questa mancanza di propositività complessiva sui destini del paese oggi si avverte con maggior intensità. Ma pur con questi limiti, Brolo rimane un’interessante e piacevole luogo – migliorabile – da viverci.
E certamente ridando lustro alla “statale” eliminando quella casa dirupata che una volta ospitava il tabacchino, sarebbe meglio.
anche quest’articolo farà parte della raccolta “Brolesi”.
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