Attualita

CVMPO – “La rabbia, soprattutto quella cieca e tagliente quale si manifesta la mia, non è quasi mai un fattore positivo…”

Intervista realizzata da Giulia Quaranta Provenzano                            

Oggi la nostra libera collaboratrice Giulia Quaranta Provenzano ci propone un’intervista di approfondimento a Filippo Campisi, in arte CVMPO. È possibile visionare il profilo IG del ventunenne cliccando su https://instagram.com/sonocvmpo?igshid=MzRlODBiNWFlZA==

Ciao e ben ritrovato! Nella nostra prima chiacchierata, hai affermato che  <<Ho iniziato il mio viaggio nella musica grazie a mio padre e alla sua grande passione per essa. Quando avevo circa 14/15 anni d’età, ha portato a casa una console da dj ed è stato allora che vi è stato il mio primo approccio con la materia in maniera totalmente istintiva e autonoma (…)>>. Ebbene, come mai pensi che tuo papà abbia deciso di portare a casa tale console da dj ossia immagini che lo abbia fatto soprattutto per te – e con quale, eventuale, specifico scopo/speranza – o anche per una sua esigenza professionale? “Ciao Giulia! Mio padre, da giovane, è stato un dj (così come lo sono io tuttora), ciò molto in piccolo… quella qppunto di dj non è difatti mai stata per lui, a tutti gli effetti, una professione al 100%. Ecco perciò che prese la console, inizialmente, soltanto per un suo scopo ludico personale e senza pensare all’effetto che questo oggetto avrebbe, poi, scaturito su di me”.

Citandoti nuovamente, tua è la dichiarazione: “(…) Dopo un paio d’anni come dj autodidatta (suonavo alle feste e nei locali della mia città), ho cominciato a sentire l’esigenza di fare qualcosa di più rispetto al solo riproporre a mio modo le canzoni altrui… volevo realizzare qualcosa che mi appartenesse e che mi rappresentasse al 100% (…)”. Ecco dunque che mi viene ora da condividere una frase a me cara, incisa sul sentiero della casa di Giulio Rapetti Mogol – che ho avuto il piacere di visitare, anni fa, a seguito di un suo invito nella veste di poetessa – e cioè <<L’ARTE È FIGLIA DEL CIELO>>. A te cosa suggeriscono codeste suddette parole? “La sopracitata frase da te condivisa, mi suggerisce la conferma di una cosa che io già penso fortemente… ossia che è l’arte che, in qualche modo, ti chiama senza bisogno che tu la vada ostinatamente a cercare. Da ragazzino non immaginavo che avrei portato avanti e che avrei intrapeso quello che oggi sto creando – non me lo sarei mai aspettato e ciò nonostante fossi appassionato ed interessato alla musica. É successo tutto da un momento all’altro, senza particolari aspettative (che si sono, poi, palesate solo con il passare del tempo)”.

Hai altresì sottolineato che <<È stato durante tale periodo in cui facevo il dj che sono incorso nella mia prima importante delusione d’amore, che ho superato dopo moltissimo tempo e con grande fatica – ma ciò è stato l’avvenimento che mi ha dato la cosiddetta scossa per cominciare ad approcciarmi alla scrittura e al rap per, poi, arrivare anche al canto vero e proprio>>. Scrivere testi di canzoni e cantare per te, rispettivamente ieri e oggi, è un qualcosa che viene mosso da che cosa ovvero da quali input e da quali stati d’animo/da quali intenzioni nascono i tuoi singoli (ed è ad esempio, forse, terapeutico o liberatorio tutto ciò e – specialmente in caso affermativo – a quale tuo preciso bisogno fisico e mentale tenta di rispondere)? Il mio primo approccio alla scrittura è stato totalmente istintivo e spontaneo, letteralmente non stavo pensando a ciò che concretamente stavo facendo e alle conseguenze che ci sarebbero state nella mia vita. Finché quello che scrivi rimane per te o comunque in una ristretta sfera privata è un conto… ma, quando tutto diventa pubblico, all’inizio devi capire come veicolarlo nella maniera opportuna al fine di evitare di poter essere frainteso – anche perché inizialmente, non pensando a quello che stavo facendo, i miei testi erano veramente parecchio diretti e senza troppi peli sulla lingua e senza giri di parole. Oggi, nonostante io sia ancora un cantante emergente, mi trovo a rivolgermi ad un pubblico più ampio rispetto al passato e la mia identità artistica si è sviluppata tanto da porre una maggiore attenzione proprio ai testi. Cerco comunque sempre di portare all’attenzione delle persone un messaggio legato ad una mia qual certa esperienza personale, ma che possa essere altresì comune e comprensibile alle loro orecchie. Penso infatti che non esista alcuna soddisfazione maggiore per un’artista che quella di sapere che le persone si rivedono in quello che hai scritto”.    

