Antonino Polino, memoria storica della contrada Baracche, “colpisce ancora”.
Era “l’anno domini 1963” e i miei anni erano 5 in una classe dove un’unica insegnate faceva e faceva bene I°, II° III°. IV° e V°. Il Nostro “alza il tiro”, se così si può scherzosamente dire e tira fuori dal “cilindro dei ricordi” un treno o meglio sarebbe dire un “3no”.
Antonino Polino, memoria storica della contrada Baracche, “colpisce ancora”.
La sua biro schietta, ironica, incisiva, bagnata nell’inchiostro della storia paesana, puntualmente, grazie ai social, fa rivivere il chi eravamo e come eravamo. E così dopo gli arguti “resoconti” su come si viveva negli anni 50/70 in una realtà di periferia come era la “Via Nazionale” (un nome, quasi un vezzo da mettere come mittente nelle missive al posto della meno blasonata Contrada Baracche- che poi “c’est la mème chose” – noblesse oblige- come per il mittente), Il Nostro “alza il tiro” ,se così si può scherzosamente dire e tira fuori dal “cilindro dei ricordi” un treno o meglio sarebbe dire un “3no”, uno di quelli che, non viaggiando sui consueti binari è, o meglio fu, in grado di risalire la Statale per Randazzo e fare tappa proprio nella Contrada Baracche, anzi per la precisione nella sua scuola elementare e poco conta se la stessa fosse ospitata proprio a ridosso di una curva a gomito. I bambini, si sa, tutto possono. Era “l’anno domini 1963” e i miei anni erano 5 in una classe dove un’unica insegnate faceva e faceva bene I°, II° III°. IV° e V°. La fermata fu breve ma pregnante e il ricordo restò indelebile grazie anche alla “Maestra Gennina” – così la chiamavamo noi studenti- mamma di Antonino Polino.
Si potrebbe portare il discorso alla lunga, fare un sunto o altro ancora ma lasciamo che a parlare sia lo stesso autore: “Ti racconto una storia vera. Mia madre mi raccontò che aveva spiegato ai bambini di prima come si scrive il suono TRI TRE TRA ecc. Il giorno seguente interroga sull’argomento un fanciullo sveglio e lo invita a scrivere alla lavagna la parolina TRENO. Il fanciullo non si perde d’animo e scrive: 3no.
Apprese dagli altri alunni che quel bambino, il giorno prima era assente e non aveva quindi assistito alla lezione.
QUEL BAMBINO ERI TU. COMPLIMENTI avevi inventato come si risolvono i rebus.” Dove il tu è riferito a chi scrive.
Chiedo Licenza A Nino e aggiungo: “Si fa di Necessità virtu” o, come si dice oggi, si accrocca o, per dirla tutta quel mio stramaledetto vizio di prendere il gesso e correre non appena la maestra diceva “Chi viene alla lavagna”. Un grazie a Nino però ci sta tutto.
Enzo Caputo