11 novembre 2016
Oggetto: Circolare in tema di attuazione del registro unico penale e criteri generali di utilizzo.
Sommario
1. Premessa: il metodo e le linee programmatiche degli interventi ministeriali relativi al registro unico penale
La presente circolare è stata elaborata dalla Direzione generale della giustizia penale sulla base delle linee condivise da un apposito Gruppo di lavoro, costituito dal Capo del Gabinetto del Ministro con provvedimento del 17 marzo 2016, con la partecipazione e il prezioso contributo di riflessione e proposta dei dirigenti di importanti uffici giudiziari requirenti (la Procura generale presso la Corte di Cassazione, la Direzione nazionale antimafia e le Procure della Repubblica presso i Tribunali di Firenze, Napoli, Palermo, Roma e Torino) e di tutte le articolazioni ministeriali interessate (l’Ispettorato Generale, il Dipartimento per gli Affari di Giustizia con le Direzioni generali della giustizia penale e della giustizia civile, il Dipartimento dell’Organizzazione giudiziaria con le Direzioni generali dei Sistemi informativi e automatizzati e di Statistica).
Il provvedimento istitutivo muove dall’avvenuta diffusione presso tutti gli uffici giudiziari di primo grado, completata nel dicembre scorso, del S.I.C.P. (Sistema Informativo della Cognizione Penale), quale modello unico di registro nel settore della cognizione penale di primo e secondo grado.
Le potenzialità del software hanno indotto gli uffici ministeriali a programmare linee di intervento orientate, da un lato, alla progressiva implementazione degli strumenti tecnologici a disposizione; dall’altro, alla formazione e sensibilizzazione degli operatori sul corretto, coerente e omogeneo utilizzo del sistema.
Il raccordo delle iniziative di competenza di questo Ministero dovrà realizzarsi, secondo le seguenti direttrici, chiaramente delineate nel richiamato provvedimento del Gabinetto del Ministro del 17 marzo 2016:
2. Le finalità della circolare
Come comunicato in precedenti note (cfr. le circolari congiunte DGGP e DGSIA dell’11.6.2013 e del 5.12.2014), il S.I.C.P. gestisce i registri denominati modelli 5, 6, 7, 7-bis, 8, 10, 1, 12, 16, 16bis, 17, 18, 19, 20, 20-bis, 21, 21-bis, 28, 30, 31, 33, 34, 40, 41, 42, 43, 44, 45.
Già delineato come Registro unico del settore della cognizione penale di primo e secondo grado, il sistema ha subito modifiche evolutive che, insieme ad ulteriori interventi già programmati e di prossima realizzazione, lo trasformeranno da mero registro elettronico in vero e proprio programma di gestione, funzionale all’impiego delle consolle assegnate ai magistrati incaricati della gestione dei singoli affari e del personale direttivo e semi-direttivo di magistratura, tenuto al monitoraggio dei settori e uffici cui è preposto.
A regime, il S.I.C.P. alimenterà una piattaforma informativa condivisa e progressivamente aggiornata dai soggetti della giurisdizione coinvolti nelle diverse fasi e funzioni del processo penale.
In questa comune dimensione cognitiva, gli attori pubblici del processo sono chiamati ad operare non già in sistemi “chiusi”, ma alimentano e fruiscono di una base dati distrettuale condivisa, i cui contenuti informativi popoleranno la Banca dati nazionale delle misure cautelari e il Casellario nazionale dei carichi pendenti e realizzeranno un più completo e tempestivo aggiornamento del Sistema Informativo del Casellario giudiziale (S.I.C.).
A queste utilità deve aggiungersi la possibilità per i competenti uffici ministeriali di disporre in tempi rapidi di informazioni statistiche aggiornate e affidabili, funzionali alla precisa individuazione dei carichi di lavoro e dei fabbisogni, per distribuire le risorse in maniera razionale ed efficace: esigenza organizzativa primaria, alla quale corrisponde la prospettiva di aggancio al S.I.C.P. di una piattaforma di data warehouse.
In maniera automatica potranno essere altresì attinte le informazioni statistiche necessarie agli uffici ministeriali per predisporre le relazioni periodiche al Parlamento previste dalla legge in determinate materie (tra le altre, misure cautelari personali e beni sequestrati e confiscati); per monitorare l’impatto delle più rilevanti novità legislative (si consideri il monitoraggio varato da questa Direzione generale, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 68 del 2015 in materia di delitti contro l’ambiente); per rispondere ai questionari periodicamente somministrati dalle istituzioni europee e da altri organismi internazionali, nel contesto di esercizi valutativi o di studi preliminari all’innovazione delle fonti internazionali (frodi comunitarie, terrorismo, corruzione, riciclaggio, smuggling, tratta di esseri umani, hate crimes).
L’efficacia dello strumento non può prescindere dal contributo dei diversi operatori chiamati a impiegarlo.
Tanto premesso, d’intesa con il Capo di Gabinetto e con i Capi dei Dipartimenti degli Affari di giustizia e dell’Organizzazione giudiziaria, questa Direzione generale intende indirizzare, con la presente nota, puntuali raccomandazioni finalizzate ad assicurare, in uno alle doverose caratteristiche di accuratezza, tempestività e omogeneità delle operazioni di data entry, l’efficacia delle politiche di organizzazione dei servizi della giustizia nel settore penale.
Dette raccomandazioni consentiranno altresì rilevanti ergonomie, in termini di risparmio delle operazioni compilative ripetitive affidate al personale amministrativo.
Come si è già rappresentato nella circolare emanata da questa Direzione generale il 16 maggio u.s., in tema di tenuta e trasmissione del fascicolo destinato alla Corte di cassazione, la scrupolosa compilazione di taluni campi del modulo S.I.C.P. consentirà l’estrazione automatica e la stampa di una copertina recante tutte le informazioni che necessitano alla Corte di cassazione nella fase di esame preliminare dei ricorsi, sì da evitare che dette informazioni debbano essere faticosamente recuperate dagli incarti e riportate in apposite schede, ogni qualvolta il fascicolo viene preparato dalle cancellerie dei giudici a quibus per essere trasmesso alla Corte.
Analogamente, l’inserimento tempestivo dei dati relativi alla tipologia, all’inizio di esecuzione e alle vicende modificative delle misure cautelari personali applicate nel corso del procedimento consentirà in prospettiva l’alimentazione della Banca dati nazionale, mentre permette già ora il popolamento dello scadenzario informatizzato diretto a meglio controllare il rischio di scarcerazioni tardive, senza la necessità di tenere artigianali scadenzari di comodo.
Lo stesso deve osservarsi per quanto attiene alle ricognizioni statistiche, curate da questa Direzione generale a fini di analisi criminologica ovvero per espressa previsione legale. Il contributo informativo degli uffici potrà avvenire attraverso estrazioni automatiche, anziché attraverso ricerche ad hoc, da effettuare sui registri attualmente in uso e da riportare, di volta in volta, nelle tabelle predisposte dal Ministero.
In questo ambito, meritano speciale considerazione le prospettive d’impiego del S.I.C.P. per la realizzazione dei flussi comunicativi che sono essenziali per il raccordo tra la fase giudiziaria e la fase amministrativa della gestione dei beni sottoposti a sequestro e confisca penale.
Esigenze di efficienza e di garanzia, individuale e collettiva, interne ed esterne al processo penale inducono insomma a considerare con speciale attenzione le potenzialità del sistema e la necessità di un suo impiego corretto e omogeneo.
Nel contempo, è emersa la necessità di affrontare alcuni aspetti critici dell’attività di iscrizione della notitia criminis e del suo aggiornamento, alcuni dei quali già affrontati in circolari precedenti e sui quali si è tuttavia ritenuto opportuno ritornare per propiziare prassi uniformi di registrazione, nei settori in cui l’analisi statistica rivela maggiori disomogeneità.
Le raccomandazioni formulate a tale riguardo sono improntate al massimo rispetto per l’autonomia e le prerogative processuali dell’autorità giudiziaria connesse all’attività di iscrizione delle notizie di reato; ma sono anche ispirate dall’intento di valorizzare le potestà di direzione e organizzazione assegnate ai dirigenti degli uffici requirenti di primo grado e dei poteri di vigilanza dei procuratori generali presso le corti d’appello e del Procuratore generale presso la Corte di cassazione (art. 6 d. lgs. n. 106 del 2006).
3. Le forme della denuncia: le denunce trasmesse da privati per posta elettronica
E’ emersa dagli interventi dei Procuratori della Repubblica partecipanti al tavolo tecnico indicato in premessa, la necessità di definire una linea di condotta uniforme rispetto al sempre più diffuso fenomeno dell’inoltro di denunce di reato per posta elettronica.
La questione non investe, naturalmente, la denuncia proveniente da pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio, posto che per costoro l’art. 331 c. 2 prevede, alternativamente, la presentazione o trasmissione senza ritardo della denuncia, senza prescrivere ulteriori formalità.
Neppure ci si riferisce alla comunicazione di notizia di reato da parte della polizia giudiziaria, in relazione alla quale l’art. 108-bis att. c.p.p. stabilisce espressamente l’equipollenza tra la comunicazione scritta prevista dall’art. 347 c.p.p. e “la consegna su supporto magnetico o la trasmissione per via telematica”.
