CORONAVIRUS – Rosy Bindi: “Emergenza non diventi normalità. C’è rischio mafie e corruzione”
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CORONAVIRUS – Rosy Bindi: “Emergenza non diventi normalità. C’è rischio mafie e corruzione”

– di Corrado Speziale

 L’ex presidente della Commissione parlamentare Antimafia, già ministra della Sanità, intervenuta ad un incontro organizzato qualche giorno fa in streaming da Avviso Pubblico, in considerazione dell’emergenza Coronavirus, ha lanciato l’allarme sul rischio di infiltrazioni mafiose e di corruzione nella sanità. “Viviamo questo periodo come emergenza, ma nessuno pensi che questa possa mai essere la normalità. Si aprirebbero autostrade per il sistema mafioso”. Il problema non comprende solo Sicilia, Calabria e Campania, ma anche e soprattutto il nord Italia. Il settore, di giorno in giorno, si sta offrendo sempre più al rischio, a seguito del proliferare in varie città di costosi ospedali da campo e quant’altro. All’incontro è intervenuto anche il docente di Scienza politica, Alberto Vannucci: “L’emergenza è spesso lo strumento attraverso il quale si utilizzano in modo criminale e criminogeno le risorse per avvantaggiare i pochi che ne traggono ingenti profitti. Occorrono controlli e trasparenza”.

L’emergenza scorre e tende fortunatamente ad una fase successiva. Il dolore e la paura si elaborano, la speranza inizia a far capolino nella mente e nel desiderio degli italiani. Intanto la storia ci insegna che nel nostro Paese, fasi emergenziali, con le norme che vanno in deroga sull’onda dell’evento straordinario, dell’urgenza e dell’emotività, portano ad abbassare la guardia nei confronti di taluni comportamenti che nascondono insidie e irregolarità. Così i soliti mostri sono sempre in agguato. I signori della corruzione, della criminalità, le mafie, assaporano l’occasione giusta e si preparano all’affare. Se poi a ciò si aggiunge la terribile crisi economica dovuta al lockdown, ecco che il quadro si allarga e i rischi divengono ancor più gravi e impellenti.

Per questo motivo, gli organizzatori di Avviso Pubblico, associazione di enti locali e Regioni per l’informazione civile contro le mafie, qualche giorno fa ha acceso i riflettori sul problema, che col passare dei giorni dovrà sempre più tenere in allerta gli organi competenti e la cittadinanza tutta, affinché si evitino le speculazioni e gli scandali del passato. Titolo dell’incontro, Le mafie al tempo del coronavirus: Mafia, Corruzione e Sanità.

Ad intervenire in streaming, ospiti del conduttore Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico, due voci autorevoli: Rosy Bindi, titolatissima ad affrontare l’argomento, in quanto già presidente della Commissione parlamentare Antimafia e ancor prima ministra della Sanità, e il docente di Scienza politica dell’Università di Pisa, Alberto Vannucci.

Pierpaolo Romani, introduzione e quesito: “Cosa possiamo fare noi come cittadini in associazioni per impedire che le mafie e il sistema della corruzione approfittino di questa drammatica situazione che stiamo vivendo?” L’obiettivo: “Le mafie non abbiano la possibilità di espandere la loro già importante presenza nell’economia sui territori e a livello sociale. Dobbiamo difendere il nostro sistema sanitario dal virus delle mafie e della corruzione”. Il focus sulla realtà: “Purtroppo, mentre la nostra economia è ferma, l’economia criminale invece continua ad andare avanti, a muoversi fino a offrire i suoi servizi. Prima del Coronavirus sono state fatte inchieste importantissime da sud a nord dove abbiamo visto la presenza di mafiosi e corrotti a livello sistemico all’interno del comparto sanitario, che è un comparto importante. La salute è un diritto fondamentale delle persone riconosciuto dall’art. 32 della nostra Costituzione”.

