Categories: MusicandoRubriche

CAPO D’ORLANDO & MUSICA – “Un concerto durato 45 anni” con Fiorella Mannoia

“C’è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò”: l’energica e vitale femminilità di Fiorella Mannoia sul palco di Capo d’Orlando.

 

 – scritto da Luca Scaffidi Militone

La pioggia estiva ed il rischio maltempo previsto per questo sabato non hanno scoraggiato Fiorella Mannoia che ha donato a Capo d’Orlando e a un ricco pubblico alimentato dal comprensorio nebroideo uno stupendo concerto all’indice dell’originalità, dell’improvvisazione, fra danze e l’eccezionale accompagnamento dell’orchestra che segue le sue uscite live.

“Un concerto durato 45 anni” in cui una Mannoia in splendida forma, vitale, energica, radiosa, reinterpreta se stessa e accompagna il pubblico attraverso i momenti salienti che l’hanno resa, nel tempo, una delle colonne portanti della musica italiana.

Il progetto dell’artista, iniziato lo scorso anno, in occasione del suo sessantesimo compleanno, è stato quello di “regalarsi” e regalarci un tour fra le sue canzoni più famose, più amate e importanti.

Un viaggio che inizia con il “bimbo sul leone” di Celentano, che costituì il debutto musicale della Mannoia in occasione del Festival di Castrocaro del 1968, agli altri grandi testi d’autore che resero  apprezzabile e sotto gli occhi di tutti la qualità e singolarità innegabili delle sue interpretazioni.

E fra “Caffè nero bollente” (testo di Cavallo e De Cola con il quale la Mannoia partecipò per la prima volta al Festival di Sanremo nel 1981) e “Come si cambia”, l’artista italiana assume negli anni una sempre maggiore consapevolezza del valore della sua voce e della sua capacità di trasmettere emozioni, che riesce perfettamente a rendere davanti a un pubblico nostalgico e vivamente commosso.

A conferma della sua scelta, tanto di amicizia quanto di stile, verso la musica d’autore, Fiorella ripercorre gli altri mostri sacri del suo repertorio, da Claudio Baglioni ad Enrico Ruggeri, dal “tempo sognato che bisognava sognare” di Fossati e dalla sua “C’è tempo” alla pioggia e al sole di “Sempre e per sempre” di De Gregori.

Ma è con l’ironia dei testi di Paolo Conte, ai quali Fiorella approda intorno al 2000 e che porta con sé nella tournée del 2002, che dà sfogo a tutta la sua vivacità e sensualità, offrendo con “Boogie” uno spettacolo quasi più teatrale che unicamente canoro, come anche con la sua interpretazione di “Messico e nuvole” di Vito Pallavicini.

“quella musica continuava, era una canzone che diceva e non diceva,

l’orchestra si dondolava come un palmizio davanti a un mare venerato…

quei due sapevano a memoria dove volevano arrivare…

un quinto personaggio esitò

prima di starnutire,

poi si rifugiò nel nulla.

Era un mondo adulto,

si sbagliava da professionisti”

E si passa da “Ho imparato a sognare” dei Negrita fino ad arrivare al momento in cui dopo anni passati ad essere una “interprete pura”, Fiorella Mannoia stessa dichiara di essere diventata, forse anche per un disagio legato alla paura di non essere all’altezza dei grandi pezzi degli autori italiani, cantautrice a sua volta, sentendo la necessità di scrivere i suoi stessi testi.

Ed è così che all’interno dell’album Sud (2012) appaiono le prime tracce interamente scritte o tradotte da Fiorella Mannoia, fra cui “In viaggio”, che racconta il toccante addio di una madre nei confronti di una figlia in partenza, e a proposito della quale lei stessa afferma che non occorre essere effettivamente madri per provare sentimenti materni, in quanto in ogni donna alberga in qualche modo una madre.

“Tra una botta che prendo

E una botta che dò

Tra un amico che perdo

E un amico che avrò

Che se cado una volta

Una volta cadrò

E da terra, da lì m’alzerò

C’è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò”

Ma “Sud” diventa anche una preziosa opportunità per discutere di immigrazione, di tolleranza e mutualità nei confronti dei più bisognosi, ma anche dei soprusi e delle angherie che i Sud, tutti i Sud, d’Italia e del mondo, hanno subito nel corso dei secoli, con un occhio di riguardo particolare nei confronti del continente africano, sfruttato e oppresso per definizione, ma anche nei confronti del meridione italiano.