La scrittura in musica, qualora la si voglia rendere (con un’alta probabilità di riuscita) la propria professione, di che cosa ti sembra che necessiti nella nostra contemporaneità? Ciò che ti chiedo – esemplificando e riportando testualmente il pensiero espresso da Alfredo Rapetti, in arte Cheope, figlio di Mogol – è se ti pare o no che nelle canzoni sia imprescindibile un automatismo di leggibilità, una comprensione immediata e non invece un esprimersi poco diretto ed assai evocativo, in primis in quanto i brani musicali si muovono nell’aria. “Senza averlo premeditato, questo è un discorso che si ricollega un po’ a ciò che ho affermato prima. Sono dell’avviso che la scrittura appunto sia un fatto personale e che ogni artista provi a veicolarla come meglio crede per se stesso. Io oggigiorno cerco di trasmettere un messaggio personale però, al contempo, comune alle esperienze anche di altre persone – cosicché esse si possano rivedere in ciò che scrivo. Prima ero più diretto ed incisivo nel linguaggio ma il riferimento era parecchio più criptico e scollegato, non si capiva bene dove volessi andare a parare. Ora cerco di essere molto più chiaro, in parte persino più semplice nel linguaggio, in modo tale che la gente comprenda nell’immediato quello che ho voluto dire. Probabilmente, tra qualche anno, il mio metodo e il mio approccio alla scrittura saranno ancora ulteriormente e notevolmente cambiati e ciò in base pure a quelle che saranno le mie esperienze di vita, lo stile di ascolto del mio pubblico di riferimento e a come si evolverà settore e l’ambiente musicale più in generale”.     

Hai ammesso pure che <<Durante la mia infanzia, ero un bambino molto tranquillo e timido… sebbene – a tratti – già si vedeva che c’era un fuoco in me, che aveva soltanto bisogno della giusta scintilla per poter uscire. Fino ai 17 anni d’età, infatti, sono sempre stato il figlio che qualsiasi madre vorrebbe. Da quando mi sono approcciato alla musica, però, la mia vita e il mio carattere nei confronti delle persone e delle situazioni sono cambiati radicalmente (…)>>. A quali cosiddette avvisaglie di tale tuo fuoco fai riferimento e qual è stata la situazione, l’episodio, che ha dato il via al divampare delle tue fiamme? Inoltre cosa intendi con l’essere stato il figlio che qualsiasi madre vorrebbe, mentre adesso quali sono le tue note dominanti? “Nel 2019 ho attraversato un momento fatto di  grandi cambiamenti, soprattutto dal punto di vista personale e sociale. Andai in America, a Los Angeles, per un mese e – seppure, il mio lì, sia stata un soggiorno molto breve – tale esperienza mi ha portato ad avere una nuova visione della vita… una visione legata alle dinamiche di gruppo tra le persone e basata sull’apertura mentale nei confronti del mondo in generale. Tutto questo mi ha aiutato a compiere un grande passo in avanti, anche per ciò che concerne una nuova e più forte presa di consapevolezza da parte mia di me stesso. C’è poi, sicuramente, da considerare altresì l’enorme atto di coraggio che ho concretizzato nell’interfacciarmi alla musica – che essa è una realtà, una forma d’arte, tanto e profondamente esposta ai giudizi e alle critiche da parte della gente. Tale novità mi ha dato una cosiddetta bella botta di energia e di personalità e mi ha permesso di tirare fuori tutti i miei lati più positivi ma, molto spesso, purtroppo pure i più negativi del mio carattere (in uno squilibrio, il tale, che non sono ancora del tutto in grado di controllare). Mi sento di dire che prima la mia natura da “Yes Man” mi portava a rispettare molto più le regole e ad ascoltare con maggiore considerazione ed attenzione i consigli altrui, soprattutto dei miei genitori. Di punto in bianco, mi sono trovato in mano una “patata bollente” derivata da un profondo mutamento del mio carattere e non sono riuscito a gestirla sfruttando, sin da subito, solamente i suoi lati migliori (bensì sono cascato in una forma di ribellione e di rinnovamento personale che ha colpito, non sempre in modo positivo, soprattutto coloro che erano assai vicini a me). Mi sento di aggiungere però che i miei tratti dominanti attuali, in termini positivi appunto, sono una notevole  personalità e il modo di fare che ho con le persone e che reputo vincente. Sottolineo infine la profondità del mio animo, che mi permette di espormi con alcuni individui in maniera estremamente più significativa rispetto a prima. Provo, sì, ancora timore ad aprirmi verso alcune mie debolezze e traumi ma ho trovato dei rifugi sicuri in cui mi sento libero di esprimermi molto sinceramente”.  

