Figura affascinante e di straordinaria forza, la Medea di Euripide è forse il personaggio più coinvolgente che le tragedie greche ci hanno presentato.
La brutale fattualità della vicenda ancora ruba l’attenzione ed il silenzio dei teatri che ospitano un capolavoro dell’antichità.
Medea affascina perché è una donna smarrita nel proprio tempo,piena di passione, preda delle Erinni portatrici di vendetta, assetata d’indipendenza, dotata di una forza straordinaria che le rende impossibile indietreggiare nelle proprie decisioni.
Medea non è solo irrazionalità, quella pecca che più volte Euripide fa uscire, in tono di rimprovero e biasimo, dalle bocche di Giasone e Creonte: è anche tragica consapevolezza delle proprie scelte, dei propri mezzi, della propria sofia , della solitudine di donna “barbara” e abbandonata dal marito alla quale nessuno offrirà ospitalità.
Medea non ha pari nel mondo della tragedia greca: Fedra o Alcesti trasformano la propria sventura in morte e scompaiono dalla scena; Medea, invece, consuma la sua vendetta, rimane fino all’ultimo momento della narrazione e fugge sul carro del Sole.
La sofia di Medea, non è la saggezza che le intima di utilizzare Creonte nel fuggire esule da un luogo ed una società che non la accettano e la rendono oggetto di scherno, ma la sapienza, incompresa in una donna, “che rende la vita difficile perché agli stolti dice cose inutili e ai colti rende invisi”.
Quanto dista la Corinto di Medea, Giasone, Creonte e Glauce da noi?
La tragedia di Euripide, con la sua estrema carica di modernità, rappresenta la difficoltà di un’affermazione piena della donna, che negli anni, ha fatto passi verso la parità in un percorso impervio, troppo spesso concepito solo per il “sesso forte”.
Medea è la concretizzazione delle difficoltà del diverso, sia “barbaro” o donna, a conquistare certezze.
Quante differenze esistono tra la realtà dei teatri greci ed il nostro, se ancora oggi non si dà per scontato il riconoscimento di determinate qualità anche al mondo femminile?
Se ancora oggi non è possibile per le donne conciliare la propria natura di madre con la propria sofia nel mondo del lavoro? Se ancor oggi si baratta il proprio corpo per occupare posti che, in quanto persone alla pari degli uomini, dovrebbero legittimamente spettare anche alle donne?
Medea si libera da tutti i legami “fallocratici”: ogni uomo della sua vita scompare nella sua terribile vendetta.
Medea è la donna che prende pienamente coscienza della propria forza: le sue parole ci palesano il pericolo di rinunciare alla propria individualità per legarsi ad ogni costo ad un legame affettivo che, in una società ancora molto distante dall’emancipazione, rende la donna schiava.
Si tratta, del resto, di quel moderno ed insanabile conflitto tra individuo e società che un grande come Pier Paolo Pasolini ha sapientemente rappresentato nella sua Medea di fine anni ’60, immobile, nel silenzio agghiacciante della propria solitudine di donna.