CLAUDIA DE ROSA – “Disegno e creo i miei Pin-Up Gioielli nella speranza di riuscire a soddisfare il bisogno di libertà e d’espressione di chiunque li indosserà”
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CLAUDIA DE ROSA – “Disegno e creo i miei Pin-Up Gioielli nella speranza di riuscire a soddisfare il bisogno di libertà e d’espressione di chiunque li indosserà”

Intervista realizzata da Giulia Quaranta Provenzano

Oggi la blogger Giulia Quaranta Provenzano ci propone l’intervista alla fondatrice e designer di PIN-UP Gioielli [clicca qui https://pinupgioielliofficial.com/ per accedere al sito Internet]. La stessa Claudia De Rosa è infatti anche creatrice dei luxury bijoux di ispirazione rockabilly e dei tanti gioielli calamita componibili in sole tre mosse e tutti personalizzabili a prova di versatilità, eleganza e sostenibilità per splendere in modo consapevole!

Buongiorno Claudia! Tu sei la proprietaria e designer di PIN-UP Gioielli, dunque mi sorge spontaneo chiederti subito qual è stato ed è il cosiddetto motore interiore che ti ha portata a volerti impegnare di professione nel mondo dei gioielli appunto e com’è nato il nome del tuo brand indipendente [clicca qui https://instagram.com/pinupgioielli?igshid=YmMyMTA2M2Y= per accedere al profilo IG]. “Buongiorno a te, Giulia… e grazie per questa chiacchierata! Ho quarantasei anni e sono nata in una piccola cittadina sul mare, Albissola, in provincia di Savona. A ventiquattro anni, dopo gli studi in Farmacia, decisi di partire per Cork per fare una breve esperienza post laurea di sei mesi così da imparare l’inglese. Ho lavorato per il call center della British Airways, ci sono rimasta dodici anni e in Irlanda ho avuto la mia prima figlia. Ho inoltre conseguito il diploma universitario in medicina omeopatica quando qui in Italia si iniziava solo a parlarne e pochi sapevano che cosa fosse. Una volta diventata docente all’Università irlandese presso la quale mi sono diplomata, ho cominciato a girare il mondo per partecipare a conferenze e presentare lavori di ricerca proprio in lingua inglese, appunto. Avevo realizzato il mio sogno e vivevo all’estero con due figli, crescendoli come mamma single. Viaggiavo in tanti Paesi e ogni giorno era una scoperta di persone e tradizioni. I bambini però, a un certo punto, sono cresciuti e ho sentito il bisogno di dare loro più stabilità soprattutto dal punto di vista scolastico. Sono dunque tornata ad Albissola, dove ho potuto proseguire il lavoro di formatrice e organizzatrice di eventi medico-scientifici. Lavorare in un settore scientifico non significa rigidità mentale, concretezza e assoluta serietà. La formazione e specialmente realizzare dei concept per gli eventi richiede difatti una grandissima creatività. Io l’ho sempre avuta evidentemente. La parte di pianificazione, strategie marketing e commerciale sono sempre state idonee alle mie capacità, in linea con quelle che sono le mie grandi qualità… e le ho perfezionate nel tempo, senza quasi capire dove mi stesse portando la vita. Dopo cinque anni in Liguria ho ricominciato ad avere addosso quel solletico che mi faceva tenere sempre pronta la valigia sotto il letto e pertanto, rispondendo positivamente a una proposta di lavoro a Firenze, mi ci sono trasferita con i miei figli ormai adolescenti. Vivere lì ha amplificato la mia anima creativa. Per andare al lavoro guidavo ogni mattina attraversando Piazzale Michelangelo, circondata da sculture che sono un vero e proprio museo a cielo aperto ma non solo… i meravigliosi i profumi che vi sono nel capoluogo della Toscana e ascoltare la gente parlare con quella “-c” trascinata mi dava l’impressione di vivere in un film di Leonardo Pieraccioni. E poi quale straordinaria multiculturalità vi è! A Firenze ho trovato “casa” e un nuovo amore! Grazie alla mia professione di organizzatrice di eventi ho conosciuto il gruppo dandy di Arezzo e anche realtà legate alla pop-art e al mondo vintage, insomma quelle che sono mie passioni di una vita, passioni che hanno trovato la loro espressione. É stato nel periodo del lockdown che ho esordito nel dare alla luce le mie prime creazioni, senza un disegno preciso bensì soltanto guidata dall’ispirazione e con materiali di riciclo che scovavo in casa quali vecchi bijoux, catene per borse, rete tubolare usata per fasciare gli alimenti. Data la pandemia, con tanto tempo a disposizione, ho preso a leggere e a formarmi nonché a mettere in pratica e a sperimentare nuove tecniche. In un settore formale come quello scientifico e universitario ho sempre dovuto indossare abiti rigorosi e poco “appariscenti”. In realtà, in modo molto sobrio, il mio lato creativo riusciva comunque a emergere grazie agli accessori. Sono un’amante dei gioielli statement e, portando un anello vistoso oppure un paio di orecchini pendenti o una collana o ancora un bracciale importante, riuscivo a smorzare immancabilmente la serietà dei miei outfit – guadagnandomi l’appellativo di “donna elegantemente stravagante”, di “la milanese”, da parte delle mie colleghe. Al rientro in ufficio successivamente al lockdown ho cominciato a indossare le mie creazioni, che hanno subito destato grande interesse. Non immaginavo tuttavia che esse sarebbero potute divenire per me un lavoro, figuriamoci un vero e proprio progetto imprenditoriale… È successo durante la gravidanza della mia terza figlia e la protratta condizione di crisi nel settore degli eventi che ho deciso di fare un passo in più e creare e realizzare il mio piccolo brand indipendente, PIN-UP Gioielli”.   