Rilevano piuttosto le denunce spedite da indirizzi di posta elettronica di privati, anche certificati, in relazione alle quali non soccorrono norme espressamente derogatorie delle forme previste dall’art. 333 c. 2 c.p.p., per il quale la denuncia scritta deve essere presentata personalmente dal denunciante o dal suo procuratore speciale e sottoscritta dal presentatore.
Neppure le disposizioni del d. lgs. vo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale) sanciscono l’equipollenza di detta forma di trasmissione e quella prescritta dalla norma del codice. L’art. 47 circoscrive, infatti, la previsione di validità delle trasmissioni di documenti per posta elettronica, ai rapporti tra le pubbliche amministrazioni. L’art. 51 c.1 del d.l. 112/2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133/2008 poi si limita a disciplinare l’esecuzione per via telematica delle notificazioni previste dagli artt. 148 c.2-bis, 149, 150 e 151 c.p.p.
Guardando alla giurisprudenza di legittimità, deve rilevarsi da un lato la carenza di decisioni in termini; dall’altro, la difficile estensibilità al tema in esame delle soluzioni elaborate per legittimare la trasmissione telematica di altre tipologie di atti.
La sentenza delle S.u. n. 40817/2014, in tema di validità della dichiarazione difensiva di adesione all’astensione inviata a mezzo telefax, si fonda su una previsione di norma secondaria (l’art. 3 del codice di autoregolamentazione) per la quale l’atto in parola può essere “trasmesso o depositato nella cancelleria del giudice o alla segreteria del pubblico ministero”. L’indirizzo, non incontrastato, che ammette l’inoltro via fax o per posta elettronica certificata dell’istanza di rinvio per legittimo impedimento si confronta con il dato testuale dell’art. 420-ter c.p.p. che si limita a prevedere un onere di “pronta comunicazione” dell’impedimento. Per contro, sono le stesse Sezioni unite a escludere che mezzi alternativi di trasmissione possano essere ammessi quando il legislatore prescrive, come nel nostro caso, forme vincolate di presentazione (cfr. anche Cass., Sez. III, n. 10637/2010, in tema di art. 162 c.p.p.).
Quanto detto conduce ad escludere la configurabilità, a fronte di denunce inviate a mezzo di posta elettronica, anche certificata, di un obbligo di valutazione ai fini dell’iscrizione di notizie di reato a carico dell’Ufficio di Procura ricevente.
La doverosa considerazione delle istanze di sicurezza dei sistemi informativi destinatari di comunicazioni sovente con allegati privi di affidabilità corrobora tale soluzione negativa.
4. Le denunce anonime
Con più generale riferimento al tema delle denunce da registrare nel mod. 46, occorre segnalare l’opportunità di distinguere tra quelle effettivamente connotate da irrisolvibile incertezza della fonte o di conclamata natura apocrifa (lettera con firma falsa, illeggibile, dissimulata), dai cosiddetti “anonimi apparenti”, nei quali l’incertezza investe la mera identità anagrafica dell’autore, fisicamente individuato o individuabile ma dalle generalità ignote o dubbie.
In quest’ultima categoria rientrano le comunicazioni scritte, orali, fotografiche, audiovisive contenenti affermazioni agevolmente attribuibili a un determinato individuo; così come quelle redatte su carta intestata e riconducibili a professionisti, imprese, fondazioni e associazioni delle quali sia agevolmente accertabile l’effettiva esistenza, enti pubblici territoriali. L’equiparazione di tali casi a quello della denuncia d’impossibile attribuzione a un soggetto determinato sottende un’esaltazione dei criteri formali, foriera di pregiudizio per i valori sostanziali della tempestività dell’iscrizione e dell’indagine.
5. La trasmissione delle notizie di reato tramite il portale NDR
L’obiettivo di semplificazione e velocizzazione dei processi di registrazione si realizza a partire dalla fase, prodromica all’apertura del procedimento penale, della trasmissione della notitia criminis.
In prospettiva, la trasmissione digitale della notitia criminis dalle forze di polizia giudiziaria agli Uffici di Procura costituirà aspetto qualificante del processo penale telematico.
Intanto, questa opportunità è già praticabile grazie a un intervento evolutivo realizzato dalla Direzione Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati (DGSIA) che consente l’inoltro delle annotazioni di p.g.
Lo strumento tecnico è il Portale NDR, modulo di S.I.C.P. già proficuamente utilizzato da numerosissimi uffici requirenti di primo grado, anche di grandi dimensioni.
Il Portale consente agli uffici di polizia (uffici fonte) di iscrivere un’annotazione e di trasmetterla alle procure della Repubblica di competenza le quali, rinvenuta la notitia nel modulo denominato “annotazioni preliminari”, procedono a iscriverla nel registro pertinente, mediante il mero “ribaltamento” dei dati inseriti dalla polizia giudiziaria.
Il meccanismo, non comportando l’ingresso diretto dell’annotazione di polizia nei registri, concilia i vantaggi della descritta, rilevante semplificazione dei processi di lavoro con la certezza che l’iscrizione della notizia sarà curata dagli Uffici di Procura, cui pur sempre compete in esclusiva il potere di qualificazione giuridica dei fatti. Il sistema restituirà poi all’ufficio fonte le informazioni essenziali: il numero del procedimento, la data di iscrizione, eventualmente il nominativo del magistrato assegnatario.
Il Portale NDR dispiegherà in pieno le sue potenzialità, quando sarà elaborato il titolario unico nazionale per la classificazione degli atti e sarà completato il processo di tabellarizzazione dei reati.
Sono intanto vivamente raccomandati la sensibilizzazione e il coordinamento delle forze di polizia giudiziaria, nella prospettiva della progressiva implementazione delle prassi applicative già in atto e della immediata diffusione dello strumento nelle sedi giudiziarie che ancora ne risultano prive.
6. L’analisi statistica della varianza delle iscrizioni
Da una recente indagine della Direzione Generale Statistica (Analisi statistica della varianza delle iscrizioni nei registri 21 e 45- Confronto anni 2008-2014) emerge la significativa variabilità dei rapporti percentuali tra le iscrizioni operate dai diversi uffici di procura nel registro delle notizie di reato relative a soggetti identificati (mod. 21) e le iscrizioni operate nel registro degli atti non costituenti notizia di reato (mod. 45).
Il dato nazionale, che misura nel 24% il rapporto tra le iscrizioni nel modello 45 e il numero complessivo delle iscrizioni effettuate, costituisce la media di percentuali assai differenziate su base locale: in alcuni uffici le iscrizioni nel registro degli atti non costituenti notizia di reato rappresentano una percentuale molto ridotta (pochi punti percentuali); in altri esse rappresentano il 40% del totale.
Tra i diversi fattori che possono spiegare il fenomeno, non può escludersi l’incidenza di una certa disomogeneità delle prassi di iscrizione seguite dai diversi uffici e, talvolta, dai diversi magistrati del medesimo distretto.
Occorre pertanto rilanciare e aggiornare alcune indicazioni già fornite da questa Direzione generale con precedenti circolari (da ultimo, la circolare 21 aprile 2011, in tema di utilizzazione del registro degli atti non costituenti notizie di reato), data la rilevanza che l’omogeneità dei criteri di iscrizione riveste ai fini dell’adozione, da parte dei soggetti competenti, di scelte tabellari e organizzative (distribuzione degli uffici sul territorio, assegnazione delle risorse) fondate su basi informative affidabili.
7. Le coordinate giuridiche dell’iscrizione
In via preliminare, non pare superfluo richiamare l’attenzione sulla delicatezza dell’attività di iscrizione delle notizie di reato e sulle sottese esigenze di garanzia dei diritti delle parti private.
Si tratta di atto processuale, pienamente espressivo della funzione giudiziaria, come hanno ritenuto le Sezioni unite civili della Corte di Cassazione (sentenza n. 21094/2004), sgombrando il campo da una tesi dottrinaria che lo inquadrava, invece, come atto amministrativo impugnabile davanti al giudice amministrativo.
Atto di impulso delle indagini preliminari, l’iscrizione è funzionale al controllo del rispetto dei termini di durata previsti dall’art. 405 c.p.p., la cui violazione trova sanzione processuale nell’inutilizzabilità degli atti compiuti dopo la scadenza (artt. 405 c. 2 e 407 c. 3 c.p.p.); ma anche al controllo della tempestività di alcune forme di esercizio dell’azione penale, quali la richiesta di giudizio immediato (da presentare entro 90 giorni dall’iscrizione) e la richiesta di decreto penale (entro 6 mesi dall’iscrizione).
Gli artt. 335 c.p.p. e 109 att. c.p.p. affidano, in esclusiva, questo compito al Pubblico ministero che, in quanto titolare del “monopolio della domanda penale” (artt. 50 c.p.p. e 112 Cost.), non può che avere dominio esclusivo sull’adempimento che della domanda rappresenta un po’ la fase embrionale.
Al pubblico ministero non è però conferito un potere discrezionale, quanto piuttosto un obbligo giuridico indilazionabile, che deve essere adempiuto senza soluzione di continuità rispetto al momento in cui sorgono i relativi presupposti e che non comporta possibilità di scelta né in relazione all’an, né rispetto al quid e al quando dell’iscrizione. Il pubblico ministero dovrà soltanto riscontrare l’esistenza dei presupposti normativi che impongono l’iscrizione e il suo aggiornamento (Cass., sez. un., n. 40538/2009).