Ed, ancora, hai rivelato che <<(…) Da bambino mai mi sarei aspettato che, oggi, mi sarei trovato a fare musica con un totale coinvolgimento all’interno delle dinamiche dell’industria musicale… pensavo di essere destinato ad un lavoro molto più razionale, da ufficio diciamo (probabilmente avrei detto che sarei divenuto un avvocato, perché ho sempre avuto una bella dialettica). Attualmente assocerei alla mia persona il colore rosso, che è quello della passione ma è anche quello della rabbia. Sono difatti diventato un giovane parecchio più focoso, a confronto di chi ero un tempo, in tante situazioni. Sento un fiume dentro me che, da un momento all’altro, può riversarsi senza freni sugli altri esseri umani. Ciò, ultimamente, mi ha causato alcuni problemi e quindi sto cercando di migliorare da questo punto di vista – benché non sia affatto semplice, in quanto tale aspetto ormai fa pienamente parte di chi sono>>. Ci parli un po’ delle dinamiche a cui hai qui sopra accennato e ci spieghi la tua rabbia in relazione a che cosa e a chi si accende irrefrenabilmente (al punto da fare fatica a contenerla… e ci racconti almeno una delle circostanze in cui ti è stato impossibile arginarla)? Ho avuto parecchi problemi con le persone a me più vicine (famigliari e amici molto stretti). Ci sono state alcune situazioni che mi hanno portato a reagire con rabbia eccessiva, un po’ per stress e un po’ perché non è stato facile capire e accettare che la forza di volontà – che mi porta ad ottenere risultati e soddisfazioni nella musica – non può agire sulla natura e sulla volontà altrui… ché c’è il libero arbitrio. La mia rabbia si accende per la frustrazione e la delusione legata ad atteggiamenti, da parte di persone dalle quali non me lo aspetto, che io ritengo che siano scorretti nei miei confronti. Un mio grande problema, infatti, è anche quello di essere pretenzioso ed esigente con gli altri e ciò nella stessa maniera in cui lo sono con me stesso. Proprio la rabbia non è quasi mai un fattore positivo, soprattutto se diventa cieca e tagliente come la mia (si rischia soltanto di ferire le altre persone, che non ne comprendono nemmeno i motivi e le soluzioni da attuare per porre rimedio). Facendo come sovente faccio, si passa – pur avendo ragione – dalla parte del torto e non si ottiene quello di cui veramente si ha bisogno e che si ricerca nella gente e dalla gente”.

Non hai fatto segreto del fatto che <<La componente biologica e genetica, l’ambiente geografico e sociale (compreso quello familiare) e l’epoca in cui vivo, per Filippo Campisi, sono stati estremamente determinanti… per Cvmpo, invece, un po’ meno – tant’è che sento in me un conflitto interiore tra tali due mie parti, che non vanno sempre d’accordo tra loro (…)>>. Dai tuoi genitori cosa hai ereditato e quali scelte hai compiuto in nome della corrispondenza alle loro, più o meno tacite, aspettative su di te? E quale rapporto hai con tua sorella? “Dai miei genitori ho ereditato caratteristiche diametralmente opposte. Da mia madre ho appunto ereditato, principalmente, i vari aspetti esteriori e di mio padre ho invece i medesimi tratti interiori sia in termini positivi che negativi. Le loro aspettative nei miei confronti, forse, erano molto diverse da quelle che poi si sono rivelate nella realtà – anche perché nessuno, al di fuori di me, poteva immaginare che avrei intrapreso una carriera in ambito musicale. Piano piano, stanno cercando di venirmi incontro e di darmi una mano… non solo dal punto di vista economico, cosa che hanno sempre fatto e di cui sarò loro eternamente grato, ma pure dal punto di vista dell’impostazione professionale e della vita in generale. Con mia sorella mantengo invece un rapporto particolare, a volte conflittuale in quanto lei si sente spesso trascurata da me e ciò a favore dei miei amici e dei miei impegni. La verità però è che, nel momento del bisogno, io cerco di essere sempre presente (come qualsiasi bravo fratello deve fare, soprattutto se è il maggiore come nel mio caso). Non posso dire di essere un esempio per come mi comporto nei suoi confronti, ma sicuramente sono una guida in alcune situazioni e sono sempre un punto di riferimento fondamentale per lei”.    

