Documento a firma di Gianfranco Salmeri e Pino Falzea
La gestione di un “dossier” complicato come quello dell’igiene cittadina a Messina sarebbe stato difficile per chiunque, è inutile negarlo. Una società, Messinambiente, gravata da un carico debitorio gravoso, con una governance inefficace, appesantita da un organico di dipendenti fuori misura, e con frequenti atteggiamenti di disprezzo delle regole. Tutto questo in un quadro regionale di confusione normativa e disorganizzazione sistemica.
Sarebbe stato difficile per chiunque, figurarsi per i nostri amministratori, Accorinti ed il suo delegato al ramo Ialacqua, per i quali è la pervicace ideologia a sostituirsi alla strategia, come se bastassero un paio di slogan quali “bene comune” o “rifiuti zero” a rendere benefico per la collettività un progetto societario privo di qualsivoglia piano industriale.
Mentre la città agonizzante in mezzo ai rifiuti assiste allo spettacolo scandaloso di un Consiglio comunale che, salvo pochi casi, decide di non decidere ed al ricatto immorale dei lavoratori che, con l’accondiscendenza di parte del sindacato, continuano a mortificare la città.
Non bisognava arrivare fino a questa situazione, frutto avvelenato dell’ondivaga e confusa politica dell’Amministrazione sulle “partecipate”.
Ricordiamo il progetto “monstre” Multiservizi, da noi subito contestato, che metteva insieme rifiuti, acqua, gestione del pilone e flotta comunale; o quello dell’accorpamento ad AMAM di Messinambiente e ATO, fino all’attuale società Messinaservizi, destinata ad un fallimento annunciato.
Perché è indubbio che sulla costituenda società di servizi continuano a gravare dubbi ed incognite.
Non si capisce, infatti, quale sia il piano finanziario della nuova società, quale la sua strategia operativa.
Considerato che non si può ulteriormente prelevare dalle tasche dei cittadini, essendo le tariffe già al massimo possibile, non si comprende con quali risorse aggiuntive potrebbe la nuova gestione ovviare alle incontestabili carenze strutturali della vecchia società, e non è chiaro con quali risorse finanziarie l’amministrazione intenda far fronte ai debiti della vecchia.
Non ci si sorprende, quindi, per le riserve anche da parte dei consiglieri comunali sulla sostenibilità del progetto Messinaservizi.
Ma le riserve non si limitano all’aspetto finanziario, perché il fallimento della società non è stato solo economico, ma ha riguardato in primo luogo la pessima qualità del servizio
Messinambiente, con il suo apparato di uomini e mezzi, raramente è stata capace di mantenere gli standard minimi di pulizia in questa città e questo a prescindere dalla contingenza della chiusura momentanea delle discariche regionali, ed anche, vorremmo dire, dall’assessore in carica. Messina non è mai stata pulita come meriterebbe, e meno che mai in questi ultimi anni.
Se pensiamo, per guardare altrove, che in Lombardia l’Aprica s.p.a. tiene pulita un’area di 78 comuni, tra i quali Bergamo, Brescia e Como, lavorando per circa 800 mila cittadini con solo 600 dipendenti, e Messinambiente s.p.a. con circa 570 dipendenti mantiene nelle condizioni che tutti vediamo un territorio, tra Messina e Taormina di neanche 260 mila cittadini, allora è evidente che il problema è innanzitutto organizzativo-strutturale.
Non è cambiando assetto societario che si risolvono le criticità. Sarebbe necessario invece mutare paradigma; partendo dalla constatazione dell’evidente fallimento del modello pubblico, l’unico modo per cambiare registro è quello della esternalizzazione del servizio. Come avviene in tante realtà, ultima la vicina Catania, città nella quale si sta affidando ai privati, mediante un bando europeo, la gestione complessiva del sistema rifiuti.
Non si tratta di sostenere che “privato è bello” in assoluto, ma bisogna far fare le cose a chi le sa fare meglio, perché al cittadino interessa avere la città pulita, non se è pubblico o privato chi se ne occupa.
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