Ricorrono però, nella struttura e nella disciplina dell’atto di iscrizione, elementi di inevitabile fluidità, che rendono lo scrutinio dei suoi presupposti meno meccanica di quanto i predicati di doverosità presenti nella disposizione dell’art. 335 c.p.p. potrebbero, a prima vista, suggerire.
L’iscrizione è atto a struttura complessa, nel quale simbioticamente convivono una componente “oggettiva”, qual è la configurazione di un determinato fatto (“notizia”) come sussumibile nell’ambito di una determinata fattispecie criminosa; e una componente “soggettiva”, rappresentata dal nominativo dell’indagato, dalla cui individuazione soltanto i termini cominciano a decorrere.
Il codice non definisce la “notizia di reato”. L’art. 109 att. c.p.p. poi stabilisce che la segreteria del pubblico ministero annota sugli atti “che possono contenere notizia di reato” la data e l’ora in cui sono pervenuti, e li “sottopone immediatamente” al pubblico ministero “per l’eventuale iscrizione nel registro delle notizie di reato”.
Gli sforzi di perimetrazione della giurisprudenza, coordinando dette disposizioni con le previsioni degli artt. 332 e 347 c.p.p., ritagliano uno spazio intermedio tra l’indefinita ipotesi di reato (il semplice sospetto, insufficiente a giustificare l’iscrizione) e la base fattuale già sufficiente a elevare l’imputazione.
Si richiedono specifici elementi indizianti, ovvero una piattaforma cognitiva che consente l’individuazione degli elementi essenziali di un fatto di reato e l’indicazione di fonti di prova (Cass., sez. un., n. 16/2000).
E’ così individuata, per imporre l’iscrizione, “un’area tutta da perscrutare sul piano contenutistico”, nella quale sono inevitabili margini di variazione, efficacemente esemplificati dalla Corte (Sez. un., n. 40538/2009), con riferimento sia alla componente oggettiva (“è evidente che la configurabilità, anche solo in termini di notizia di reato, di una complessa fattispecie associativa, evoca un “lavorio” definitorio che può comportare spazi temporali non comparabili rispetto a quelli che, invece, consuetamente richiedono fatti ictu oculi sussumibili nell’ambito di una determinata fattispecie di reato”); sia, e ancor più, con riferimento alla componente soggettiva (“al punto che è lo stesso legislatore, stavolta, ad aver espressamente previsto che l’obbligo di iscrizione del relativo nominativo debba avvenire soltanto “dal momento in cui esso risulta”).
La consapevolezza della potenziale complessità dello scrutinio ha condotto la Corte (Sez. un., n. 40538/2009) a escludere la configurabilità di un potere del giudice di verificare la tempestività dell’iscrizione, per farne conseguire effetti sanzionatori di inutilizzabilità degli atti compiuti dopo la scadenza del termine decorrente, anziché dal momento della formale iscrizione, dal momento in cui la notitia criminisavrebbe potuto e dovuto essere annotata, ciò che esalta le prerogative processuali del pubblico ministero a fini di garanzia
Su tale assetto del sistema non sono destinate in alcun modo ad incidere le previsioni del d.d.l. A.S. 2067 attualmente all’esame dell’Aula del Senato della Repubblica.
8. L’individuazione del registro
In un quadro siffatto deve collocarsi la questione del corretto esercizio dell’opzione tra le iscrizioni da effettuare nel registro degli atti non costituenti notizia di reato (mod. 45) e quelle da effettuare nel registro delle notizie di reato relative a soggetti noti (mod. 21) ovvero ignoti (mod. 44).
Occorre misurarsi con due rischi contrapposti, entrambi suscettibili di ripercussioni sulle garanzie processuali.
Da un lato, un’iscrizione affrettata nel registro delle notizie di reato a carico di noti può comportare immediati pregiudizi, in termini di tranquillità, onorabilità, affidabilità contrattuale delle persone e degli enti interessati. Dall’altro, l’iscrizione nel mod. 45 di un soggetto compiutamente identificato, per fatti già sussumibili in una specifica fattispecie di reato, può atteggiarsi come meccanismo elusivo del controllo giurisdizionale sulle scelte conclusive della fase delle indagini (azione/inazione), posto l’ormai pacifico riconoscimento al pubblico ministero del cd. potere di cestinazione, e cioè del potere di trasmettere direttamente in archivio le annotazioni non contenenti notizie di reato, senza passare per la procedura prevista dagli artt. 408 ss. (Cass., Sez. un., n. 34/2001).
Le indicazioni normative sopra richiamate, lette alla luce delle circolari specificamente dedicate alla funzione dei diversi registri e modelli (a partire dalla n. 533 del 18.10.1989, cd. circolare Vassalli, ripresa dall’appena citata pronuncia delle Sezioni unite), consentono di affermare quanto segue.
Il modello 45 trova il suo fondamento normativo nel già richiamato art. 109 att. c.p.p. che – riferendosi ad atti che possono contenere notizie di reato, da sottoporre immediatamente al Procuratore della Repubblica per l’eventuale iscrizione nell’apposito registro – presuppone l’esistenza di altro registro nel quale inserire quegli atti che, a giudizio insindacabile del P.M., non contengono notizie di reato.
Come il registro generale “C” istituito nella vigenza del codice Rocco, il modello 45 è dunque deputato alla registrazione di atti e annotazioni “del tutto privi di rilevanza penale”, quali, ad esempio: gli esposti e i ricorsi in materia civile o amministrativa; gli esposti privi di senso o aventi contenuto abnorme o assurdo; gli atti riguardanti eventi accidentali, le sentenze dichiarative del fallimento, trasmesse al p.m. ai sensi dell’art. 17 l.f.; le dichiarazioni di detenuti che, al di fuori di un procedimento in corso, chiedono di essere sentiti dai magistrati o formulino richieste di tipo amministrativo, inerenti, per esempio, il trasferimento presso altro luogo di detenzione; i verbali di fermo per identificazione; gli esposti generici contro personalità dello Stato o magistrati.
Guardando alla casistica più ricorrente, non può essere dubbio che debbano essere iscritti nel modello 45 e, si sottolinea, nel medesimo archiviati gli atti relativi a perquisizioni operate dalla p.g. d’iniziativa (art. 41 T.U.L.P.S., art. 4 della legge n. 152/1975, art. 25 bis della legge n. 356/1992, art. 27 della legge n. 155/1990), quando l’esito rappresentato al p.m. sia negativo e nessuno dei dati fattuali esposti nel verbale o nell’annotazione di p.g., giustifichi la messa in moto delle indagini e, con essa, l’iscrizione funzionale al loro regolare svolgimento.
Lo stesso deve dirsi dei referti medici, non contenenti l’indicazione di elementi tali da giustificare la riconduzione degli eventi clinici rappresentati a comportamenti colposi o dolosi di terzi; così come delle notizie non circostanziate attinenti, per esempio, alla scomparsa di una persona, a un suicidio, al rinvenimento di un cadavere, che non rechino traccia di interventi istigatori o aggressivi di terzi.
Nei casi indicati, trattandosi di pseudonotizie di reato, l’iscrizione nel modello 45 costituisce l’unico comportamento rituale e l’esercizio del potere di cestinazione è perfettamente legittimo, posto che le norme che definiscono i presupposti del procedimento archiviatorio giurisdizionale (artt. 408 c.p.p. e 125 att. c.p.p.) evocano l’infondatezza della notizia di reato, sì da non includere quelle notizie che – né al momento della prima comunicazione né successivamente – assumono le caratteristiche di specificità indiziante e di suscettibilità di sussunzione in fattispecie determinate che connotano la vera notitia criminis, secondo il già richiamato insegnamento del giudice di legittimità (Sez. un., n. 34/2011).
E’ coerente con questi assunti il fatto che il S.I.C.P. non preveda un campo dedicato alla trasmissione al Gip dei procedimenti iscritti nel mod. 45 (v. sul punto la circolare DGGP-DGSIA del 5 dicembre 2014).
Non incide su queste affermazioni il fatto che la giurisprudenza della Corte di legittimità qualifichi come affetto da abnormità funzionale il provvedimento con il quale il gip, investito della richiesta di archiviazione per un fatto iscritto nel mod. 45, pronunci un non luogo a provvedere, anziché esprimersi nell’ambito delle alternative decisorie previste dall’art. 409 c.p.p. (archiviazione, indicazione di indagini suppletive, imputazione coatta).
Con questo principio, infatti, la Corte non ha inteso legittimare l’anomalia di un’archiviazione richiesta per fatti iscritti come non costituenti notizie di reato. Ha voluto piuttosto sancire come, di fronte a un comportamento sostanziale del p.m. (la richiesta di archiviazione), potenzialmente indicativo della riconsiderazione della qualificazione originariamente ritenuta, non possa essere il dato formale dell’irregolare permanenza di quelle iscrizioni nel mod. 45 a esonerare il giudice dal dovere di controllare la legittimità dell’inazione (Sez. un., n. 34/2001; nello stesso senso, Sez. I, n. 14434/2001, Sez. III, n. 29040/2003, Sez.. III, n. 18388/2006, Sez. I, n. 42884/2009).
