Ancora segreti sui tempi dei carri. Ma intanto tutti al lavoro.( Le foto). La storia del Carnevale brolese.
gli appuntamenti
Le sfilate del carnevale sono uno dei momenti più belli per i bambini, ma anche per gli adulti diventano un evento importante. Ed a Brolo lo sanno.
Ancora poche notizia sul numero dei carri e sui tempi degli stessi. Ma certamente si spazierà dall’attualità legata alle serie Tv ai carri più tradizionali. Ma si lavora anche sulle manifestazioni di contorno, anche queste importantissime, con quella, all’Alberghiero che vede gli “over d’argento” al centro delle attenzioni di tanti. Qui grande lavoro di coordinamento viene svolto da Mimmo Scaffidi ormai un veterano nell’organizzare il tutto insieme ai maìtre dell’Alberghiero sotto l’egida dell’amministrazione comunale.
La storia
Le notizie storiche riguardanti le nostre tradizioni carnevalesche hanno radici molto lontane.
La manifestazione del carnevale Brolese, ha origini antiche, se ne parla, in maniera concreta, già nell’’800 con la festa nel borgo, poi tra le due guerre assume un carattere popolare e di rivendicazione sindacale, che diventa denuncia politica e sociale sino agli anni settanta per poi, dal 2001, con la creazione del simbolo, “Broliandolo” assumere la forma moderna di sfilata spettacolo quale grande attivatore della micro-economica locale.
Carnevale che anche a Brolo si scinde in due anime, quella religiosa, che si snoda tra il “Carni-livari” e le Ceneri, e quelle prettamente popolare, quasi prosaica, che diventa ballo “sciamminato” e mascheramento goliardico fatto di scherzi pesanti e rievocazioni di figure tristemente popolari come “u sugghiu”, la mano nera, il lupu-minariu.
Ma è stata sempre la teatralità che sostanzia le tradizioni siciliane, che siano di origine pagana o spiccatamente cristiane, che rappresenta, anche a Brolo, l’apice durante il Carnevale e che trasformava, prima le piazze del borgo, poi il circoli, e le strade appena lastricate del centro, lungo la trazzera regia, in luoghi di divertimento, di ballo e di lunghe tavolate, quasi colorate tele su cui dipingere e raccontare la catarsi del Carnevale, nel martedì grasso, che permette a tutti di lasciarsi andare, non solo indossando maschere e interpretando personaggi di fantasia, ma anche concedendosi qualche peccato di gola.
1611-1612
A Brolo le prime tracce di festeggiamenti risalgono al 1611-1612, quando per la prima volta il viceré D’Ossuna concesse una cerimonia ufficiale a Palermo, e questa quasi per diritto popolare si riversò su tutta la Sicilia.
Anche a Brolo quindi i popolani presero l’uso di “ammascararsi” tanto che “si vittiro cose rare e belle”.
I carri nel tempo erano portati da “scecchi” e dai buoi, pieni di vino e ogni genere di carne di maiale, prosciutti e salsicce, Un’usanza che ancora oggi si ripete con il “carro dell’osteria” che dispensa tocchi di salsiccia e braciole, nel pane calde e fumante, innaffiati dal vino locale, non solo ai partecipanti alla sfilata, ma anche agli spettatori. Anticamente, ma fino agli anni ottanta, i festeggiamenti legati a questa manifestazione profana e folkloristica duravano più di un mese, a partire dal giorno seguente l’Epifania e fino al giungere della più triste ed austera Quaresima, con i veglioni danzanti.
Attualmente il Carnevale dura una settimana da anteporre alla Quaresima che essa anticipa.
Etimologicamente, il termine carnevale si ricollega a quello latino “Carnem Levare”, cioè al divieto ecclesiastico di consumare carne durante il periodo quaresimale.
Tratto comune dell’antico quanto del moderno carnevale è il divertimento sfrenato.
Allora è normale chiedersi: perché la gente si divertiva in maniera trasmodata?
Semplicemente perché all’epoca la Chiesa era solita controllare gli stolti costumi e gli abusi del popolo, emanando anche decreti proibitivi. Cosicché, sapendo che finito il Carnevale sarebbero iniziate le ristrettezze della Quaresima, la gente trasmodava nel divertimento sapendo che non avrebbe potuto più farlo nei giorni di seguito.
Non a caso Ogier-Ghislain de Busbech – Diplomatico, archeologo, naturalista, scrittore, scriveva che “I Cristiani, ad un certo momento dell’anno, diventano tutti matti, ma un pizzico di polvere che in Chiesa si mette loro sul capo li fa prodigiosamente rinsavire”; riferendosi palesemente alla celebrazione del Mercoledì delle Sacre Ceneri, immediatamente successiva all’ultimo giorno del carnevale.