Rosy Bindi: “In questi giorni abbiamo avuto due atteggiamenti altalenanti di fronte al nostro sistema sanitario. Da una parte ne abbiamo apprezzato il valore e ci siamo resi conto che siamo un punto di forza nella vita del nostro Paese. Al tempo stesso abbiamo colto anche le debolezze, le fragilità che forse avevamo sottovalutato, perché in tutti questi anni forse questo valore lo abbiamo dimenticato. Sulla sanità si è disinvestito, non si è mai finanziato in maniera adeguata”. I punti di debolezza nell’emergenza: “Abbiamo molti meno medici professionisti sanitari, a partire dagli infermieri, di quanti ne necessitano non in tempo di pandemia e di emergenza, ma nell’ordinarietà del nostro sistema. L’altra debolezza non credo sia tanto rappresentata dalla rete ospedaliera, perché in questi giorni i problemi non sono nati tanto nel numero dei letti, anche in terapia intensiva. Piuttosto – prosegue Rosy Bindi – il problema più grave si è manifestato nel territorio, nell’organizzazione della prevenzione, per cui c’è stato un accesso agli ospedali, innanzitutto, con filtro non adeguato, perché i nostri pronto soccorso non dovrebbero avere due vie d’accesso soltanto in tempi di pandemia, ma sempre. Si tratta di linee guida di alcuni anni fa. C’è stata pressione sugli ospedali anche perché le persone che si sono ammalate e sono rimaste in casa non hanno avuto l’assistenza adeguata. Dove invece l’hanno avuta la pressione sugli ospedali è stata minore. L’altro aspetto che dobbiamo sottolineare, a mio avviso, è quello che nessuno era pronto per una pandemia come questa, nessuno se l’aspettava.” La discrepanza tra i servizi sanitari regionali e quello nazionale: “Il Servizio Sanitario Nazionale non è la sommatoria di ventuno servizi regionali. Serve un sistema regionale, ma serve soprattutto una guida nazionale per un’uniformità dei livelli essenziali”. Sistema sanitario sul territorio e criminalità: “Il diritto alla salute è sicuramente meno garantito in alcune parti del nostro territorio. Penso in particolare alla Calabria, alle ASL che sono state commissariate in questi anni. Da ciò si è capito perfettamente che le mafie si erano infiltrate nell’assunzione del personale che naturalmente rispondeva al sistema mafioso. Dobbiamo anche dire che alcune regole organizzative del sistema sanitario, soprattutto in alcune parti del nostro Paese, hanno aperto varchi alle mafie, non solo nel Mezzogiorno, ma in questo caso anche in nord Italia, in Lombardia. Penso, in particolare, all’esternalizzazione dei servizi che si è realizzata in alcuni territori”. Sanità e rischi legati all’emergenza: “Credo che tutti questi segnali che noi già avevamo e che erano molto forti nel Mezzogiorno per alcuni aspetti, e nel nord Italia per altri, si accentueranno in questa fase e soprattutto successivamente.

In questo senso mi preoccupa particolarmente la legislazione emergenziale, giustificata in questa fase in nome dell’efficienza e della possibilità di ridurre i tempi di approvvigionamento. Sappiamo che alcune regole durante il periodo emergenziale possono essere sospese, ma non altrettanto nella nuova normalità che da qui a qualche mese ci auguriamo di avere, perché altrimenti queste diventeranno autostrade per il sistema mafioso. Forse vedrete alcune sacche d’inefficienza da superare, che a loro volta sono uno strumento per le mafie. Laddove c’è poca chiarezza le mafie si infiltrano. Nessuno pensi che si potrà continuare ad agire, a comportarsi, soprattutto in questo settore, come si sta facendo in questi giorni”. Mafia, politica, appalti: “Dall’analisi di quello che è accaduto – sottolinea ancora l’ex presidente dell’Antimafia – si capisce perfettamente che il sistema degli appalti va corretto. Sappiamo che le mafie neppure violano le norme sugli appalti, le sanno usare a loro interesse. La sanità non è soltanto una grande fetta di denaro, è anche un luogo di potere e di scambio. È uno di quei settori nei quali la politica è libera e autorevole se salva davvero il bene comune. Solo così dà il meglio di sé, perché siamo di fronte a qualcosa che è davvero prezioso. Una sorta di apertura al potere mafioso si crea nel momento in cui essa comincia ad abdicare alle proprie responsabilità. È in questo settore, più che in altri, che si misura la funzione della politica”.