La riprova di quanto detto si ritrae da una delle numerose pronunce che si sono allineate all’insegnamento di Sez. Un. 34/2001, nella quale si afferma che, per quanto non affetta da nullità, “la richiesta di archiviazione avanzata dal p.m. in relazione a segnalazioni attinenti a fatti non costituenti reato costituisce richiesta irrituale, non conforme alla disciplina di cui agli artt. 335 c.p.p., 109 e 110 att. c.p.p., 2 D.M. n. 334/1989, recante il Regolamento per l’esecuzione del codice di procedura penale” (C. III, n. 18388/2006).
In una nota diramata in data 18.7.2011 dalla Procura Generale della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 6 d. l.vo 20 febbraio 2006, n. 106, era del resto già espresso il concetto per il quale “l’ammissibilità, riconosciuta dalla Suprema Corte, della richiesta di archiviazione rivolta al giudice per le indagini preliminari nel fascicolo iscritto a mod. 45 non esclude che la corretta gestione del medesimo consigli invece, in ogni caso, che la richiesta sia accompagnata dalla variazione nel registro delle notizie di reato (noti o ignoti), dovendosi ritenere che l’interpello del giudice presupponga l’individuazione di un fatto reato, ciò che impone la conseguente iscrizione”.
9. Notizie di reati procedibili a querela per i quali questa non risulti presentata
Quanto si è appena detto in ordine alla corretta iscrizione delle pseudonotizie non riguarda evidentemente i fatti che appaiono integrare gli estremi di un reato, la cui procedibilità sia però subordinata a condizioni (querela, istanza, richiesta di procedimento, autorizzazione a procedere) non maturate o non ancora maturate al momento della comunicazione.
Dette fattispecie non possono essere in alcun modo assimilate, come comprovano diverse disposizioni, a partire da quella dell’art. 346 che, in assenza di una condizione di procedibilità “che può ancora sopravvenire”, ammette il compimento degli atti di indagine preliminare ritenuti necessari ad assicurare le fonti di prova e, in caso di pericolo del ritardo, l’incidente probatorio.
Deve pertanto esprimersi contrarietà rispetto alla pratica di alcuni uffici di iscrivere dette notizie nel mod. 45 o di impartire disposizioni alla polizia giudiziaria affinché non vengano trasmesse informative concernenti ipotesi di reato perseguibili a querela, ove questa non sia stata presentata (così ad esempio, nel caso di referti medici attestanti lesioni personali originate dalla condotta dolosa o colposa di un terzo).
Si ribadisce l’avviso già espresso da questa Direzione generale nella circolare del 21.4.2011, secondo il quale la prassi indicata presenta “il duplice effetto di impedire al pubblico ministero l’esercizio delle proprie prerogative in ordine alla qualificazione giuridica del fatto e di sottrarre al giudice il controllo sull’effettiva sussistenza dei presupposti per il mancato esercizio dell’azione penale – compresi quelli relativi alla mancanza di condizioni di procedibilità – controllo, altresì, non sempre agevole, potendo riguardare molti e complessi fattori (termini di proposizione della querela, determinazione delle circostanze aggravanti, ecc.)” [1].
Le esigenze pratiche che evidentemente ispirano le prassi appena indicate, particolarmente avvertite negli uffici di maggiori dimensioni, non potendo comportare il sovvertimento delle disposizioni che impongono la trasmissione di dette notizie agli uffici di Procura e la loro iscrizione nei registri noti/ignoti, dovranno essere soddisfatte mediante misure di coordinamento con la polizia giudiziaria e di organizzazione interna dell’ufficio.
Tra queste deve anzitutto indicarsi, guardando alle opportunità già offerte dal sistema, l’inclusione di questa tipologia di notizie, quando relative a ignoti, tra quelle trasmissibili “con elenchi mensili” (art. 107-bis att. c.p.p.), per le quali potranno essere presentate al giudice richieste cumulative di archiviazione (art. 415 c. 4 c.p.p.).
Nulla esclude, in ogni caso, che il procuratore della Repubblica, nell’esercizio della sua potestà di direzione delle indagini e di organizzazione dell’ufficio, impartisca direttive per differire la trasmissione delle denunce fino alla scadenza del termine per la proposizione della querela, nel contempo prevedendo opportune forme di controllo dell’operato dei servizi di polizia giudiziaria, a garanzia dell’effettività dei diritti difensivi correlati alla tempestività e alla correttezza delle attività requirenti.
Nella medesima prospettiva, possono essere previsti tempi di iscrizione più lunghi rispetto a quelli che è necessario osservare per le notizie “immediatamente procedibili”, salvi i casi in cui emerga la necessità di compiere taluna delle attività previste dal richiamato art. 346 c.p.p. ovvero siano comunicati aggiornamenti che incidono sulla procedibilità del reato (per esempio, l’aggravamento o la protrazione della durata degli esiti lesivi originariamente pronosticata nel referto).
10. Il passaggio dei procedimenti dal mod. 45 al mod. 21
L’emersione di fatti nuovi, successivi alla prima iscrizione nel modello 45 (per esempio la relazione trasmessa dal curatore fallimentare ai sensi dell’art. 33 l.f., che evidenzi i sintomi di una bancarotta; o l’apprensione di elementi indicativi di prassi corruttive, capaci di colorare un esposto inizialmente liquidato come aspecifico), deve trovare fisiologico sbocco in una nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato (mod. 21 nel caso di indagati noti, mod. 44 nel caso di ignoti).
La variazione dell’iscrizione è doverosa quando si renda necessario il compimento di approfondimenti investigativi, diversi e ulteriori dalla mera acquisizione, presso la polizia giudiziaria, delle informazioni finalizzate alle determinazioni sull’iscrizione.
In assenza, invece, di evoluzioni cognitive che giustifichino l’avvio di attività di indagine o la riconsiderazione delle scelte selettive operate all’atto della prima iscrizione, il passaggio di registro non appare corretto.
Come già osservato dalla Procura Generale della Corte di Cassazione, nella nota sopra richiamata, il transito seriale di procedimenti già iscritti nel modello 45 al modello 44 o 21, immediatamente seguito dalla presentazione di richieste di archiviazione, senza che alcuna attività di indagine sia stata medio tempore svolta, costituisce un indice significativo del “possibile sviamento dell’iscrizione dalla finalità tipica”, a sua volta responsabile di quei fenomeni improprio “sovraccarico dei registri noti e ignoti“ che – impedendo una comparazione affidabile dei carichi e dei flussi di lavoro – penalizzano l’efficacia delle scelte ministeriali di assegnazione delle risorse.
11. Il modello 45 e gli accertamenti onerosi
L’esistenza di spese nel contesto di un procedimento iscritto nel mod. 45 può costituire l’indizio di una deviazione funzionale.
Le uniche attività espletabili in siffatto contesto sono quelle strettamente finalizzate alle determinazioni sull’iscrizione. Sono dunque precluse attività propriamente investigative, finalizzate cioè alla verifica di fondatezza di una notizia di reato già delineata nei suoi tratti oggettivi.
Sono invece ammissibili le attività indispensabili alla qualificazione come notizia di reato del contenuto di comunicazioni ed esposti, di cui non risulti altrimenti possibile stabilire la natura (fatto costituente reato o non). Ciò corrisponde alla prassi della maggior parte degli uffici requirenti.
Escluso, in ogni caso, il compimento di atti d’indagine che richiedano o ammettano la presenza del difensore o dei quali sia previsto il successivo deposito, potranno raccogliersi le informazioni, anche documentali, obiettivamente essenziali alla verifica della configurabilità di un’ipotesi di reato.
Resta comunque affidata alla responsabilità dei procuratori della Repubblica e dei procuratori generali, quale profilo coessenziale alla tenuta effettiva della garanzia di puntualità, correttezza e uniformità dell’azione penale e dell’obbligo di osservanza dei principi del giusto processo, il costante controllo del rischio di introduzione di prassi abusive in fatto risolte nell’oscuramento, anche temporaneo, di indagini riferibili a notizie di reato che risultassero già comunque acquisite.
In questo ambito, oltre alle indicate ragioni di garanzia, occorre considerare le esigenze di corretta gestione della spesa: gli esborsi finalizzati alla verifica di una “non notizia di reato”, non afferendo ad un procedimento penale, non possono rientrare tra le spese di giustizia recuperabili ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. n. 115 del 2002.
Dette indicazioni di segno restrittivo devono essere contemperate con la previsione ordinamentale di attività istituzionali del p.m. esterne al contesto strettamente processuale, il cui assolvimento può comportare la necessità di svolgere attività onerose.
Tale evenienza si verifica sicuramente nel caso degli accertamenti tecnici disposti, a seguito del rinvenimento di un cadavere o di resti cadaverici, al fine di pervenire alla sua identificazione e/o di appurare le cause della morte.
Detti accertamenti potrebbero non travalicare lo stretto limite funzionale dell’acquisizione di informazioni essenziali per le determinazioni sull’iscrizione: l’accertamento medico-legale delle cause della morte può rivelarsi, in taluni casi, l’unico atto praticabile per stabilire se la notizia del rinvenimento attenga o meno a un fatto costituente reato.