Da piccola e poi durante l’adolescenza, a cosa immaginavi di dedicarti “da grande” e che bambina sei stata? Hai, inoltre, idea che si nasca quale  “tabula rasa” o no e che l’ambiente della propria infanzia e i primi input che si ricevono in qualche modo e misura influiscano o meno – per aderenza o per antitesi – nella scelta del proprio percorso e per quello che riguarda la propria personalità? “Fin da piccola, anche per carattere, sono sempre stata affascinata dal “viaggio” e dalla scoperta. Provavo e provo curiosità verso tutto quello che è “diverso”. Solo ora, da adulta, mi rendo conto di quanto io sia stata anticonvenzionale fin da bambina. Le mie amiche volevano il Cicciobello biondo, io volevo quello di colore. Le mie amiche volevano fare la mamma o il medico, io volevo fare l’hostess d’aereo e vivere all’estero. Le mie amiche ascoltavano musica pop e io preferivo il blues, il jazz e il gospel. Loro sceglievano danza classica e io imparavo afrodanza e flamenco. Ho tre figli di età diverse, con un vissuto diverso, concepiti in luoghi geografici diversi e soprattutto caratterialmente diversi tra loro. Da parte mia ricevono tutti e tre lo stesso tipo di educazione, ma ognuno di loro recepisce i miei input in modo differente. Sono convinta che la famiglia possa fornire strumenti eppure che siamo noi figli che poi, in base alla nostra personalità, scegliamo di quali strumenti fare tesoro …e spesso questo processo di scelta avviene inconsapevolmente. Da bambina e da adolescente io sapevo solamente che avrei voluto viaggiare e vivere all’estero, parlare almeno una lingua straniera, fare la mamma ed essere imprenditrice di me stessa. Sono arrivata a raggiungere i miei obiettivi e i miei traguardi perché l’ho voluto con grande determinazione e tanto sacrificio e spesso neppure mi sono resa conto dove la vita mi stesse portando. Ho scelto la facoltà di Farmacia non perché sognassi di fare la farmacista o di lavorare in ambito farmaceutico, bensì perché i miei genitori volevano che mi laureassi e l’università doveva essere a Genova per comodità logistica. Nel frattempo pianificavo viaggi, cucivo e modificavo i miei vestiti, dipingevo quadri astratti e creavo bijoux con filo e uncinetto. Quello che sto tentando di trasmettere ai miei figli è che con passione, impegno e determinazione tutti noi possiamo realizzare i nostri sogni e trasformarli in opportunità di lavoro. Una filosofia molto diffusa nei paesi anglosassoni è che le nostre esistenze siano in continua evoluzione e la cosa bella è che siamo liberi di scegliere e di cambiare, sempre! Purtroppo in Italia un po’ per tradizione e un po’ per condizione politica, sociale ed economica ciò non è così scontato ed è un peccato soprattutto per i giovani”.   

