Intervista al dottor Giuseppe Cannuni, medico infettivologo messinese
“Chi ricorda d’aver preso l’influenza fuori stagione, tra aprile e maggio? Ebbene, ha contratto il coronavirus…!” Rassicura subito così lo specialista. Ma adesso siamo in presenza di un “nuovo” coronavirus. Per questo abbiamo incontrato il dottor Giuseppe Cannuni, medico infettivologo messinese, che già nel 2014, senza pregiudizi e condizionamenti, ci aveva parlato dell’Ebola. Stavolta affrontiamo il virus che dalla Cina sta “influenzando” il mondo intero nella vita di tutti giorni. E adesso abbiamo anche dei casi reali di contagio in Italia: Lombardia e Veneto, con la morte di un settantottenne nel padovano. Quanto dobbiamo preoccuparci? Il ministro Speranza ha assicurato che l’Italia ha le carte in regola per gestire al meglio la situazione, ma a Messina e provincia possiamo ritenerci sicuri? Dunque, dopo l’Aviaria, la Sars, l’Ebola, che di fatto non hanno lasciato segni nel nostro Paese, cosa occorre per neutralizzare anche il COVID – 19? Ad essere infettivologi ai tempi del coronavirus quale responsabilità si assumono, tenendo conto dell’incredibile incidenza dei social? La parola allo specialista.
Il dottor Giuseppe Cannuni è un medico infettivologo messinese, in servizio in città presso una nota casa di cura. Dopo aver studiato a Messina si è specializzato e ha fatto esperienze professionali, tra l’altro, in Messico ed in Germania.
A Messina dal lato umano e professionale, da volontario, anni addietro si è distinto stando in prima linea nel periodo degli sbarchi che portarono in città oltre un migliaio di migranti. Allora, in mezzo a tantissime difficoltà logistiche, è riuscito a fare fronte all’aspetto medico-sanitario, che in tante occasioni si è configurato come un’emergenza.
Così come facemmo nel 2014, in occasione dell’Ebola, lo abbiamo incontrato per farci illustrare i tanti aspetti del problema coronavirus, la prima “epidemia” così tanto urlata nei social e sulla stampa da rendere spesso inefficace e inascoltata la parola degli esperti.
Ma anche attraverso questi ultimi, circolano talvolta informazioni contrastanti. Situazione aggravatasi sotto tutti gli aspetti, considerato che da ieri abbiamo anche contagi in Italia: sedici casi in Lombardia e due in Veneto, con il decesso di un signore di 78 anni, che si sommano a quelli già accertati sui due pazienti ricoverati all’ospedale Spallanzani di Roma.
Ai tempi dell’Ebola, Cannuni disse ad effetto: “Non ci si ammala con una stretta di mano…” E sul paventato rischio riconducibile ai migranti, aveva specificato: “L’Ebola si sposta in business class, non certo attraverso i barconi ed i viaggi della speranza…”.
Stavolta, il primo effetto lo danno le modalità con cui si è avuta la notizia del coronavirus: i grandi organi d’informazione americani in tale circostanza hanno nettamente anticipato l’OMS. È la prima volta che ciò avviene: virus mediatico e patogeno, due accezioni che coincidono.
Dottor Cannuni, ci spieghi con parole semplici: cos’è il coronavirus?
È un virus molto comune, capace di causare una serie di sindromi che vanno dal raffreddore comune, febbre, ad infezioni delle alte vie respiratorie fino anche a polmoniti. È una famiglia di virus noti alla comunità scientifica. Capita, come successo già in precedenza per la Sars, che ci si trovi davanti a un ceppo fino a quel momento non conosciuto. Erroneamente, nell’immaginario collettivo, si pensa che la scienza conosca e abbia già catalogato tutti i patogeni presenti in natura: niente di più lontano dalla realtà. In effetti conosciamo parte dei patogeni presenti in natura, se poi estendiamo il discorso anche ai microorganismi non patogeni, non siamo che all’inizio. Ancora c’è tanto, tantissimo da scoprire.
Come si evita il contagio? Ed in particolare, come ci si deve comportare per rimanere tranquilli?