E’ significativo che l’art. 116 d. att. c.p.p., colleghi il dovere istituzionale del procuratore della Repubblica di disporre l’esame autoptico e/o di propiziare l’identificazione del cadavere all’insorgenza del mero “sospetto di un reato”, nozione che esprime un quadro cognitivo inferiore rispetto agli “specifici elementi indizianti”, dalla cui acquisizione soltanto scaturisce, secondo l’insegnamento giurisprudenziale già riportato, l’obbligo di iscrizione nei registri dedicati alle vere notizie di reato.
Nel caso indicato, l’espletamento degli accertamenti nel contesto di un procedimento iscritto nel mod. 45 costituisce prassi più corretta rispetto a quella di procedere a iscrizioni strumentali, nei modelli 21 o 44, di fattispecie criminose neppure evocate dai dati disponibili (per esempio, quella di istigazione al suicidio).
Resta fermo naturalmente che, quando nel momento in cui dispone l’accertamento il pubblico ministero abbia già acquisito specifici elementi indiziari circa l’eziologia criminosa della morte del soggetto rinvenuto, è doveroso procedere all’iscrizione (o alla trasmigrazione) nel registro delle notizie di reato, in modo da rendere trasparente la finalità investigativa dell’atto e da poter includere la relativa spesa tra quelle recuperabili ai sensi dell’art. 5 del d.p.r. n. 115 del 2002.
12. Le iscrizioni nel mod. 44 e il “passaggio” al mod. 21
Il mod. 44 è il contenitore delle annotazioni e denunce che riportano fatti sussumibili nella nozione oggettiva di notizia di reato, per i quali però non siano stati acquisiti elementi sufficienti a soddisfare la componente soggettiva dell’iscrizione, l’iscrizione del nominativo che, dice l’art. 335 c.p.p., deve avvenire soltanto “dal momento in cui esso risulta”.
La giurisprudenza traduce l’indicazione normativa nella richiesta di un’identificazione per nome, cognome, generalità complete, tale da rendere remota l’ipotesi dell’iscrizione erronea di un omonimo, che dall’errore potrebbe risentire un danno.
Poiché soltanto dall’iscrizione nominativa della persona alla quale il reato è attribuito decorrono i termini di durata delle indagini preliminari (Cass., Sez. II, n. 36590/2007), anche in questo caso può in astratto profilarsi un ritardo abusivo dell’iscrizione.
S’impone dunque la rapida acquisizione delle informazioni necessarie alla compiuta identificazione, quando la denuncia o l’annotazione di p.g. espongano fatti agevolmente attribuibili a un soggetto individuabile senza margini di equivoco (per esempio, un soggetto investito di una certa carica pubblica nel momento in cui si sono verificati i fatti; ovvero un soggetto già noto agli inquirenti sulla base di pregresse condanne o attività investigative) e manchi soltanto l’acquisizione del certificato anagrafico.
Una volta acquisite le informazioni necessarie, il procedimento dovrà essere immediatamente iscritto nel mod. 21.
Non avendo cittadinanza nel sistema categorie intermedie tra gli “ignoti” e i soggetti compiutamente identificati, deve ritenersi anomala la prassi di iscrivere nel registro mod. 21 procedimenti nei confronti di “noti da identificare” (ovvero di “persone da identificare”, “persone identificabili” et similia), dietro la quale può celarsi l’artificioso differimento di agevoli accertamenti anagrafici che produce l’obiettivo effetto dell’ingiustificata posticipazione della decorrenza del termine delle indagini.
Anche in questo caso compete alla responsabilità dei titolari delle posizioni di garanzia di cui all’art. 6 del d.lgs. 106/2006 l’adozione delle misure organizzative e di controllo necessarie alla prevenzione del rischio di introduzione di prassi prive di fondamento normativo e foriere di gravi distorsioni funzionali.
In coerenza con queste premesse, il S.I.C.P. impone, nel caso di procedimenti nei confronti di soggetti noti, l’accurata compilazione di un campo “generalità verificate”, comprensivo dei dati risultanti dal certificato anagrafico ovvero, nei casi di soggetti privi di documenti, del codice unico identificativo (CUI) rilasciato dagli uffici di pubblica sicurezza.
Nei casi in cui il soggetto non risulti compiutamente identificato, ma sia in corso la sua identificazione, la notizia dovrà essere iscritta nel mod. 44 e dovrà essere compilato dagli uffici di Procura un campo denominato “descrittore”.
In questo campo andranno inserite le informazioni utili per la successiva identificazione dell’autore del reato (per esempio, le sue caratteristiche somatiche o eventuali segni particolari, descritti dalla vittima o dal testimone oculare; il modello, il colore, la targa dell’autovettura utilizzata per la commissione del crimine).
L’accurato popolamento del campo “descrittore” consentirà al magistrato assegnatario del procedimento contro ignoti, di verificare, interrogando il sistema, la ricorrenza di determinate caratteristiche, nelle denunce presentate per reati di una certa una certa tipologia, commessi in un certo arco temporale e/o in una determinata area territoriale, con indubbi vantaggi per l’orientamento delle indagini finalizzate all’identificazione dell’autore del reato.
13. La trasmissione per elenchi delle denunce contro ignoti
Altro aspetto relativo alle notizie iscritte nel mod. 44 attiene al difforme esercizio della facoltà di trasmettere le denunce a carico di ignoti “con elenchi mensili” (art. 107-bis att. c.p.p.) e di proporre al giudice, nel caso in cui perduri il difetto di identificazione dell’autore del reato, richieste cumulative di archiviazione (art. 415, comma 4, c.p.p.).
Sul tema occorre anzitutto informare che il S.I.C.P. consente l’iscrizione per elenchi delle denunce nei confronti di ignoti, con successiva richiesta cumulativa di archiviazione.
In particolare, il portale NDR permette la trasmissione da parte della polizia giudiziaria di annotazioni unitarie riferite a una pluralità di notitiae criminis, accomunate dalla tipologia di reato (QGF, ovvero qualificazione giuridica del fatto), con indicazione delle diverse date di commissione dei reati e delle diverse persone offese. Detta modalità può, allo stato, essere applicata a un numero massimo di cinquanta notizie di reato per volta che, nella medesima forma cumulativa, possono essere informaticamente inviate al Gip con richiesta di archiviazione.
Le rilevanti economie consentite da questa pratica e le confortanti esperienze di alcuni importanti uffici giudiziari inducono a raccomandare il suo massimo impiego, che ovviamente non pregiudica la previa selezione, da parte del sostituto procuratore designato delle denunce che, in quanto suscettibili di utile evoluzione investigativa, devono essere sottratte all’elenco e trattate singolarmente.
Al fine di incoraggiare l’utilizzo dell’iscrizione per elenchi e delle correlate richieste cumulative di archiviazione, è importante segnalare che questa opzione non impedisce la successiva estrapolazione (stralcio) della singola notizia di reato, della quale sia necessario attestare l’avvenuta archiviazione (si pensi ai cosiddetti certificati di chiusa inchiesta, richiesti da talune compagnie assicurative nella fase istruttoria delle procedure di indennizzo).
14. Raccomandazioni generali relative all’impiego del S.I.C.P.
a) Completezza e aggiornamento dell’iscrizione nel mod. 21
A complemento di quanto si è già sopra detto circa le funzioni del S.I.C.P. dedicate all’iscrizione dei procedimenti nel mod. 21, deve qui rilevarsi la necessità che, oltre ai dati essenziali previsti dagli artt. 335 c.p.p. e 109 att. c.p.p., siano, a mano a mano, inseriti e aggiornati i dati relativi alle nomine difensive, alla residenza, alle dichiarazioni ed elezioni di domicilio e alle relative variazioni.
Si tratta di informazioni utili per i diversi adempimenti (comunicazioni e notifiche) da svolgere nel corso del procedimento di merito, che confluiscono automaticamente nella copertina del fascicolo digitale, la cui stampa può sostituire le schede notizie, delle quali si è raccomandata la trasmissione alla Corte di cassazione (che non ha accesso al S.I.C.P.), con la già richiamata circolare del 16 maggio 2016.
Tempestivamente devono essere poi annotati gli aggiornamenti dell’iscrizione che il pubblico ministero, ai sensi dell’art. 335 c. 2 c.p.p., è tenuto a operare nei casi in cui sopravvengano informazioni implicanti il mutamento della qualificazione giuridica originariamente data al fatto o elementi circostanziali.
Il sistema è poi predisposto per la ricezione, nell’ambito dello stesso procedimento, di nuove iscrizioni quando emergano nuove notizie di reato, adempimento necessario, dal quale decorrono nuovi termini per le indagini, ferma restando l’utilizzabilità di quelle compiute in precedenza (C., III, n. 32998/2015; C. II, n. 29143/2013).
Il tempestivo inserimento di tali aggiornamenti risponde, oltre che a esigenze interne al procedimento, all’obiettivo di garantire l’accuratezza delle informazioni comunicate ai soggetti indicati dall’art. 335 c. 3 c.p.p.; nonché, nel prosieguo del procedimento, l’adeguato aggiornamento del certificato dei carichi pendenti prodotto automaticamente dal sistema.
b) Indicazione delle persone offese
E’ vivamente raccomandata la scrupolosa compilazione dei campi dedicati all’identificazione della persona offesa, con specificazione, laddove sussistenti, del rappresentante legale e del difensore (presso il quale, come noto, dovranno essere effettuate le notifiche dovute alla p.o. ai sensi dell’art. 33 att. c.p.p.), avendo cura di distinguerla, laddove non coincidente, dalla persona del denunciante.
