Questo il senso dell’appello lanciato da Marco Vallora dalle colonne del quotidiano La Stampa, con un titolo inequivocabile: Chi ha ancora paura di Céline?.
Vallora parte dal dato di fatto che il cinquantenario della morte dello scrittore (luglio 2011) è stato del tutto ignorato. In Italia e ancor di più in Francia.
Ostracismo dell’editoria “etica” che pretenderebbe di educare i lettori alle buone pagine, facendo passare sotto silenzio le pagine cattive, anche quando di mezzo c’è un genio come Céline, ammirato e anche troppo imitato per il suo capolavoro Viaggio al termine della notte.
Ma l’editoria “etica”, protesa a stilare cataloghi pedagogici, non fa i conti con troppe contraddizioni.
«Ci si chiede se sia possibile – scrive Vallario – tollerare ancora questa schizofrenia, molto cara ai céliniani, che adorano le intemperie stilistiche del loro dio-sperimentale, però non condividono, anzi detestano le sue idee».
Un letterato non si prende a pezzetti.
O tutto o niente.
Sia come sia Bagatelle resta introvabile: nel 1981 la casa editrice Guanda lo diede alle stampe ma poi dovette ritirare le copie per volontà della vedova Lucette Almansor.
Sul caso ha riacceso di recente i riflettori un libro di Riccardo De Benedetti, Céline e il caso delle “Bagatelle” (Medusa) in cui l’interrogativo viene posto con chiarezza: «Perché non è possibile leggere le Bagatelles?
Oggi. Di che natura è questa impossibilità?
È davvero solo una faccenda giuridica?
È forse morale?
O solo letteraria?
Di che natura è l’embargo che graverebbe su scritture come quella di Céline, che ci impediscono la rassicurante coincidenza tra verità del discorso morale e verità della storia così come essa si è imposta all’esperienza e alla valutzione dei contemporanei?». Interrogativi più che legittimi ma anch’essi colpiti da ostracismo, al punto che il libro di De Benedetti, presentato a Milano, ha creato più di una polemica per il patrocinio prima offerto dal Comune e poi prontamente ritirato per non turbare i vigilantes dell’antifascismo.
Domande lecite, quelle di Riccardo De Benedetti, senza bisogno che si scatenino pregiudizi antichi, perché la proibizione, in ambito culturale, produce non la distanza ma l’affetto degli esaltati. E perché mai si dovrebbe regalare Céline a qualche sito di fanatici neonazi? E poi quelle pagine sono ancora così pericolose o, alla luce della maturazione delle coscienze, risulterebbero grottesche? Se lo chiede anche Vallora, con fiducia in un pubblico adulto e vaccinato ormai contro gli orrori del Novecento. Si domanda se siano ancora così pericolosi certi libri o se non potrebbe accadere che, letti davvero, «risultassero inequivocabilmente così deliranti e maniacali, da scoprirli meno efficaci e dolosi di quanto non si sospetta».
Interrogativi legittimi a proposito di un libro che anche negli anni Trenta, quando arrivò in Italia, fu pesantemente censurato, per il linguaggio osceno e «per i tanti insulti che coinvolgevano Mussolini come Marx».
Valerio Goletti