BROLO – Un cesto pieno di polemiche… punto di partenza per una nuova ri-generazione urbana?
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BROLO – Un cesto pieno di polemiche… punto di partenza per una nuova ri-generazione urbana?

A volte è difficile credere che un luogo, la piazzetta, nata per essere punto di ritrovo, posso diventare luogo di polemiche. A volte è anche possibile, partendo dalla difesa di privacy più o meno legittime, parlar di ri-generzione urbana. Punti di partenze di un paese diverso che si riappropria di vecchie radici … Spunti di nuove programmazioni, anche elettorali, di luoghi che potrebbero essere qualche cosa di diverso.

 

 

 

Parliamo dello sport da strada, quello non praticato nelle palestre o negli stadi, ma in piazzetta o slarghi, tra spazi condominiali e luoghi pubblici, in “piazze” ritrovate e luoghi che diventano punti di aggregazione, per poi dire altro.

Lo spunto nasce dalla collocazione, a Brolo, di un cesto da basket in una piazzetta, poco distante dall’oratorio, dove già ci sono giochini ed è frequentata da anziani e ragazzini, e dove si sono piantati alberi di legalità, e d’estate, un tempo, si sperimentavano istallazioni grafiche e spazi musicali interessanti come il “Brolo Doc”.

Quindi un “luogo” nel Centro… abitato.

Quel Canestro, donato dal Lions, rientrante tra i più di cento installati nelle piazze siciliane con la finalità di avviare i giovani allo sport, e dare il senso di squadra, di unirli nelle attività fisiche e sportive, ha creato fastidi, paure, polemiche e inviti all’amministrazione comunale di  dismetterlo in forza della tutela della privacy, paventando rumori, foriero di giocate notturne e della loro incontrollabilità degli orari in cui si potrebbe star sottocanestro ma anche contestando lo stesso luogo dove è stato posizionato.

Forse c’è del vero in quel dissentire.

Forse c’è del Diritto su quanto paventato.

Ma a volte soffermarsi a pensare che il Basket è un fenomeno sportivo pressochè inesistente a Brolo, e su questo ci si potrebbe anche chiedersi il perchè, e che certamente un cesto, senza una squadra o una scuola sportiva, non fa “partita”, per ridimensionare e ridurre del tutto il problema.

E poi ci sono le normative e la “repressione” per bloccare sul nascere  la troppa baldoria notturnaSia qui che in altri casi già noti.

Ma lasciando perdere  questa storia che ancora rimane definita nel suo aspetto di cronaca facebookiana tanto cara ai brolesi, e centriamo il focus parlando della piazza come momento aggregante intorno allo sport.

Una volta lo era davvero.

Oggi se da un lato molti ne parlano ancora come di un grande strumento di aggregazione ed inclusione sociale, sostenendo il diritto collettivo al gioco e all’attività fisica, dall’altro viene ancora spesso relegato a mera attività ludica per il tempo libero, separata e ben distinta dal resto delle attività sociali e culturali rilevanti nel processo educativo e formativo dei singoli e della comunità, anzi per molti è fenomeno che può anche degenerare – vedi la polemica brolese – nella confusione, nel “casino”, nel non essere regolamentato o condizionato da orari e modi d’uso.

Siamo nel terzo millennio, bel lontani dai tempi in cui i vigili urbani arrivavano e sequestravano il pallone ai ragazzi che giocavano nella piazzetta o “sotto l’asilo” e una semplice saracinesca serviva ad idealizzare la porta da calcio del “Meazza” e dove si giocava a “portaromana” in uno slargo lasciato libero dalle auto.

Oggi lo sport è cresciuto.

Dai completi che si indossano per praticarlo e dal griffato che li caratterizza, alle tecnologie applicate, agli stessi luoghi dove praticarlo.

Le palestre, frequentate a tutte le ore, sono autentici salotti del fitness; i campi di calcetto come  i campi da calcio sono caratterizzati dai terreni erbosi che hanno sostituito la ghiaia di quei rettangoli da gioco ricavati lungo la fiumara.

Ma è ancora giusto credere che lo sport svolga un ruolo significativo nei processi di trasformazione sociale.

E’ infatti uno strumento che ha la capacità di valorizzare le potenzialità (non solo fisiche) delle persone che lo praticano ed è, di per sé, un grande dispositivo di coesione sociale, un aggregatore naturale.

Lo sport mette insieme popolazioni che hanno diversa provenienza, appartenenza, contesto sociale di riferimento, ma che parlano, comunicano e si ritrovano attorno alla condivisione di una passione e di un interesse specifico.

Lo sport contribuisce a creare relazioni e comunità avvalendosi del corpo come ancoraggio imprescindibile per luoghi e territori.

Ed è giusto pensare, come giusta riflessione, di come l’attività sportiva, per le sua caratteristiche intrinseche, possa rappresentare un elemento essenziale anche per un ragionamento attorno al tema dei cosiddetti “community hub”, quegli spazi fisici che mettono anzitutto al centro la relazione persone-comunità.

Sono spazi dove i desideri, i bisogni e le competenze di ciascuno possono emergere, incontrarsi e aggregarsi, dando vita a nuovi legami e appartenenze sociali a vocazione locale.

Sono luoghi  – come scrivono Elena Donaggio, Giovanni Pizzochero e Emma Sarti su http://www.avanzi.org –  in cui si moltiplicano le occasioni di scambio, si intrecciano pratiche di prossimità, si condividono immaginari di futuro: le persone divengono risorsa per i gruppi e le reti di prossimità e, viceversa, i vicinati e le comunità di affinità diventano palestre di capacitazione per le persone.