Sempre riportando le tue parole, ti sei espresso come segue: “(…) Sono cresciuto in un ambiente sociale caratterizzato dall’essere molto esposti alle critiche e ai giudizi da parte delle persone, che non sempre sono state e sono molto tenere. Ciò mi ha sicuramente bloccato per tanto tempo, rendendo Filippo un giovane pieno di paranoie e di complessi… che sono stati retti da Cvmpo, il quale è colui che – negli ultimi anni – ha trainato il primo e mi ha permesso di uscire dalla bolla che c’era attorno a me. Di recente, dopo aver iniziato a frequentare attivamente la città di Milano sia per scopi lavorativi e musicali che per motivi di studio, ho capito quanto mi senta stretto e poco libero di esprimermi e di agire nella città in cui vivo (dacché a Como vi è una mentalità assai chiusa e raramente aperta verso le iniziative e le diversità altrui)”. Su cosa le persone non sono state magnanime con te e quali sono (state) – dettate da quale tua speranza, speme alla base del tuo non uscire fuori dai bordi natali – le tue maggiori paranoie, complessi e paure [N.d.R. per leggere di alcune affinità tra Cvmpo e Giulia Quaranta Provenzano, clicca qui https://www.oggicronaca.it/2020/08/la-giovane-artista-giulia-quaranta-provenzano-si-racconta-al-nostro-giornale-e-ai-lettori/]? “Non ho mai avuto particolari paranoie nell’uscire fuori dal mio guscio bensì, anzi, mi ritengo un ragazzo con una mentalità molto aperta nei confronti delle cose inedite e delle diversità – che ricerco spesso, anche per un sentimento di noia verso tutto ciò che è quasi ripetitivo. É una ricerca continua, la mia, di stimoli nuovi perché non sono quel tipo di persona che trova dell’utile in ciò che piace (o pare utile) agli altri individui. Detto ciò, io mi affeziono tantissimo alle persone e dò un valore molto importante all’amicizia e ai rapporti personali… quindi non sono capace di mollare tutto all’improvviso, voltando le spalle a tali persone alle quali appunto mi affeziono, e i miei sentimenti molto spesso prevalgono sui miei progetti personali e sulle ingiustizie fatte nei miei confronti. Credo che, nella mia vita, ci sia stato tanto cattivo quanto buono e penso che le due cose siano direttamente proporzionali. Non mi sento, comunque, di giudicare nessuno in particolare. Ognuno di noi è libero di pensare e di agire come meglio crede, in relazione alla propria vita e ai propri interessi personali, io mi limito poi a guardare quello che mi torna indietro da parte di chicchessia e da lì cerco di capire chi merita o meno tutti i miei sforzi e la mia considerazione (nonché il mio impegno verso lui/lei)”. 