Prima di qualsiasi allarmismo, meglio precisare che tra i mesi di novembre e febbraio mediamente aumenta il numero di patologie a carico dell’apparato respiratorio, polmoniti comprese, che vengono curate ormai di routine. Va però tenuto conto anche delle condizioni fisiche del paziente. Non è da escludere che negli anni passati altri ceppi di coronavirus abbiano causato un numero di polmoniti significativamente più alte della media. Solo che chiaramente l’attenzione era altrove. Per limitare il rischio di infezioni, senza tuttavia incorrere nel panico dei coprifuoco, esistono una serie di comportamenti che è bene tenere a mente a prescindere, come il lavaggio delle mani, tossire o starnutire mettendo davanti alla bocca il braccio invece della mano, onde evitare poi contatti diretti con oggetti o persone con il palmo, che altrimenti sarebbe potuto rimanere contaminato dalle secrezioni.
A che punto è l’influenza col suo decorso a livello globale?
In medicina, e nella scienza, in genere tutto deve essere contestualizzato correttamente, quindi vale la pena dire che la provincia di Wuhan, da dove si suppone sia partita l’infezione, conta 11 milioni di abitanti, all’interno di uno Stato, la Cina, che conta 1 miliardo e 400 milioni di abitanti. L’ultimo bollettino dell’organizzazione mondiale della sanità, quello di oggi, 21 febbraio 2020, riporta un totale di 76.700 contagiati nel mondo, di cui 75.500 in Cina. Adesso, considerando lo scenario peggiore, che tutti i contagiati siano nella provincia da dove il virus si è diffuso, parliamo di meno dell’1% della popolazione, lo 0,7% per essere precisi. In realtà il virus si è diffuso in più zone della Cina, quindi se volessimo fare realmente un calcolo sui malati nella nazione allora dovremmo calcolare la percentuale di 75.000 su 1.400.000.000. Già questo di per sé basterebbe a spegnere “il caso”. Sempre stando ai dati odierni si parla si 2.200 morti, peraltro in una nazione tanto grande che non indica quante di queste persone fossero in uno stato di salute cagionevole o se in età molto avanzata. L’alto numero di vittime in Cina porta a due tipi di considerazioni: la prima, che una popolazione talmente vasta, anche nel più ricco degli stati, ha difficoltà di accesso alle strutture sanitarie; la seconda, che una buona parte della popolazione si affida alla terapia tradizionale, che, senza entrare nel merito, non è sicuramente indicata in patologie di natura infettiva.
Allora ci disse che l’Ebola viaggiava in business class e non nei barconi dei migranti. Il coronavirus su cosa viaggia…?
Prendo spunto dal medesimo bollettino cui ho accennato, visto che in epidemiologia, per determinare la virulenza di un patogeno, entra in ballo anche la variabile tempo. Parliamo di circa 40 giorni dal primo caso, considerando quelli accertati fuori dalla Cina, e quindi nella sezione “resto del mondo” ci sono 1.200 contagiati, in 26 nazioni, con 8 decessi. Non vorrei cadere nella retorica, ma tra i virus di questa famiglia mostra una virulenza piuttosto bassa. Basti pensare che in Italia, nello stesso arco di tempo, con l’influenza si rasentava quasi il milione di contagiati. Mi verrebbe da dire che COVID-19, nome identificativo di questo coronavirus, viaggia sui media.
Che idea s’è fatto, in generale, del fenomeno? Siamo più in presenza di un’epidemia o di un tormentone?
Alle volte, alla luce delle considerazioni fatte, mi sembra che il gioco dei media sia una gara allo spettatore, una gara al clic per fare sensazionalismo. È brutto da dire, ma il giornalismo diventa disinformazione, generando ingiustificate preoccupazioni, diffidenza e razzismo. I virus contagiano senza fare distinzioni. Mi sento però di dire in tutto questo che le percentuali di guarigioni sono altissime, e vale la pena ricordare che tutti, in più momenti della nostra vita, entriamo a contatto con la famiglia dei coronavirus.
Adesso abbiamo questi casi accertati in Lombardia e in Veneto. Tra loro, anche 5 colleghi suoi, operatori ospedalieri. Il ministro Speranza ha assicurato che l’Italia ha le carte in regola per gestire al meglio la situazione. Si stanno isolando delle aree geografiche. A Messina e provincia possiamo ritenerci sicuri? A che livello è la preparazione scientifica ed emergenziale dalle nostre parti?
Da sempre gli operatori sanitari sono stati a rischio, ma malgrado tutto svolgono il loro lavoro, in ogni parte del mondo. Fa parte del rischio anche questo. I virus che si trasmettono per via aerea, per loro natura, sono difficili da circoscrivere, vengono utilizzate misure di sicurezza e quarantene, ma pensare che questo virus restasse confinato alla Cina era davvero un’utopia.
Tra le nazioni in cui il virus è arrivato adesso si annovera anche l’Italia, se non fosse considerata già la coppia di turisti già diagnosticati allo Spallanzani.
