Interessante “pezzo” pieno di riflessioni e contenuti di Roberto Gammeri. Di sicuro, su questa strada, c’è la luce in fondo al tunnel!
Sono il figlio di una generazione che ha imparato a leggere il mondo sui libri – prima – e sul grande pianeta digitale – poco più tardi.
Sono il nastro inceppato dei sogni di un’altra generazione, meno giovane, madre della grande onda della liberazione dei saperi del secolo scorso.
Sono anche cresciuto su un divano abbastanza comodo sul quale ho avuto la possibilità di annoiarmi, il pomeriggio, collezionando le ragioni per la quali bisognerebbe indignarsi e quelle per le quali, invece, bisognerebbe sorridere.
Sempre lì – comodo sul divano -, ho imparato cosa fosse il bene comune.
Ho percepito la necessità storica delle lotte antimafia, ho stretto il pugno contro ogni singola forma di discriminazione e ho giocato a dadi inventando gli innumerevoli sinonimi della parola “umanità”.
Ancora oggi, se ci penso un attimo, mi meraviglio nel constatare la quantità e la qualità dei discorsi che possono nascere e crescere – seduti su un divano.
Così – oggi – nel vortice dei discorsi senza storia, sappiamo bene da quale parte ci siederemo.
Non abbiamo dubbi sulle posizioni che assumeremo nei confronti di una successione di numeri che affoga in mare, sui valori dell’antifascismo e sui discorsi di genere.
Non abbiamo dubbi perché ci hanno insegnato la razionalità dell’uguaglianza.
Lo ha fatto la maestra delle scuole elementari disegnando nei nostri ricordi l’immagine forte del beneficio del “pensare con la testa”.
Lo ha fatto questo nostro modo di filtrare il linguaggio del mondo nei nostri pensieri, senza esperirlo.
Quell’idea metodica dell’Altro, incastrata anch’essa tra i mille confini della ragione e le infinite frontiere che non abbiamo mai valicato.
Chiediamoci dove sia nato questo nostro bisogno di giustizia. Dov’è, cioè, che siamo diventati così umani nel narrare i valori di un’epoca sorda.
Ci scopriremo amareggiati nel trovarci seduti in catene nella logica del bene e del male, figli dei discorsi che ci siamo raccontati proprio su quel divano li.
Che ci hanno insegnato a leggere il mondo con gli occhi, dimenticandoci del corpo.
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