Detto profilo è essenziale per agevolare l’adempimento dei numerosi incombenti di segreteria e di cancelleria funzionali all’esercizio delle prerogative riconosciute dall’ordinamento alla persona offesa, oltre che per l’agevole verifica da parte del pubblico ministero e del giudice della legittimazione dei soggetti che, in tale veste, chiedono di intervenire nel procedimento (attraverso presentazione di memorie, sollecitazione di indagini, opposizione alla richiesta di archiviazione ecc.).
Oltre che alle esigenze interne al procedimento penale, la puntuale identificazione della persona offesa e l’accurato inserimento dei suoi dati nel sistema risponde alle necessità di ricognizione statistica, concernenti determinate fattispecie, qualificate proprio dall’identità della persona offesa (per esempio, le cosiddette frodi comunitarie, alla cui ricognizione è dedicata la nota diramata da questa Direzione generale il 18.1.2016); o, ancora, i monitoraggi che, in considerazione anche delle evoluzioni del quadro normativo europeo, saranno disposti per verificare fattibilità ed efficacia delle misure poste a tutela delle vittime di reato.
c) Richieste al giudice nel corso del procedimento e relative decisioni
E’ richiesta particolare attenzione nella compilazione dei campi del S.I.C.P. dedicati all’annotazione delle richieste presentate al giudice nel corso del procedimento e dei provvedimenti di riscontro.
Dovranno essere annotate le richieste e i provvedimenti giurisdizionali relativi alla misura cautelare personale e alla proroga delle indagini.
Le prime appaiono essenziali per consentire: l’adeguata implementazione della Banca dati nazionale delle misure cautelari e dei cosiddetti “fascicoli della misura”; per il riporto in copertina delle informazioni funzionali all’applicazione dei criteri di priorità dettati dall’art. 132-bis att. c.p.p.; per la prevenzione del fenomeno delle ritardate scarcerazioni, attraverso il popolamento dello scadenzario incluso nel software consolle del magistrato.
A tale ultimo riguardo, deve osservarsi che l’immagazzinamento nella piattaforma condivisa delle informazioni essenziali per il controllo sulla scadenza dei termini di efficacia delle diverse misure cautelari personali consente di ovviare alle criticità che si verificano, con particolare frequenza, nelle fasi di transito dei procedimenti (passaggi per il Tribunale del riesame, passaggi dal Gip al Gup e da questi al giudice del dibattimento, passaggi in Corte d’Appello). Il software Consolle, contiene un modulo “scadenzario” che evidenzia al magistrato competente per la gestione della misura il suo termine di durata.
Naturalmente ciò impone, oltre che la puntuale compilazione delle caselle dedicate all’inizio di esecuzione della misura e al suo termine di durata, il tempestivo aggiornamento di quelle modifiche del titolo cautelare che, pur senza immediatamente incidere sullo status libertatis, possono ripercuotersi sui termini complessivi e di fase.
Andranno, per esempio, annotate: le riqualificazioni migliorative operate dal Tribunale del riesame o dai giudici avvicendatisi nel giudizio di cognizione; l’esclusione di aggravanti ad effetto speciale, incidenti sui termini di custodia cautelare; nell’ipotesi di contestazioni cautelari plurime, l’esclusione di quegli addebiti per i quali è previsto un più lungo termine di fase.
In tema di proroga del termine delle indagini, deve richiamarsi la necessità che gli uffici di Procura registrino correttamente il periodo di proroga richiesto e che le cancellerie degli uffici gip indichino esattamente il periodo concesso, dimodoché risulti corretta e affidabile la rilevazione, da parte degli uffici inquirenti, dei fascicoli in scadenza.
Sono decisivi, per il corretto funzionamento del sistema, due accorgimenti a carico, rispettivamente, delle segreterie di Procura e delle cancellerie del giudice.
Le prime dovranno inserire la data di “trasmissione atti”, giacché il ritardo di detto adempimento impedisce al Tribunale di prendere in carico il fascicolo informatico. Le seconde dovranno controllare, prima di restituire gli atti al P.M. che tutte le richieste formulate dall’Ufficio di Procura risultino evase e che le relative decisioni risultino annotate nel sistema. La persistenza di richieste annotate nel fascicolo digitale e rimaste inevase determina infatti l’impossibilità per la Procura di recuperare la gestione del fascicolo, riverberandosi anche sulla rilevazione statistica del lavoro dei magistrati requirenti.
Per le movimentazioni non classificate dal S.I.C.P. in apposite voci (e solo per queste) dovrà essere aggiornata la funzione “annotazioni estese”.
d) Imputazione, udienze e dispositivi di decisione
Il modulo “atti e documenti” consente l’inserimento nel sistema delle imputazioni formulate dal p.m. all’atto dell’azione penale, in qualsiasi forma questa sia esercitata.
Le eventuali modifiche dell’imputazione, avvenute nel corso dell’udienza preliminare (art. 423 c.p.p.) o del dibattimento (artt. 516, 517, 518 c.p.p.), dovranno essere tempestivamente riportate dalle cancellerie del giudice, così come ogni attività relativa alla gestione delle udienze (ivi compresi i rinvii).
Sulla base delle imputazioni formulate con l’atto di esercizio dell’azione, ovvero modificate nel corso del giudizio, sarà redatto e inserito nel sistema il dispositivo delle decisioni adottate in primo e secondo grado.
Al fine di prevenire difficoltà nello “scarico” informatico delle decisioni di merito che definiscono, con decisioni promiscue (assoluzioni e condanne parziali), procedimenti oggettivamente complessi, deve raccomandarsi: l’utilizzazione di numeri cardinali (infiniti), piuttosto che di lettere alfabetiche, nell’elencazione delle diverse imputazioni; la preferenza per imputazioni singole per ciascuno dei fatti-reato contestati, invece che l’assemblaggio in un unico capo di più fattispecie di reato, scelta stilistica quest’ultima che rende particolarmente problematica la registrazione dei diversi esiti decisori che possono intervenire per ciascuno dei fatti-reato contestati.
Al riguardo, appare utile segnalare che la D.G.S.I.A. ha in corso una modifica evolutiva del S.I.C.P. (dispositivo strutturato) che consentirà di inserire i dispositivi di decisione, anziché attraverso la compilazione manuale dell’apposito modulo, optando tra diverse alternative predefinite (qualificazioni giuridiche, esiti decisori, esclusioni di aggravanti, giudizi di bilanciamento tra circostanze, riconoscimento della continuazione o di circostanze, ecc.) prospettate all’utente con l’apertura di menu a tendina.
L’inserimento tempestivo delle decisioni adottate dal giudice e del loro passaggio in giudicato è vivamente raccomandato, anche per la ripercussione di questo adempimento sul certificato dei carichi pendenti, che viene attualmente prodotto automaticamente dal sistema come “fotografia” delle annotazioni presenti, senza consentire modifiche o integrazioni dei dati carenti o inesatti.
e) Sospensioni del procedimento
Al fine di garantire la rappresentazione completa delle vicende del procedimento e di agevolare le attività di ricognizione statistica, è raccomandato l’inserimento in S.I.C.P., sotto la voce “provvedimenti interlocutori”, delle ordinanze sospensive emesse per assenza dell’imputato (art. 420-quater c.p.p.), per l’ammissione alla prova (art. 464-bis c.p.p.), per la promozione di un incidente di costituzionalità. Di detti provvedimenti dovrà essere indicata la data di emissione e specificata la natura, con annotazione che sarà riportata sulla copertina del fascicolo digitale, sotto la tendina “argomento”.
15. Prossimi sviluppi del S.I.C.P. e assistenza informatica
Su indicazione del Gabinetto del Ministro, il Dipartimento dell’Organizzazione giudiziaria, del Personale e dei Servizi e la sua Direzione generale dei sistemi informativi e automatizzati sono impegnati ad assicurare la progressiva implementazione e la semplificazione d’impiego dei sistemi informativi di gestione dei registri penali ed il potenziamento delle attività funzionali alla diffusione dei programmi di trasmissione informatizzata delle notizie di reato, che nell’esperienza di numerosi uffici, anche di grandi dimensioni, già oggi assicurano straordinari vantaggi in termini di efficienza e razionalizzazione dell’uso delle risorse disponibili.
In questo quadro, deve menzionarsi il Piano nazionale 2016-2017 di formazione del personale amministrativo sugli applicativi in uso negli uffici giudiziari del settore penale (cfr. la circolare emanata dal Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria del personale e dei servizi il 27.9.2016).
Il Piano prevede corsi dedicati al S.I.C.P. e agli altri sistemi recentemente introdotti nel settore penale (T.I.A.P., S.I.T.M.P., S.I.E.S., S.I.G.M.A.), destinati in una prima fase agli utenti esperti designati da ciascun ufficio.