Altri contagi saranno possibili, ma ricordiamoci che parliamo comunque di una famiglia di virus già nota che causa patologie che già conosciamo e siamo in grado di trattare. A Messina, come in altre città, potrà anche avvenire qualche contagio più o meno sporadico, ma non vedo particolari motivi di preoccupazione. Ripeto, è un virus, una variante di nuova scoperta, ma con caratteristiche cliniche ben note.
L’informazione in tv e sul web le sembra corretta?
Assolutamente no, il giornalismo ha fatto più disinformazione che altro. Mi vengono in mente un paio di esempi riportati su testate giornalistiche nazionali. Una su tutti, che mi viene in mente: TgCom24 del 31 gennaio, quando ancora le vittime erano 200, titolava “…a Wuhan morti per le strade”, classico messaggio di immagini che possono impressionare le persone più sensibili e poi via ad una serie di foto che ritraevano una persona con una mascherina sdraiata a terra, non so se viva o morta… Ma avere una mascherina e stare sdraiati a terra non vuol dire essere morti per un coronavirus. Ammesso fosse davvero deceduto, quindi non si trattasse di un attore, né di una persona vittima di un malore, le cause potrebbero essere tantissime: infarti, ictus… Ovviamente dalla foto non era possibile capire, né tantomeno l’articolo contestualizzava la foto. Poi, continuando nella gallery, si vedevano anche altre persone sdraiate a terra, in ambienti interni, sdraiati sulla pancia, quindi foto che potrebbero essere state scattate ovunque. Se questo è informare…
Vorrei chiarire inoltre per i giornalisti, ovviamente per quelli che non lo sanno, o sono “distratti”, la grande differenza che c’è nel parlare di prognosi riservata, cioè quando i medici non si sbilanciano, perché non ci sono gli elementi per poter predire l’andamento di una patologia e/o i tempi di una eventuale guarigione, e aggravamento…Poi anche su questo termine ci si giocherà a livello mediatico.
E tutte queste mascherine che stanno andando a ruba e che si vedono in tv?
Hanno senso nell’evitare lo spandimento di secrezioni nei casi di tosse, starnuti, ma non sono protettive dall’infezione.
Una domanda più personale. Come sta vivendo questo momento? Cosa significa essere infettivologo ai tempi del coronavirus?
Non so se sia un fenomeno culturale o cosa, ovviamente lo sto vivendo rispondendo alle domande di amici, conoscenti, pazienti, colleghi, cercando di spiegare che il coronavirus, essendo un ceppo nuovo, va ovviamente attenzionato, ma che non vedo un motivo reale di allarme. Ci saranno i contagi così come le guarigioni. È importante precisare che non siamo nel medioevo e non parliamo della peste.
Ci rivolgiamo ad un medico notoriamente dotato di grande umanità. Perché ad ogni virus che viene rivelato, al pericolo di possibili epidemie, si reagisce innanzitutto con la diffidenza e l’intolleranza?
Perché arrivano notizie incomplete, fuorvianti, che spaventano le persone, che si affidano ciecamente a ciò che è letto sul web o sentito in tv.
Allora, specialmente in questo momento, occorre fare la differenza tra la stampa, ossia i giornalisti che hanno il dovere di informare, e il mondo spregiudicato dei social e dei “tuttologi” in tv. Non crede?
Voi giornalisti avete la responsabilità, grandissima, che è quella di informare, cosa che ti riconosco, vista la stima e l’amicizia che ci lega. Come tu mi insegni, vanno accertate le fonti; i dati vanno presi per intero, in modo contestualizzato. Parliamo oggi di 75.000 contagiati in Cina, in una nazione che conta quasi 1 miliardo e mezzo di abitanti. Ci troviamo a parlare in Italia di meno di una ventina di contagiati, che probabilmente saliranno. Questo non vuol dire che ci sarà l’ecatombe che ci raccontano alcune testate giornalistiche, in un paese di 60 milioni di abitanti.
Converrai con me che il sospetto che chi volontariamente diffonde il panico è tanto. Non vale la pena generare isteria, o creare falsi allarmi intasando le strutture disposte alle eventuali cure per ottenere audience. Non c’è nessun mostro da sbattere in prima pagina, non ci sono ragionamenti politici da cavalcare. Bisogna trasmettere con la dovuta calma informazioni, istruzioni.
Corrado Speziale
I dati riportati in questo articolo sono aggiornati alle ore 3,30.
Qui l’intervista rilasciata il 26 febbraio ad AMNotizie dal dottor Cannuni