Nel paese nebroideo la statua del Cristo Signore della Montagna diventa simbolo di pace e amicizia fra la Marina Militare americana e il popolo italiano.
Sono passati 14 anni da quando avevano provveduto alla sua posa, ma il Cristo Signore della Montagna di Cesarò, una statua bronzea di 7 metri di altezza e 5 metri di apertura alare che sovrasta il paese dall’alto di una roccia, è ancora li, irremovibile, dove, giovedì 19 agosto, i militari di Sigonella lo hanno rivisto abbracciare e proteggere il paese.
L’immagine ricorda quella di Rio de Janeiro, ma siamo in Sicilia, sui Nebrodi. La Giunta Municipale di Cesarò, nel 1986, con l’allora sindaco Calaciura, aveva ideato e deciso: poggiare una statua del Cristo sulla sommità della roccia chiamata ‘Pizzipiturro’ con le braccia aperte e i capelli al vento, affinchè cingesse dall’alto la comunità.
L’impresa era assai ardua. La statua del Cristo infatti, scolpita da Mario Termini, venne creata in un sol blocco e il suo peso, quasi 4500 chilogrammi, era impossibile da sostenere per la collocazione sulla roccia.
In attesa di una soluzione, il Cristo sostò per due anni nella parte Nord del paese, in un luogo quasi nascosto, fino a quando, durante l’amministrazione Brancatelli, nel 1996, la base militare di Sigonella N.A.S. 1 non venne in aiuto di Cesarò.
Un elicottero militare era l’unico mezzo atto a reggere quell’enorme peso e trasferire la statua presso il luogo della sua ‘innata’ residenza, così gli uomini di stanza a Sigonella provarono e riprovarono, tenendo con il fiato sospeso gli abitanti di Cesarò, che inseguivano ipnotizzati la statua dondolante nel cielo, sorretta al di sotto delle braccia da due corde robuste che la legavano all’elicottero militare.
Tutto avvenne esattamente un 19 Agosto. Da quel giorno, ogni anno, tutti gli abitanti di Cesarò, insieme alle autorità militari, civili e religiose locali, a una lunga sfilata di cavalli, majorette, e accompagnati dalla banda musicale, si recano in processione al Pizzipiturro, in onore del Cristo.
Anche giovedì si è rinnovata la tradizione con la manifestazione cui erano presenti i sindaci di Cesarò e San Teodoro, Antonio Caputo e Salvatore Agliozzo; l’onorevole Catalano; il vescovo Giuseppe Leanza (nunzio apostolico originario del paese nebroideo); padre Nunzio Vasta, (parroco di Cesarò); il comandante provinciale dei carabinieri di Messina, colonello Maurizio Detalmo Mezzavilla e il capitano Michele Laghi, comandante della compagnia di Santo Stefano di Camastra.
E una gradita novità: erano nuovamente presenti loro, i rappresentanti degli autori del miracolo di quattordici anni fa, il capitano di fregata e comandante della Stazione di telecomunicazioni della N.A.S di Sigonella Bruce Black; il capitano di fregata e responsabile del reparto gruppo Volo E.T.D. Andy Wegman; il sacerdote della Marina Usa, Don Alfonso Concia e tanti altri ufficiali statunitensi.
“Ricordo che negli anni immediatamente successivi alla posa della statua, la loro era una presenza costante”. Sono le parole del primo cittadino, Antonio Caputo, che saluta e ringrazia gli ospiti: “Spesso – ricorda il sindaco Caputo – sentivamo sorvolare il cielo di Cesarò dai Blak Stallion americani. I militari infatti, durante i loro voli di addestramento, trovavano occasione per venire a salutare la comunità cesarese e il Cristo. Probabilmente per loro quel simbolo religioso stava divenendo segno di protezione cui affidarsi durante le loro delicate missioni. Il gemellaggio fra il paese e la base di Sigonella era stato stabilito dunque da un Cristo comune”.
Ma quei rapporti di amicizia furono improvvisamente interrotti per tanti anni. Giovedi i militari statunitensi sono di nuovo ritornati, accogliendo finalmente le richieste e i calorosi inviti dell’attuale sindaco. I rapporti di amicizia sono ripresi, sugellati proprio dalla visita dei soldati.
“Sono molto onorato – ha subito detto il comandante Bruce Black durante la cena di ringraziamento al ristorante Mazzurco – di essere qui a rappresentare il comandante della N.A.S Sigonella, capitano di vascello Scott Buttler”
“Guardando la statua che c’è dietro di me – ha continuato il capitano – mi ricordo quanto è importante il rapporto di amicizia tra la Marina Militare americana e il popolo italiano. Ci auguriamo – ha concluso Black- che il rapporto di amicizia possa continuare nel tempo”
Il Cristo dunque, emblema massimo di religione, di protezione e fratellanza, posto su un paese che conta poco più di 3000 abitanti, diviene simbolo di pace, di amicizia tra il popolo italiano e la Marina americana. E a chi sembrasse inusuale immaginare un militare, solitamente visto come un combattente per mestiere, che diviene portatore di un simbolo religioso, ecco la risposta di Andy Wegmann. “La guerra – dice – è l’ultima risorsa della diplomazia, in realtà il fine ultimo dei militari è quello di portare la pace”
Dello stesso parere è anche il luogotenente Tom Barray, che esemplifica riconducendoci per un attimo alle missioni, anch’esse mestiere dei militari, successive ai disastri aerei, ai terremoti, agli tzunami, alla guerra stessa. Per i militari dunque, non solo spirito patriottico, ricordato durante la manifestazione a suon di inni intonati dal corpo bandistico locale, ma anche religioso.
Lo si legge negli occhi del parroco don Alfonso Concia che ci informa sui numeri di fede e religione all’interno della base Sigonella. Il 30% dei soldati di Sigonella è cristiano cattolico, un’altra alta percentuale è costituita da protestanti. Sono inoltre presenti piccoli e variegati gruppi di ebrei e rabbini.
E per chi ha fede e ci crede, per i soldati di Sigonella il Cristo Signore della Montagna potrebbe tornare a rappresentare un momento di affidamento religioso, un simbolo comune tra Cesarò e la Base militare, dove ancora, come ci ricorda il sindaco, appesa a una parete vi è la foto del Pizzipiturro con il Cristo Signore della Montagna.