Ennesima tua affemazione è: Credo che la musica e l’arte in generale siano le massime possibilità d’espressione a disposizione dell’umanità. Nella mia concezione, siamo tutti artisti perché l’arte fa parte degli essere umani appunto (…)”.        Tu identifichi pertanto l’arte con tutto quello che è un’attività a riprova e/o ad esaltazione dell’inventiva e della capacità per l’appunto espressiva (ovviamente comprensiva altresì delle proprie sensazioni ed emozioni, oltre che dei propri pensieri ed opinioni) della persona? …ma stante ciò – dal tuo punto di vista – c’è allora qualcosa che non è arte, dacché per agire mi pare che un certo grado di immaginazione e l’abilità di configurare situazioni e soluzioni con senso di opportunità sia pressoché sempre basilare per ognuno di noi? Bisogna, secondo me, distinguere tra ciò che è arte destinata al business ossia a scopo di lucro e ciò che è arte ludica o fatta per proprio sfogo. Nel primo caso, è possibile incasellare le forme artistiche nel loro genere tant’è che si tratta di qualcosa che non è al 100% frutto solo dell’istinto (ma anche di un piano ben studiato e concreto, al fine di veicolare la propria opera al più vasto pubblico possibile). Nel secondo caso, invece, l’approccio è totalmente diverso cioè è molto più libero, distintivo e personale dacché non si hanno particolari pretese e non vi è uno sguardo d’insieme verso quelli che sono i gusti e i trend del momento (trend nei quali la gente investe). Non si può però, comunque, togliere l’arte alle persone che desiderano farla… arte intesa come forma d’espressione che abbraccia in pieno i sentimenti e le emozioni che un determinato individuo prova. Sta poi al pubblico giudicare se l’esecuzione di quella tale forma d’arte sia degna di valore, meritevole di onorario ed onori. Ho tuttavia idea che sia necessario non dimenticare che la semplicità – soprattutto in questo nostro attuale momento storico – viene premiata e che l’elaborato apparentemente più semplice e che ha un approccio, a livello di configurazione, basilare può essere fonte di ispirazione e di stupore tanto quanto uno complesso. Ricordo infatti che, qualche anno fa, venne fatto un esperimento sociale in un museo. In mezzo a quadri ed opere d’arte di valore inestimabile, un artista che si trovava in visita all’interno del museo pensò di appoggiare il suo paio d’occhiali per terra. Li appoggiò con la montatura rivolta verso il basso e, dopo qualche minuto, i turisti si accorsero dei detti occhiali e pensarono che anche loro facessero parte dell’esposizione artistica del museo. Iniziarono dunque a fotografarli e a porvi attenzione. Ciò la dice lunga sulla percezione che la gente può avere delle cose e delle forme d’arte. A volte un semplice oggetto, posto nel contesto giusto, può diventare una forma d’arte eccezionale e degna di riconoscenza ed importanza al pari di altre già elevatamente stimate”.     

La costanza, la pianificazione e la progettualità, la sperimentazione, l’osare e l’istinto – trascrivendo quello che hai posto all’attenzione nel nostro scorso confronto – hai idea di averli imparati facendo musica… seppure hai evidenziato che <<(…) devo migliorare molto in ognuno dei suddetti punti, ho fatto tanti errori in passato e certamente ne farò ancora altri in futuro ma è giusto che, ad un certo punto, ci si fermi e si impari da ciò che è andato storto. La musica mi ha portato a diventare estremamente istintivo, lasciando un po’ da parte la razionalità che mi aveva sempre contraddistinto nella fase pre-adolescenziale (…). Ora devo fare il percorso inverso e riacquisire, in alcune situazioni, una qual certa ratio>>. Orbene, ti domando infine se ci sono delle decisioni delle quali ti penti ed alcune che non hai preso e sulle quali tuttavia rimpiangi di aver soprasseduto. Quali sono, all’opposto, le occasioni che attualmente prenderesti al volo (senza fare alcun calcolo utilitaristico e di convenienza professionale ed extralavorativa)? “Credo che dal punto di vista economico, in alcune situazioni, avrei potuto e anzi avrei proprio dovuto essere maggiormente calcolatore. La mia mancanza di una visione imprenditoriale in ciò che facevo mi ha portato a “buttare” via molti più soldi di quanti sarebbe stato invece intelligente investirne, ma l’esperienza e gli errori commessi mi hanno fortunatamente poi insegnato a ricalcolare meglio il tutto al ripresentarsi di simili situazioni – e, oggi, sono parecchio più attento nella gestione del denaro e nell’impostazione dei progetti. A livello di occasioni, invece, mi sento tranquillamente di dire di aver provato a cogliere qualsiasi opportunità mi sia capitata a tiro e ciò con grande umiltà e voglia di fare e di imparare… nel corso del tempo ho difatti avuto modo di collaborare con realtà come Netflix, per cui mi sono occupato della scrittura di alcuni skit musicali della serie “DI4RI”. C’è stata più d’una occasione che non mi ha portato granché in termini economici ma alcune sono comunque buone esperienze formative, a stretto contatto con delle realtà prestigiose ed estremamente stimolanti e soddisfacenti da inserire nel mio curriculum vitae”.        

Redazione Scomunicando.it

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