Il carnevale brolese è anche caratterizzato da scherzi pungenti, epigrammi, parole ingiuriose e a doppio senso che si coloravano anche di satira politica.
Durante il Carnevale, non si rispetta sesso, età, qualità o autorità.
U Iabbu
Parecchi scherzi consistevano nel coì detto “Iabbu”, la beffa del Carnevale: “Iabbu riali fa carnilivari! A Carnilivari, ogni sgrezzu vali! A Carnilivari, tutti semuaguali!”. Tutto ciò ha da sempre consentito a tutti gli individui di qualsivoglia estrazione sociale di sfogarsi come possono, cogliendo questo fugace istante di libertà piena, sconfinata, in cui tutto è lecito “fuor che i delitti”.
Accanto al Iabbu e a Li Jochi Carnevaleschi, degne di nota a Brolo era i brindisi, nelle osterie e nelle taverne, veri e propri componimenti poetici schiettamente popolari che prendevano quasi sempre di mira varie classi di persone o varie professioni, per ingiustizie compiute, abusi, mal costumi. Un sorta di “giornale” dell’anno che ripercorreva fatti e vicende accadute nel paese.
In ultimo, non possiamo non fare cenno alle “Mascherate”, una sorta di contral’altare al Domino, tipica maschera della vicina Gioiosa Marea. Ossia la nota e tuttora modernissima pratica con cui si dipinge o imbratta un po’ il viso, ci si veste a rovescio, si indossano cappellacci, si utilizzano strumenti musicali d’occasione (campanacci o utensili da cucina), e si va in giro, da soli o in comitiva, girando per le vie per l’appunto mascarati, suonando, ballando, cantando, facendo scherzi, scurrilità e beffeggiamenti.
Alla fine del carnevale, ultimo esempio, nei Carnevali degli anni ottanta, c’era a “’Mpagghiata”, ossia la pratica di realizzare fantocci con vestiti qualsiasi, imbottiti di paglia, messi dentro una bara, e poi “processati”. Una volta questa messa in scena si svolgeva in piazza stazione, dove si concludeva la sfilata del martedì grasso.
U Nannu
Tra le due guerre era in uso esporre, tra le viuzze del castello, “u Nannu”, davanti l’uscio di casa, che rappresentava il Carnevale in persona. Spesso accanto a questo si metteva la Nanna, la sua vecchia e magrissima sposa, ma con una pancia di volume smisurato, perché paradossalmente incinta all’ultimo mese di gravidanza (la Nanna prena).
Le feste di ballo prima era nelle case private, ovviamente dei nobili e dei “padroni”, poi nelle aule delle scuole, ma già siamo negli anni 20, quindi nei Circoli, ed oggi al palatenda.
u Bastuneri
La casa dove si teneva “lu ballu” aveva la porta spalancata, perché l’accesso doveva essere libero a tutti. Anzi la tradizione voleva proprio che le comitive di amici andassero girovagando per le vie del paese per fermarsi nelle case dove si teneva “Lu ballu”, e qui si entrava anche mascherati, con l’obbligo che uno del gruppo doveva farsi riconoscere per ottenere la “licenza al ballo”.
Il riconoscimento veniva effettuato dal così detto Bastuneri.
Tipica del martedì grasso era la Tavulata, il banchetto solenne di famiglia, durante il quale si riunivano tutti i figli, i generi, le nuore, i nipoti e i congiunti scapoli. Tutti si riunivano attorno alla grande madia, in cui nuotavano nel sugo abbondantissimo i maccheroni di pasta fresca all’uovo fatta in casa.
Alla fine c’era il rito di mangiarli rigorosamente con le mani (le forchette di Adamo). Il tutto veniva accompagnato del buon vino rosso di Matini. Seguivano i piatti di carne suina, la salsiccia; per ultimo lu scacciu (ceci cotti – “la calia” – , fave salate e mandorle chiazzate o abbrustolite e la “simenza”) e quindi i dolci tipici: le chiacchiere, la pignolata,
Le campane di Padre Pietro
L’ultima sera di carnevale, sino a tempi di padre Pietro, la campana della parrocchia che aveva suonato il vespro, faceva seguire, da lì a poco, alcuni rintocchi “a morte”, per indicare che con l’imminente mezzanotte finivano le baldorie carnevalesche e cominciavano penitenze e digiuni della Quaresima.
Oggi il carnevale Brolese dopo le sperimentazioni di quelli a tema e su un unico colore, sotto le insegne del Broliandolo, è curato dall’associazione dei carristi che a da anni si impegna nella professionalizzazione nella realizzazione dei carri allegorici e dell’uso della cartapesta.
Il programma 2023
Mercoledì 15 febbraio
Giovedì 16 febbraio
Venerdì 17 febbraio
Domenica 19 febbraio
Lunedi 20 febbraio
Martedi 21 febbraio
I ringraziamenti
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