A margine del convegno dedicato al mare ed alla marineria brolese rientrante nel palisesto di “L’Alive nel paese delle meraviglie”. Pubblichiamo l’intervento della biologa marina Maria Saitta
Chi è:
Maria Saitta è una biologa specializzata in sicurezza alimentare che ha dedicato la sua carriera alla protezione del mare e all’ambiente marino. Dopo aver accumulato preziose esperienze nel campo ittico, le sue competenze si sono estese al settore agroalimentare in generale. Durante i suoi studi, ha acquisito solide basi teoriche e pratiche che le hanno permesso di costruire una solida carriera in grandi aziende alimentari che operano nella Grande Distribuzione Organizzata (GDO), contribuendo alla gestione dei processi, alla comunicazione con le autorità e al lavoro di squadra.
Competenze Professionali Chiave
Tra le competenze professionali di Maria Saitta spicca la sua eccellente conoscenza della normativa alimentare, sia a livello europeo che internazionale. Ha esperienza nella gestione dei processi di certificazione volontaria nel settore alimentare ed è un auditor certificato presso industrie alimentari. Ha condotto campionamenti, soprattutto di acqua, superfici e alimenti, dimostrando competenza pratica nell’esecuzione di analisi biologiche di laboratorio, tra cui analisi microbiologiche, parassitologiche e genetiche, seguite da analisi dei dati.
Un po’ su di lei
La curiosità, l’intraprendenza e la forte passione di Maria per il mare l’hanno sempre spinta a cercare nuovi stimoli e progetti. Dal 2018, è la fondatrice e l’organizzatrice del progetto “Amare il Mare”, sviluppato a Brolo insieme all’associazione AriaFrisca, che mira a sensibilizzare la comunità sull’impatto antropico sui mari e sull’ecosostenibilità in generale. Questa passione per il mare e per la conservazione dell’ambiente marino è evidente non solo nella sua carriera professionale, ma anche nei suoi hobby, tra cui l’attività di subacquea, il trekking, l’arrampicata e l’amore per gli animali.
Educazione e Formazione
Maria Saitta ha un background di istruzione e formazione impressionante:
Maria Saitta, di fatto può considerarsi una brolese verace, che oggi vive a Casalecchio Di Reno, è una professionista appassionata e altamente qualificata con un profondo impegno per la sicurezza alimentare e la conservazione del mare. La sua dedizione alla protezione dell’ambiente marino e alla sensibilizzazione della comunità è evidente sia nella sua carriera che nei suoi progetti personali. La sua esperienza, educazione e competenze la rendono una figura di spicco nel campo della sicurezza alimentare e della ricerca marina
il suo intervento a Brolo nel corso del convegno
Nel quadro di una gestione sostenibile delle risorse alieutiche del Mediterraneo si sta cercando di porre sempre maggiore attenzione ai prodotti ittici meno considerati, il cosiddetto “pesce povero”. Tra i pesci poveri più conosciuti abbiamo gli sgombri, le alici, le sardine, le mormore e i saraghi. Altri esempi sono la triglia, cefalo, salpa, occhiata, tordi – varie specie – sparaglione, suro o sugarello, sciarrano, alaccia, aguglia, lanzardo, pesce serra, tracina, murena, gallinella.
Al contrario di quanto si possa evincere dall’espressione, il pesce povero ha altissime proprietà nutrizionale, tra i più nutrienti che esista. Oltre ad avere un alto valore nutrizionale, è un pesce ecosostenibile, in quanto, nella stragrande maggioranza dei casi, viene pescato con tecniche a basso impatto ambientale e a basso costo.
Ma quindi perché viene chiamato pesce povero?
L’origine di questo appellativo risale a tempi antichi, quando i pescatori andavano in giro a vendere, anche porta a porta, le rimanenze del mercato. Inoltre, il pesce povero richiede maggiore attenzione in cucina, perché si ossida facilmente. A deteriorarsi sono gli acidi grassi noti come Omega-3, denominati anche essenziali, poiché il corpo umano ne ha bisogno ma non è in grado di sintetizzarli. L’apporto di questi acidi grassi deve venire pertanto dall’alimentazione, ed i prodotti ittici rappresentano di gran lunga la fonte più ricca di Omega 3. Oltre agli Omega-3 è ricco pure di vitamina D, una vitamina che si concentra nello specifico proprio nel grasso dell’olio di pesce.
Ma, oltre da un punto di vista strettamente culinario, come possiamo valorizzare i nostri prodotti ittici?
Il mondo dei consumatori è sempre più attento alla qualità ed origine dei prodotti soprattutto in seguito alla pandemia che ha dato modo di porre più attenzione rispetto a ciò che consumiamo.
Ad oggi esistono centinaia di tipologie di certificazione, che possono essere riferite al sistema di gestione (ad esempio le norme ISO 9000, 14001, 22000), al prodotto e servizio (BRC/IFS, MSC, FOS) e all’origine (IGP, DOP, STG, BIO). I marchi DOP, IGP, STG e la certificazione BIO, indicano alcune caratteristiche specifiche, come l’origine del prodotto o la sostenibilità nella produzione che ne specifica le caratteristiche.