Lo sport rigenera gli spazi e gli spazi abilitano le pratiche sportive.

Lo sport dunque al contempo come occasione di coesione sociale e di rigenerazione urbana a partire da un uso più intenso, diversificato, temporaneo tanto degli spazi dedicati allo sport quanto dello spazio urbano più in generale.

Pensiamo infatti, che l’attività fisica e motoria praticata in modo diffuso nello spazio urbano, offra possibilità nuove di costruzione e ri-significazione dello spazio pubblico.

Con questo contributo vogliamo provare ad argomentare e suggerire un percorso d’azione possibile perchè lo spazio urbano e gli impianti sportivi, opportunamente ripensati, possano trasformarsi in spazi capaci di offrire occasioni di progetto e opportunità di crescita a quartieri e comunità.

Da questo bisogna partire per rigenerare lo spazio urbano del paese…

Una Brolo fatta da spazi, piazze, isole pedonali che diventano complementari, e da percorsi che le uniscono.

Gli spazi dello sport, e gli spazi pubblici grazie allo sport, possono diventare quella community hub che auspichiamo.

Il tutto avendo cura di progettare le relazioni che possono legare queste funzioni valorizzandole vicendevolmente.

Se le guardiamo da vicino le strutture dedicate allo sport, tipologicamente e architettonicamente, si caratterizzano per essere spesso strutture introverse, chiuse e poco permeabili, dove è pressochè impossibile dall’esterno immaginare cosa possa svolgersi all’interno.

Sulla scorta di una tendenza commerciale sviluppatasi in età moderna, si sono progressivamente estraniate dallo spazio centrale delle nostre città a favore di luoghi periferici e sempre più specializzati (si pensi ai grandi stadi nelle città, ma anche alle palestre per il fitness, alle piscine etc).

Tale attitudine sembra essersi sviluppata a seguito dell’affermarsi di modelli di consumo e sociali volti a privilegiare la funzionalità e l’accessibilità di sedi strutturalmente grandi, periferiche e monofunzionali, a discapito però di una relazione più stretta con i contesti che li ospitano e soprattutto della possibilità di giocare un ruolo di fulcro e punto di riferimento delle comunità che in quei territori vivono.

A tal proposito, se guardiamo agli stadi in Italia, più o meno grandi, vediamo come essi rappresentano uno degli impianti sportivi più diffusi e rispondono pienamente alla logica della specializzazione e monofunzionalità.

pallacanestro

I Community Hub si sostanziano in strutture di servizio che ospitano informazione ed erogazione di servizi di welfare pubblico insieme ad attività ad elevato impatto sociale.

E se guardassimo ad un connubio fra questi come ad uno spazio di confine, dove la labilità dei contorni può tradursi in opportunità di apertura e di integrazione, di ripensamento di un modello di welfare materiale che vada nella direzione di irrobustire la porosità del tessuto urbano e delle sue strutture materiali?

Ripensare gli impianti sportivi e immaginarli come community hub a vocazione sportiva, significa creare un nuovo luogo di sport dove l’accessibilità sia garantita a tutti, dove proporre un’offerta sportiva multidisciplinare che non ignori però gli scambi fertili che possono arrivare dall’incontro tra discipline diverse, dove pensare a un utilizzo del web che consenta di sfruttare i social per creare una community di appassionati sportivi e non.

Community Hub Sportivo, come luogo dove la collaborazione di realtà di diversi settori sia garantita per creare progetti culturali, di formazione e innovazione, occasioni di nuova occupazione: uno spazio ‘sociale’ dove desideri, bisogni e competenze possano emergere, incontrarsi ed aggregarsi, dando vita a nuovi legami ed appartenenze sociali a vocazione locale.

Lo sport come una terra di frontiera dunque, dove avvengono scambi significativi e semplici, che non solo favorisce la riappropriazione del luogo da parte dei praticanti e contribuisce alla realizzazione di welfare di comunità, ma si presta anche a concrete attività di riqualificazione e rigenerazione di spazi e territori.

Un luogo, dove la piena sostenibilità e crescita è supportata dalla partecipazione di tutti i city makers, gli attori della rigenerazione urbana: istituzioni, società sportive, terzo settore, aziende e singoli cittadini che rendono vive e vissute le città.

Ecco che tramite una semplice associazione fra i concetti di sport e community hub possiamo immaginare delle risposte innovative e sperimentali per integrare la pratica sportiva con il welfare locale e gli spazi collettivi della città.

Tale operazione infatti, non solo attuerebbe un’opera di “personalizzazione” (e differenziazione dell’offerta) dello spazio urbano e degli impianti sportivi tramite la promozione di attività motoria per tutti, ma restituirebbe allo sport la sua originaria essenza di attività libera praticabile in luoghi urbani dai confini spaziali poco definiti e molto accessibili.

Uno spazio interamente al servizio della comunità dove si allevano talenti, si coltivano processi multidimensionali di trasformazione e si genera coesione attraverso la contaminazione.

 

Su questo dovremmo confrontarci per rendere un cesto non pieno di polemiche ma di idee.

tratto da www.avanzi.org

da leggere anche

http://scomunicando.hopto.org/notizie/brolo-lisola-pedonale-innovazione-sociale-e-rigenerazione-urbana/

 

http://scomunicando.hopto.org/notizie/brolo-lions-basket-un-canestro-per-ridare-la-voglia-di-stare-in-piazza-tra-sport-e-aggregazione/

6 Maggio 2018

Autore:

redazione


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