Nell’imparare a conoscersi e nel comprendere cosa si vuole fare-essere-avere, la propria specificità in che relazione sta – almeno per ciò che ti concerne – con la socialità e con l’aggregazione, con la vita sociale? E l’ampia e profonda diversità d’approccio all’esistere e nel come vivere rispetto alla maggioranza a cosa ti pare, o almeno supponi, che porti e comporti? “Mi piace moltissimo questa domanda perché apre una finestra su tematiche molto attuali, quali l’utilizzo e/o abuso dei social. Sono nata negli Anni ’70, faccio parte di quella generazione che per stare con gli amici era sufficiente che ci si incontrasse casualmente al muretto della piazza rionale. Non ci telefonavamo e non ci “parlavamo” scrivendoci su WhatsApp, ma ci guardavamo negli occhi. Uscivamo di casa al pomeriggio, dopo aver fatto i compiti, senza un’idea precisa di cosa combinare bensì soltanto con la voglia di trascorrere del tempo assieme per condividere i nostri drammi adolescenziali che, all’epoca, ci sembravano questioni di vita o di morte. Si costruivano rapporti veri, compartecipi di momenti in carne e ossa. Erano, quelle della mia epoca, amicizie e non conoscenze …E veniva premiato l’essere se stessi, l’artificialità non era considerata interessante. Negli anni, con l’arrivo degli smartphone e dei social network, tutto questo si è trasformato e credo che adesso sia molto difficile costruire rapporti autentici… O meglio, ne sentiamo tutti il desiderio ma è divenuto assai complicato instaurarli. Una delle mie grandi difficoltà di comunicazione proprio sui social sta per esempio, nonostante ventitre anni di esperienza professionale nel marketing e nel commerciale, nel riuscire a trasmettere emozioni e sentimenti attraverso una foto e una caption o rispondendo a un commento di qualcuno del quale non conosco neppure la faccia. È diventato facilissimo fraintendere e giudicare. Quando scrivo un contenuto per le mie pagine social o per il mio blog cerco di informare, di innescare curiosità e in primis vorrei riuscire a coinvolgere la mia community. Ecco quindi che chiede spesso di condividere ciascuno le proprie esperienze. Sono infatti dell’avviso che quando si parla di comunicazione, così come nella vita di tutti i giorni, due siano gli elementi imprescindibili ossia l’ascolto e il rispetto”. 

Cosa rappresenta per te la bellezza, la moda, l’arte più in generale e quale ritiene che sia il loro principale pregio e potere? È, questa, una domanda alla quale non è facile dare una risposta univoca. A mio parere non esiste una sola bellezza, esiste quello che la bellezza riesce a suscitare. Esistono le sensazioni, esistono i sentimenti, esistono gli individui ed esiste quell’attimo in cui vedi l’insieme …in cui sei presente e ti senti parte di qualcosa. Ognuno di noi vive il proprio concetto e la propria definizione di bellezza, di arte e di moda… l’elemento fondamentale è sempre l’emozione. La bellezza per me è la capacità che hanno le persone, le storie di incuriosire e di tenerti inchiodato a loro senza più fiato. Bellezza è stupore e coinvolgimento sensoriale, è quella specie di magia che non capisci bene da dove venga e che però ti resta attaccata al cuore e ai pensieri. Bellezza è amore per se stessi e per gli altri, è rispetto, è curiosità. Senza un sano amore e rispetto di se stessi non si possono amare e rispettare gli altri esseri viventi. La moda e l’arte sono il contenuto e il contenitore della bellezza e questo è il loro grande potere”.