Gli utenti così formati entreranno a far parte di una rete nazionale che si confronterà, in maniera strutturata, sui problemi e sulle soluzioni adottate. Essi saranno poi chiamati a svolgere attività formativa all’interno dell’ufficio di appartenenza.
Il piano tende a standardizzare un metodo di lavoro improntato alla raccolta costante delle segnalazioni di anomalie e delle proposte di miglioramento formulate dagli uffici, al fine di elaborare tempestive e appropriate soluzioni.
Il metodo è stato già praticato per l’elaborazione di alcune modifiche evolutive di prossima applicazione e per la correzione di alcuni errori di funzionamento.
Sarà diffusa da D.G.S.I.A., con cadenza trimestrale a partire dal gennaio 2017, una nota telematica di aggiornamento sugli sviluppi del sistema.
Nell’invitare gli Uffici in indirizzo a curare l’attuazione della presente circolare, si rammenta che il monitoraggio della corretta tenuta dei registri di reato è un aspetto essenziale del principio di ragionevole durata del processo e che la vigilanza sullo svolgimento dell’attività di iscrizione rientra nella responsabilità dirigenziale relativa al rispetto dei canoni di correttezza, puntualità ed uniformità dell’esercizio dell’azione penale.
Il Direttore Generale
Raffaele Piccirillo
21 aprile 2011
Oggetto: Utilizzazione del registro degli atti non costituenti notizie di reato (modello 45).
Dai dati a disposizione di questo Ministero ed alla luce della riunione dei Procuratori Generali presso le Corti di Appello organizzata dal Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione lo scorso 18 aprile, emergono significative divergenze tra le prassi invalse nelle Procure della Repubblica in ordine alle iscrizioni effettuate nel registro degli atti non costituenti reato (mod. 45).
La questione relativa all’utilizzazione del registro modello 45 è già stata affrontata al momento dell’entrata in vigore del codice di procedura penale e successivamente, in più occasioni, sotto diverse prospettive, in ambito amministrativo, giudiziario e disciplinare.
La circolare ministeriale n. 533 del 18 ottobre 1989, al momento del passaggio dal codice previgente a quello attuale, aveva sottolineato che:
“Registro delle notizie di reato (modelli 21, 22 e 52). A tale registro, espressamente previsto dall’art. 335 c.p.p., il nuovo sistema processuale riserva un rilievo particolare. Basti osservare, al riguardo, che dalla data in cui vengono iscritte le generalità della persona cui il fatto è attribuito decorre il termine utile per il compimento delle indagini preliminari (articoli 405, 408 c.p.p.); dalla data di iscrizione della notizia di reato decorre il termine utile perché il P.M. presenti la richiesta di giudizio immediato (art. 454 c.p.p.); dalla formulazione dell’imputazione consegue la pendenza del procedimento ai fini del rilascio del relativo certificato (c.d. dei carichi pendenti).
Ciò premesso, va osservato che nel registro devono essere iscritte le notizie di reato, cioè le notizie suscettibili di mettere in moto il meccanismo delle indagini preliminari qualunque sia l’esito di queste (esercizio dell’azione penale o richiesta di archiviazione)…
Registro delle notizie di reato relative ad ignoti (modello 44). Ragioni di opportunità e di uniformità hanno suggerito la previsione obbligatoria per tutti gli uffici del P.M. di un registro dei procedimenti a carico di ignoti, separato da quello delle notizie di reato riguardanti persone note.
Qualora in seguito alle indagini espletate sia individuata la persona cui il fatto è attribuito, dovrà procedersi a nuova iscrizione nel registro relativo alle persone note, ma dovrà essere indicato il numero del registro di provenienza, così da costituire segnalazione adeguata, per l’autorità giudiziaria procedente, in ordine al riferimento temporale della prima iscrizione.
Registro degli atti non costituenti notizia di reato (modello 45). Da una corretta interpretazione delle disposizioni contenute nell’art. 335, le quali fanno obbligo al P.M. di iscrivere il nome della persona cui il reato è attribuito (comma 1) e di annotare ogni mutamento della qualificazione giuridica del fatto o delle sue circostanze (comma 2), deriva che le informative non costituenti notizia di reato non dovranno essere riportate nel registro delle notizie di reato, bensì in un diverso registro, del tutto autonomo dal primo e non assimilabile all’attuale registro generale “C”.
In esso verranno iscritti, con l’indicazione della data e del contenuto, tutti gli atti ed informative che non debbano essere iscritti nei registri delle notizie di reato relativi a persone note o ignote: tutti gli atti ed informative, cioè, del tutto privi di rilevanza penale (esposti o ricorsi in materia civile o amministrativa; esposti privi di senso, ovvero di contenuto abnorme o assurdo; atti riguardanti eventi accidentali, ecc.).
L’iscrizione dell’informativa pervenuta nell’uno o nell’altro registro dipenderà dalla valutazione che ne dovrà fare il P.M. a norma dell’art. 109 del decreto legislativo 28 luglio 1989 n. 271 (disposizioni di attuazione del c.p.p.).
Nel caso in cui il P.M. ritenga che la notizia, già iscritta nel registro degli atti non costituenti notizia di reato, richieda il compimento di indagini preliminari, prima che queste vengano disposte dovrà essere fatta una nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato, con indicazione (nella colonna 2) della provenienza; correlativamente il passaggio dovrà essere annotato nella colonna 7 del registro degli atti non costituenti notizia di reato.
Ad esempio, la trasmissione all’Ufficio della procura della Repubblica da parte del tribunale di una sentenza dichiarativa di fallimento (che costituisce adempimento imposto dalla legge) verrà annotata nel registro degli atti non costituenti notizia di reato; ove poi dalla lettura della relazione del curatore fallimentare nel frattempo richiesta (che non costituisce attività di indagine preliminare) il P.M. ritenga di ravvisare una ipotesi di reato, verrà disposta la iscrizione nel registro delle notizie di reato.”
La materia è stata successivamente esaminata anche dalla Corte Suprema di Cassazione, la quale, con sentenza delle Sezioni Unite n. 34 del 22 novembre 2000, depositata il 15 gennaio 2001 (recentemente richiamata dalla sentenza della Sez. I n. 42884 del 21 ottobre 2009), ha condiviso le argomentazioni esposte nella succitata nota ministeriale, precisando, nell’occasione, che l’omessa iscrizione nel registro delle notizie di reato (modelli 21 e 44) della notizia già iscritta (impropriamente) nel registro degli atti non costituenti notizia di reato (modello 45) non può tuttavia impedire al pubblico ministero di esercitare ugualmente i poteri attribuitigli dall’ordinamento, quali, nel caso specifico, la presentazione al giudice per le indagini preliminari di una richiesta di archiviazione.
Dalle ispezioni condotte presso gli uffici giudiziari è risultato che l’uso del registro modello 45 in molteplici casi non è in linea con l’impostazione illustrata nella suddetta circolare e più volte sono emerse significative differenze anche nell’ambito di una stessa Procura della Repubblica. L’Ispettorato generale, peraltro, in linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale, ha rappresentato che ciò non comporta di per sé rilievi disciplinari, i quali potrebbero discendere soltanto dalla violazione di regole sostanziali, non già da elementi meramente estrinseci, quali eventuali irregolarità relative al tipo di registro nel quale viene effettuata l’iscrizione, purché siano rispettate le procedure e le garanzie previste dalla legge nei singoli casi.
L’individuazione del registro nel quale procedere all’iscrizione compete, ovviamente, al pubblico ministero, organo destinatario dell’informativa, e costituisce esercizio di attività giudiziaria, non sindacabile in sede amministrativa.
Ribadita la competenza del pubblico ministero nella scelta da compiere al momento della ricezione di una qualsiasi “notizia”, non si può fare a meno di considerare che l’uniformità e l’omogeneità delle scelte metodologiche nell’utilizzazione del registro modello 45 sia auspicabile per consentire un concreto ed efficace controllo amministrativo delle pendenze e delle spese di giustizia oltre che, in particolare, per assicurare correttamente, nel modo più completo possibile, il vaglio giurisdizionale sulla valutazione della “notitia criminis” e sull’esito infruttuoso delle indagini, secondo la previsione dell’art. 112 della Costituzione (in forza del quale devono essere rimesse al giudice le determinazioni in merito all’insussistenza delle condizioni richieste dalla legge per l’esercizio dell’azione penale). Tale vaglio rischierebbe di essere eluso in caso di impropria archiviazione diretta degli atti.
Sul piano generale va altresì aggiunto che non appare opportuno svolgere accertamenti e compiere atti che comportino l’impegno di somme di denaro da iscrivere nel registro delle spese pagate dall’erario (art. 161, lett. a), D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, contenente il T.U. delle spese di giustizia, comunemente ed impropriamente detto mod. 12, secondo la denominazione riportata nella tariffa penale approvata con R.D. 23.12.1865) a seguito di iscrizione di notizie nel registro modello 45, poiché con tale iscrizione implicitamente dette notizie vengono considerate dal pubblico ministero rappresentative di fatti penalmente non rilevanti (sebbene l’iscrizione irregolare non sia causa di responsabilità contabile, trattandosi di spese che comunque il pubblico ministero è legittimato ad ordinare).