Il palco diventa così quasi un caffè letterario quando la Mannoia offre ai presenti preziosi spunti di riflessione dipingendo una realtà sulla storia dell’Unità d’Italia diversa da quella insegnata a scuola, ma carica invece di realtà sconosciute come quelle trattate da Pino Aprile nel suo “Terroni”: una realtà di sud ricco, colto e opulento, e non povero e straccione, con Napoli patria della prima locomotiva e i briganti come resistenti, “partigiani”, oppositori di un’invasione non voluta.

Così, grazie anche alle citazioni tratte dal saggio di Eduardo Galeano “Le vene violate dell’America Latina”, il concerto si arricchisce di un’importante vena sociale, morale e culturale extramusicale.

E proprio in quell’invito finale della Mannoia a “non perdere la compassione” nei confronti di esseri umani simili a noi, ciascuno con le proprie storie, i propri sentimenti, tormenti, sogni, sembra quasi di sentire rievocata la firma del giornalista e attivista pacifista Vittorio Arigoni con il suo  celebre adagio “Restiamo Umani” dalla striscia di Gaza.

E si torna per concludere alla celebre “Cercami” di Renato Zero, procedendo verso la “Sally” di Vasco Rossi e poi “Io non ho paura”, “Il tempo non torna più”, donando anche l’inedito singolo “Le parole perdute”, senza dimenticare Lucio Dalla con la sua “La casa in riva al mare”.

“Le parole perdute nascoste in fondo al cuore

aspettano in silenzio un giorno migliore

un lampo di coraggio per tornare in superficie

un tempo felice, un tempo felice

Ritrovare te stesso, senza avere vergogna

di ogni tuo sentimento, in questa grande menzogna

dell’uomo reso libero ma schiavo del profitto

e intanto il tempo passa, passa”


E come in un giro di valzer la Mannoia è nuovamente sulle note di Paolo Conte con “Vieni via con me”, per concludere e salutare un pubblico entusiasta, infine, con la sua celebre “Il cielo d’Irlanda” di Massimo Bubola.

“Il cielo d’Irlanda è una donna che cambia spesso d’umore

Il cielo d’Irlanda è una gonna che gira nel sole

Il cielo d’Irlanda è Dio che suona la fisarmonica

Si apre e si chiude con il ritmo della musica

Si apre e si chiude con il ritmo della musica

Dal Donegal alle isole Aran

E da Dublino fino al Connemara

Dovunque tu stia ballando con zingari o re

Il cielo d’Irlanda si muove con te

Il cielo d’Irlanda è dentro di te”

L S M

Redazione Scomunicando.it

Recent Posts

MODA SOTTO L’ALBERO – Grande successo, domenica scorsa, al Salone Borsa della Camera di Commercio di Messina

Grande successo domenica 15 dicembre al Salone Borsa della Camera di Commercio di Messina  per…

3 ore ago

A ZIG ZAG SULL’AUTOSTRADA – Camionista ubriaco fermato sulla A20

Il fermo tra Sant’Agata e Buonfornello. il camion trasportava metano (altro…)

3 ore ago

BROLO – Finto Carabiniere tenta di truffare una 70enne: raggiro sventato grazie alla prevenzione

A Brolo, un nuovo tentativo di truffa è stato sventato grazie alla prontezza e alla…

4 ore ago

SERENA CONTI – I suoi presepi sanno di arte, di tradizione e solidarietà

Ritorna, a Barcellona PG, il presepe di Serena Lo Conti: un’opera d’arte tra tradizione e…

4 ore ago

PARALLELO SUD – Il testo di Mariangela Gallo e Dominga Rando inserito nel progetto di lettura dell’Antonello di Messina

“IIS Antonello”: progetto lettura con il testo Parallelo Sud (altro…)

1 giorno ago

KOJI CRISA’ – A Patti la sua mostra di ceramiche visitabile sino a venerdì

Sarà visitabile fino a venerdì 20 dicembre la mostra di ceramiche dell’arch Koji Crisá, giovane…

1 giorno ago