Quale ruolo ti sembra che giochi e quale ti piacerebbe avesse l’immagine visiva nella società e nel veicolare significati nei più differenti campi e settori dell’esistenza – ad esempio a livello emozionale, d’impegno verso un qual certo “quid”, psicologici a riguardo di sé e di coloro con i quali ci si interfaccia? In una società in cui purtroppo apparire sta diventando esageratamente fondamentale, il ritorno a certi valori del passato sarebbe auspicabile. Il desio di farsi vedere è strettamente legato al bisogno di sentirsi “veri”, di sentirsi desiderati, di sentirsi voluti. Si preferisce apparire appunto – piuttosto che “essere” – e, paradossalmente, invece di differenziarci tendiamo a uniformarci. L’elemento che distingue il concept del mio brand rispetto ad altri è la versatilità. Disegno e creo i miei bijoux pensando di poter soddisfare il bisogno di libertà e di espressione di chiunque li indosserà. Quando quindi vedo indossare le mie creazioni in modo personale, non sempre come io le propongo o le interpreto nelle foto o nei social, percepisco proprio quel senso di libertà che mi fa capire di aver raggiunto il mio obbiettivo. La libertà di espressione e di essere se stessi è, per PIN-UP Gioielli e per me, la parola chiave. Ogni storia e ogni persona è unica nelle proprie emozioni e per quello che riguarda i propri sogni, a dispetto dei ruoli e dei generi… È dunque e diviene allora la mia, la nostra, una celebrazione dell’umanità”.

Tu sei dell’avviso che gli accessori abbiano o non abbiano un genere? Ti domando ossia se, quando progetti e poi dai alla luce le tue creazioni, hai in mente oppure invece non segui mai talune categorizzazione per l’appunto del genere in base al sesso di nascita.É stato proprio avvicinandomi al mondo dandy che ho avuto la conferma che la bellezza, l’arte e la moda non hanno un genere. La bellezza trova la sua massima espressione nell’eleganza, eleganza che non significa rispettare dei canoni estetici e predefiniti. Essa, l’eleganza per l’appunto, è senza tempo e nasce da dentro, direttamente dall’anima… ed è, solo in ultimo, uno stile esistenziale che culmina nella scelta dell’outfit. Essere elegante è sinonimo di amore incondizionato per se stessi e per la vita, significa rispetto verso gli altri e verso tutto ciò che è diverso da noi, significa tolleranza”. 

I gioielli calamita PIN-UP si possono tutti comporre e personalizzare ma ho comunque una curiosità e cioè quali sono i materiali, i colori, le forme che prediligi e per quale motivo nello specifico. “Tra le mie grandi passioni, che tra l’altro condivido con il mio compagno di vita, c’è il ciclismo su strada. Pedalare su e giù per le colline del Chianti accende la mia vena creativa e l’ispirazione. Non dimenticherò mai il momento in cui, appunto pedalando per una lunga salita, ho avuto l’intuizione dei gioielli calamita… era il 21 gennaio del 2022! Da giorni chiusa in casa, per via del freddo, con la mia piccola di pochi mesi pensavo a un’idea che potesse differenziare e rendere unico PIN-UP Gioielli rispetto agli altri brand. È così che, mentre il mio compagno mi incitava a una maggiore velocità, io pensai <<Che cosa si aspettano le donne da un bijoux? In base a cosa scegliamo un accessorio?>> …e boom! Ecco l’intuizione, ovvero quello che accomuna tutte noi donne è la voglia di sentirci e vederci diverse ogni giorno. Quante volte abbiamo acquistato un anello innamorandoci del castone e poi immaginato come sarebbe stato bello avere quello stesso particolare in una collana o in un paio di orecchini? Sempre pedalando, ho pertanto iniziato a ragionare su come potessi rispondere a questo bisogno comune. Ovviamente, realizzando dei componenti magnetici “attacca e stacca”! Sono tornata a casa, ho disegnato l’idea e acquistato le prime rudimentali calamite per capire se la mia intuizione potesse essere fattibile. Sono nati in tal modo i gioielli calamita. I materiali che utilizzo per realizzarli sono ecosostenibili e cioè calamite ai sali di neodimio, vortici di catene di alluminio riciclato e perle in bio resina epossidica. Per incollare tra loro i vari componenti ho messo a punto una speciale formula sempre di bio resina epossidica, che uso come colla. I colori e le forme che scelgo sono essenziali e semplici, geometrici oserei direi. L’elemento comune a tutte le mie collezioni è comunque la catena che, per me, ha un grande significato e anche un forte richiamo allo stile rockabilly”.       