L’intera impostazione interpretativa della citata circolare del 1989, pertanto, mantiene piena e sicura validità, essendo indubitabile che il registro degli atti non costituenti notizia di reato sia stato destinato dal legislatore all’iscrizione delle sole notizie prive – almeno nel momento in cui si procede all’iscrizione stessa – di qualsiasi rilevanza penale e non meritevoli di alcun approfondimento investigativo, poiché attinenti a fatti che, seppure rispondenti al vero, non sono riconducibili in astratto ad alcun illecito penale (ad esempio, l’esposto dell’automobilista che si dolga del verbale di infrazione al codice della strada contestatogli dal vigile urbano) e non anche alle notizie che descrivono condotte sussumibili sotto fattispecie criminose, anche quando appaiono prima facie palesemente infondate nel merito (proseguendo nell’esempio, l’esposto dell’automobilista che, sia pure pretestuosamente, contesti il verbale di infrazione al codice della strada del vigile urbano, assumendo che sia stato commesso un falso o un abuso di ufficio).
Con riferimento a taluni profili problematici maggiormente ricorrenti, si ritiene utile svolgere di seguito alcune brevi considerazioni, ai fini di interesse e diretta competenza del Ministero della Giustizia, tenendo peraltro sempre presente che le questioni attinenti all’applicazione e all’interpretazione di norme processuali sono rimesse in via esclusiva alle valutazioni dei magistrati procedenti e sono sindacabili soltanto con gli ordinari controlli procedurali, di merito e di legittimità.
Perquisizioni di iniziativa con esito negativo
Ogni determinazione non potrà che fondarsi sulla situazione di fatto rappresentata al magistrato inquirente, indipendentemente dalle considerazioni eventualmente espresse dagli operanti. È principio consolidato, infatti, che la qualificazione giuridica dei fatti rappresentati nell’informativa costituisce prerogativa dell’autorità giudiziaria. Ne deriva che il registro nel quale effettuare l’iscrizione deve essere individuato in rapporto al fatto storico descritto dagli operanti e che non può determinare condizionamenti la forma dell’atto compiuto d’iniziativa (è chiaro, infatti, che anche una perquisizione eseguita ai sensi dell’art. 352 c.p.p. potrà comportare l’iscrizione della successiva comunicazione nel registro modello 45 laddove l’apparente flagranza di reato che aveva legittimato – secondo un giudizio ex ante – l’attivazione dei poteri di iniziativa della polizia giudiziaria sia stata invece ricondotta ad una fattispecie non rilevante penalmente).
L’esito negativo della perquisizione di iniziativa dalla polizia giudiziaria potrà, quindi, indurre ad iscrivere la notizia nel registro modello 45, salvo che vengano rappresentate circostanze ulteriori che depongano per la possibile sussistenza di un fatto di rilievo penale (pur in mancanza del materiale rinvenimento di tracce del reato). L’esito positivo della perquisizione, invece, comporterà necessariamente l’iscrizione nel registro delle notizie di reato (modello 21 o modello 44, a seconda che si debba procedere nei confronti del perquisito o di terzi non identificati; così, ad esempio, nel caso non infrequente di rinvenimento e sequestro di sostanza stupefacente detenuta per uso personale, ceduta illecitamente al possessore da ignoti). In tali ipotesi, infatti, occorrerà assicurare il controllo giurisdizionale sull’eventuale richiesta di archiviazione del procedimento, consentendo al giudice di adottare i provvedimenti di sua competenza in ordine alla restituzione, confisca o distruzione di quanto sequestrato.
Referti medici
Anche in questo caso sembra opportuno iscrivere la notizia nel registro modello 45 solo quando dalla documentazione trasmessa non emergano ipotesi di reato doloso o colposo suscettibili di ulteriori approfondimenti. Diversamente, la notizia sarà iscrivibile nei registri modello 21 o modello 44.
Attività diretta a prendere notizia dei reati
A norma dell’art. 330 c.p.p., il pubblico ministero prende notizia dei reati anche direttamente: ciò in esecuzione dei compiti attribuiti dall’art. 73 R.D. 12/1941, anche a seguito di attività dirette dallo stesso pubblico ministero a verificare l’esistenza di comportamenti illeciti. E’ evidente, peraltro, che in tale ultimo caso gli accertamenti devono necessariamente essere determinati da un motivo di sospetto in relazione ad un qualche fenomeno che induca l’organo inquirente ad attivare i suoi poteri di vigilanza sull’osservanza delle leggi (così, ad esempio, nel caso di richiesta preventiva di trasmissione alla Procura della Repubblica di tutte le notizie relative a malattie astrattamente riconducibili ad una possibile origine professionale). Fuori da queste ipotesi, infatti, residuerebbero attività di cd. “monitoraggio”, che non appaiono di competenza del potere giudiziario, o mere conoscenze occasionali, estranee all’esercizio delle funzioni, di fatti potenzialmente rilevanti sotto il profilo penale, espressamente disciplinate dall’art. 70, comma 5, dell’Ordinamento giudiziario.
Sulla base di tali considerazioni, si ritiene che le iniziative prese ai sensi del citato art. 73 vadano adottate nell’ambito di un procedimento iscritto nel registro delle notizie di reato (modello 21 o modello 44) in relazione ai reati di cui viene ventilata la possibile sussistenza. In tal modo, infatti, non soltanto l’attivazione dei poteri investigativi sarà ricondotta nell’alveo naturale delle indagini preliminari, ma verrà, altresì, assicurato l’esercizio dei poteri di controllo del giudice sia in ordine alla rilevanza penale dei fatti accertati sia sull’eventuale necessità di altre indagini. Né si ravvisano ragioni contrarie rispetto ad una scelta che sotto il profilo procedurale appare la più trasparente e garantista.
Specificazione della notizia non sufficientemente circostanziata
Questa situazione si verifica in presenza di accadimenti non ancora suscettibili di un univoco inquadramento: si pensi ai casi della scomparsa di una persona o del suicidio.
In coerenza con l’impostazione sin qui adottata, si deve ritenere che, ove non ricorra alcun elemento da cui desumere la sussistenza di un reato, si possa ben procedere all’iscrizione nel registro degli atti non costituenti notizia di reato (modello 45), senza, peraltro, che venga successivamente posta in essere alcuna attività in ragione dell’irrilevanza penale del fatto, salvi, comunque, notizie e sviluppi comunicati successivamente, anche dietro richiesta del pubblico ministero.
In tutte le ipotesi in cui ricorra, invece, il sospetto che sia stato commesso un fatto criminoso si dovrà previamente iscrivere la notizia nel registro delle notizie di reato (modello 21 o modello 44) e procedere con le forme ordinarie delle indagini preliminari.
Anche in questo caso non si può fare a meno di rilevare come la linea interpretativa prospettata appaia la più aderente all’impianto normativo e alla sua ratio.
Si ritiene di dover esprimere, infine, la contrarietà rispetto a talune prassi e modalità operative invalse in alcuni uffici giudiziari, che si traducono in un utilizzo obiettivamente improprio e non consentito del registro modello 45.
Risulta, in primo luogo, evidente che non si possa iscrivere nel registro degli atti non costituenti reato (modello 45) un’informativa con la quale viene riferito un fatto che integra inequivocabilmente un reato, neppure nel caso in cui – con riguardo ai delitti indicati all’art. 51 c.p.p. – si intenda accentrare presso la sede distrettuale le notizie relative a fatti-reato non di competenza di quest’ultima sede, ma ritenute rilevanti ai fini dell’individuazione di fenomeni criminali.
Per assicurare il necessario coordinamento investigativo e l’utile flusso di informazioni, con riguardo sia ai reati comuni sia a quelli di criminalità organizzata, potrà farsi ricorso alle normali procedure previste dagli artt. 371 e 371 bis c.p.p., fatta salva la possibilità per ogni singolo ufficio di catalogare i documenti non collegati a procedimenti pendenti istituendo un registro sussidiario, a norma dell’art. 2 del Regolamento per l’esecuzione del codice di procedura penale approvato con D.M. 334/1989.
Parimenti non sembra conforme alla normativa vigente la pratica, talora invalsa, di impartire disposizioni alla polizia giudiziaria affinché non vengano trasmesse informative concernenti ipotesi di reato perseguibili a querela, ove questa non sia stata presentata (così, ad esempio, nel caso di referti medici attestanti lesioni personali originate dalla condotta dolosa o colposa di un terzo).
Premesso, infatti, che le forze di polizia hanno l’obbligo di riferire all’Autorità Giudiziaria ogni notizia di reato, indipendentemente dall’eventuale mancanza di una condizione di procedibilità, la prassi suindicata presenta il duplice effetto di impedire al pubblico ministero l’esercizio delle proprie prerogative in ordine alla qualificazione giuridica del fatto e di sottrarre al giudice il controllo sull’effettiva sussistenza dei presupposti per il mancato esercizio dell’azione penale – compresi quelli relativi alla mancanza di condizioni di procedibilità – controllo, altresì, non sempre agevole, potendo riguardare molti e complessi fattori (termini di proposizione della querela, determinazione delle circostanze aggravanti, ecc.).
Si pregano le SS.LL. di portare la presente nota a conoscenza degli uffici inquirenti dei rispettivi distretti.
IL DIRETTORE GENERALE
Luigi Frunzi
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