Alberto Vannucci: “Il settore sanitario, per sua natura, è particolarmente vulnerabile a certe forme di opacità e illegalità. Spesso esistono dei processi decisionali che in qualche modo devono portare inevitabilmente risultati entro un certo termine temporale, quindi, per intenderci, certe forniture sono assolutamente necessarie per erogare alcuni tipi di servizi. Per cui, laddove la macchina burocratica è particolarmente lenta e farraginosa, si finisce per ricorrere a processi decisionali che in qualche modo agirano gli standard ordinari delle procedure di appalto. È evidente che laddove ci sono opportunità di corruzione esistono opportunità di infiltrazione per un’organizzazione criminale. Questa – prosegue Vannucci -diventa una sorta di soggetto regolatore che in qualche modo, all’interno di questi percorsi decisionali, riesce a ritagliarsi uno spazio di privilegio evidente. Corrotti e corruttori in qualche modo giocano di sponda. Colletti bianchi insieme ai soggetti criminali. Un universo in cui bisognerebbe tenere sempre la soglia di guardia molto elevata, perché i fattori di rischio che osserviamo nella pubblica amministrazione, nel settore sanitario sono accentuati da fattori strutturali”. La scelta e i rapporti tra pubblico e privato: “Non esiste ciò che è pubblico è buono e ciò che è privato è male, o viceversa. Quello che conta, soprattutto, è l’esistenza di meccanismi efficaci di controllo, di accountability, che chiunque venga chiamato ad operare in quel settore risponda delle proprie scelte sulla base di criteri di valutazione che siano in qualche modo chiari, oggettivi e verificati. Questa è la vera sfida che ci aspetta”. Il rispetto della legalità nell’emergenza: “C’è il rischio che il clima emergenziale porti a rispolverare quell’orientamento sotterraneo, che di tanto in tanto riemerge, che vuole la sburocratizzazione, l’eliminazione dei controlli, che sia sempre tutto gestito come se fosse emergenza. Ma questa è spesso lo strumento attraverso il quale si utilizzano in modo criminale e criminogeno le risorse per avvantaggiare i pochi che da essa traggono ingenti profitti in modo per lo più opaco o illegale”.

Il caso Campania in tempo di COVID: “C’è uno studio dell’ANAC – sottolinea Vannucci – in cui si evidenzia che un’ASL della Campania per i servizi di pulizia degli ospedali paga in media il 150 per cento in più della media delle altre ASL. Qui occorre una valutazione più accurata del rischio, ma i nomi delle ASL sono stati secretati. Sappiamo che nella task force anti Covid, che è stata predisposta proprio in questi giorni, è prevista, oltre ad una serie di esperti, la partecipazione di rappresentati delle varie autorità, come quella sulla privacy, ad esempio, ma non quella di un esperto dell’ANAC, come se il problema dell’esigenza COVID non fosse neppure confinante col rischio corruzione. Dobbiamo prevedere che le modalità di gestione di queste risorse siano improntate sull’assoluta trasparenza. Ci vorrebbe un portale che permetta di esercitare un controllo diffuso, con l’intermediazione del sistema dei media ma anche dei cittadini”.

La risposta e la chiusura di Pierpaolo Romani: “Come Avviso Pubblico vorremmo lavorare su questa proposta da sottoporre alle autorità pubbliche”.

8 Aprile 2020

Autore:

redazione


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