I ricordi, la sperimentazione e l’osare, il pianificare e l’organizzare, l’istinto e la razionalità quanto sono fondamentali e in che maniera timonano la tua creatività e il tuo lavoro imprenditoriale? “Organizzazione, determinazione e capacità di risolvere i problemi sono le caratteristiche fondamentali che si debbono possedere per realizzare e portare avanti un’attività imprenditoriale di successo. Senza organizzazione e senza pianificazione degli obiettivi, delle strategie e delle attività a breve e a lungo termine è impossibile costruire-sviluppare-consolidare qualsiasi progetto. Senza determinazione poi ci si arrende alla prima difficoltà e senza la capacità di affrontare e trovare soluzioni ai possibili problemi quotidiani prevarrebbe solo la frustrazione. Credo che queste citate componenti siano innate in molti di noi, ma sicuramente possono anche essere acquisite… dipende sempre da quanto realmente è forte il proprio desiderio”.    

L’idea di offrire un’esperienza d’acquisto tramite sito e-commerce dedicato ai tuoi prodotti artigianali realizzati a mano con tanta dedizione e cura, da cosa ti è stata suggerita e con quale speranza nonché intenzione e aspettativa ti sei attivata su codesto fronte? “Ho deciso di lanciare l’e-commerce PIN-UP Gioielli in un periodo storico post pandemico, in cui i contatti sociali erano limitati all’indispensabile e nel quale l’economia mondiale si muoveva quasi esclusivamente online. Avere la possibilità di vendere tramite Internet permette di raggiungere molte persone e di essere presente ovunque nel mondo. Mi piace partecipare a eventi vintage per esporre le mie creazioni e far toccare con mano alla gente il grande potenziale dei gioielli calamita, organizzare occasioni di incontro in store e vernissage per presentare “fisicamente” le collezioni. Tra i miei obiettivi, nei prossimi cinque anni, c’è sicuramente il consolidamento del brand e aprire il mio primo punto vendita fisico”. 

Infine, prima di salutarci, vuoi anticiparci quali sono i tuoi prossimi progetti e magari svelare pure qualche chicca in anteprima? “Ti ringrazio, Giulia, per avermi dato la possibilità di raccontare la mia storia e di descrivere il mio brand. PIN-UP Gioielli è il mio “progetto della vita”, il completamento di un’evoluzione personale e professionale nonché il punto di inizio per tutto ciò che di nuovo l’esistenza vorrà donarmi. Le mie creazioni rispecchiano la mia crescita ed evoluzione interiore. Desidero quindi continuare a creare gioielli calamita sempre più particolari e innovativi e voglio imparare a usare nuovi materiali ecosostenibili. Attualmente sto lavorando a una nuova collezione che ho in mente di chiamare “Liquirizia”, realizzata con materiali di scarto e componenti di riciclo della bicicletta… ovviamente in stile rockabilly e che punto a presentare prima dell’estate. Stay tuned!”. 

27 Gennaio 2023

Autore:

redazione


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