La certificazione IGP (Indicazione Geografica Protetta) indica che la produzione e/o la trasformazione e/o l’elaborazione avvengono in una zona geografica limitata.
Ciò premesso mentre per il prodotto DOP (Denominazione di origine protetta) il legame con il territorio di origine è massimo, poiché tutte le fasi del processo produttivo (produzione, elaborazione e trasformazione) devono essere svolte in un’area geografica delimitata, nel prodotto IGP deve essere garantita anche solo una delle fasi a patto che ne caratterizzi il particolare pregio.
Il marchio STG (Specialità Tradizionale Garantita) tutela a livello comunitario le produzioni agricole o alimentari tradizionali e si riferisce a quei prodotti ottenuti secondo un metodo di produzione tipico tradizionale di una particolare area geografica. Ciò che distingue le STG dalle DOP e dalle IGP è la provenienza geografica: la produzione di STG non deve appartenere a una zona geografica, ma deve solo rispettare un metodo di produzione tipico riconosciuto dal mercato Comunitario da almeno trent’anni.
Tra le certificazioni che vogliono salvaguardare produzioni tradizionali (artigianali) vanno anche ricordati i Presidi Slow Food. Tra questi, vorrei citarvi come esempio il presidio
– Pesca artigianale del golfo di Noli che ha sostituito il presidio del “cicerello di Noli”;
Questo presidio non certifica il pesce in sé stesso, in quanto presente in tutto il Mediterraneo, ma certifica il metodo antico e tradizionale di pesca, che avviene con particolari reti dette sciabiche, reti antichissime la cui origine è probabilmente araba.
Ma quali sono i vantaggi per il PRODUTTORI:
Per il CONSUMATORE le certificazioni di qualità garantiscono la sicurezza del prodotto, maggior fiducia, ma soprattutto certezza sull’origine le qualità organolettiche, l’esaltazione di antichi sapori.
Parlando appunto delle attività di pesca, un altro metodo per valorizzare il prodotto ittico locale sono le attività di pescaturismo ed ittiturismo, dove la prima è strettamente legata all’attività di pesca, mentre la seconda è relativa a tutte le attività connesse al reparto ittico.
Il pescatore, diversificando l’attività prevalente, ha l’opportunità di ottenere un miglioramento del proprio reddito e, contemporaneamente, di promuovere la cultura del mare, valorizzare la tradizione della pesca, per educare al rispetto dell’ambiente e alla salvaguardia delle specie.
Durante la navigazione il pescatore potrà mostrare luoghi caratteristici della costa locale, come grotte, torri, piccoli borghi marinari e raccontarne la storia e le leggende; ai più curiosi potrà spiegare l’uso delle strumentazioni di bordo e mostrare la carta nautica per descrivere l’itinerario che si sta percorrendo.
Il turista ha l’occasione di partecipare da protagonista alle battute di pesca tradizionale, di osservare e scoprire la lunga tradizione e cultura delle attività marinare arricchendo la propria cultura sull’ambiente; gustare il prodotto ittico appena pescato e cucinato sotto i propri occhi; andare in calette nuove ed isolate non raggiungibili via terra.
In un quadro di sostenibilità ed ambiente, vorrei ricordare, per ultimo, ma non per importanza, il progetto Amare il mare, nato, quasi per caso in un pomeriggio del 2019 in cui, insieme a tre amici, stanchi di andare in spiaggia a guardare il NOSTRO mare sporco, ci siamo dati un vero e proprio appuntamento a Marpertuso ed abbiamo raccolto una quantità di spazzatura incredibile, tanto che non entrava neanche nelle macchine.
Questo nostro gesto non è passato inosservato e, felici del riscontro avuto dalla comunità brolese abbiamo deciso di organizzare delle vere e proprie giornate di raccolta rifiuti sulle spiagge brolesi.
All’inizio non abbiamo fatto una classificazione dei rifiuti, ma era ben evidente che quelli maggior mente ritrovati erano gomme di auto, mozziconi di sigarette, cotton fioc e le maledette microplastiche, ovvero minuscoli pezzi di materiale plastico, dalla dimensione che varia da 0,1 mm e 5 mm.
Cosa possiamo fare e cosa abbiamo fatto fino ad ora?
Noi pensiamo che il cambiamento arrivi dalla gente in primis, ed è per questo che cerchiamo sempre SOLUZIONI per rendere le persone consapevoli e parteci in questa lotta all’inquinamento ambientale.
Abbiamo organizzato delle giornate di sensibilizzazione, ma anche cose puramente pratiche come distribuire dei posaceneri tascabili. Grazie al progetto della DEMOCRAZIA PARTECIPATA, abbiamo fatto il BALENO, situato sul lungomare di Brolo, una struttura a forma appunto di balena, “che raccoglie” rifiuti plastici e che durante le giornate di raccolta, serve come “unità di misura” per far vedere quanta plastica abbiamo raccolto.
Sono molti i progetti che si possono attuare a tutela del nostro paesaggio ma anche per valorizzare le nostre risorse e mi piace concludere con una frase a cui tengo molto, che è appunto lo slogan di Amare il mare “Insieme è tutto più facile!”
L’evento
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