Moriva il 2 novembre, era il, 1975 e lui rimane una delle menti e intelligenze più intuitive, aperte, lungimiranti, elastiche, introspettive più importanti dell’intero panorama culturale italiano ed europeo.
Lo ricordiamo, senza retorica, senza commenti, senza “storia” con due scritti tratti dal sito http://www.pierpaolopasolini.org, con l’idea che la sua opera e il suo pensiero dovrebbe essere adottata e approfondita nelle scuole italiane.
CONZÈIT
Romài essi lontàns a val,
Friul, essi scunussùs. A par
il timp dal nustri amoùr un mar
lustri e muàrt.
In ta la lus la to part
a è finida, no ài scur tal sen
par tignì la to ombrena.
CONGEDO. Ormai essere lontani, Friuli, vale essere sconosciuti. Pare il tempo del nostro amore un mare lucido e morto. Nella luce la tua parte è finita, non ho buio nel petto per tenere la tua ombra.
1961. Pier Paolo Pasolini tra le baracche alla periferia di Roma. Questo sarà lo scenario prevalente del suo primo film, Accattone
Come per moltissime persone, anche per me il 2 novembre è il giorno del ricordo, il giorno in cui tornano alla mente tutti coloro che ci hanno lasciato e i cui passi su questa terra non potremo più seguire.
Sono le persone che abbiamo amato, a cui siamo stati legati da sentimenti incancellabili, o che ci hanno trasmesso amore, valori e conoscenza. E che continuiamo a rivedere con l’«occhio interiore» quando ripensiamo a ciò che ci hanno lasciato, cioè al patrimonio prezioso di affetti, di esempi, di insegnamenti.
Ora, con alcuni amici, sono qui, attraverso queste pagine che sono anche testimonianza di un ricordo che continua nel tempo – e che con il tempo pare addirittura renderne più viva e vitale la figura – a continuare a pensare, anche a rimpiangere, Pier Paolo Pasolini.
Uno di noi, ma soprattutto un uomo che con grande generosità, spesso con sacrificio e sofferenza, ci ha lasciato una profondità di pensiero, rivelata in tutte le sue opere, che per molti di noi rappresenta una irrinunciabile lezione di vita, che consiste anche e soprattutto nella considerazione nei confronti dell’«altro», del «diverso», dell’emarginato. Vale a dire, per le persone o le comunità che lottano per non essere cancellate, per sopravvivere, per affermare i propri diritti, la propria contrarietà ai soprusi, alle violenze, alle prevaricazioni.
Penso che trentacinque anni siano più che sufficienti per rendere incontestabile la grandezza di Pasolini come poeta, saggista, narratore, regista, autore teatrale e cinematografico, studioso di arte allo stesso modo che dell’animo umano. Il fatto che il suo messaggio sia così attuale da richiamare un’attenzione continua sulle sue opere (e in qualche caso di riaccendere perfino polemiche o tentazioni censorie), è dimostrato dalla miriade di iniziative che si tengono continuamente, in Italia e all’estero, sulla sua personalità e sulle sue opere. Manifestazioni delle quali ho fin qui tentato di dare il più ampio e puntuale resoconto. Il suo nome suscita sempre interesse e, unendo competenze politiche e culturali, ha fatto di Pasolini un osservatore attentissimo delle trasformazioni sociali, con giudizi che spesso stupiscono per la radicalità e dai quali non si può tuttora prescindere. E che aiutano anche ad analizzare e a comprendere le origini dell’attuale situazione di degrado politico, civile, ambientale che si registra nel nostro Paese.
Angela Molteni
2 novembre 2010
Ho scoperto Pier Paolo Pasolini grazie alla raccolta Mondadori “I miti poesia”, ma l’immagine che in me si era creata era totalmente diversa dall’uomo che fu realmente.
Per me Pasolini era solo un poeta dolcissimo, un uomo confuso e tormentato come un adolescente che con rabbia contrasta tutto ciò da cui si sente sovrastato; un adolescente che urla il suo disappunto con durezza e fragilità, senza essere compreso.
Le poesie che più mi avevano coinvolto e da cui nasceva l’idea che avevo di Pasolini sono “Quadri friulani”, “Memorie”, “A un Papa”, “Frammento alla morte”, poesie che se lette da una ragazza poco più che diciottenne non possono filtrare la reale condizione del poeta, del suo pensiero e del suo tempo.
Il 2 novembre 2000, in occasione del 25° anno dalla morte di Pasolini, tutti i giornali parlano di lui: servizi, testimonianze, appunti inediti, ricordi e vecchie conoscenze, che mostrano un uomo diverso da quello che credevo.
Ferdinando Camon , (in un suo articolo ) definisce Pier Paolo Pasolini “sgradevole e necessario”, e ripercorre la sua vita e le sue scelte letterarie al fine di dimostrarne l’attualità e la capacità di essere gli altri. Delinea così un Pasolini “comunista eretico”, “espulso perdonante , “cristiano antipapale”, “Cristo rivoluzionario”; ma anche un Pasolini generoso, che dovrà pagare a caro prezzo la scelta di mostrare ai padroni del potere il risultato della storia di loro proprietà, risultato quale la miseria culturale ed economica delle classi sottoproletarie, ai margini della società e della dignità, e di cui devono sentirsi responsabili.
“La Repubblica” dedica ampio spazio a Pasolini, tra il ricordo di nomi eccellenti che lo hanno conosciuto e riflessioni sul suo cinema e la sua letteratura; Cesare Garboli lo ricorda come “un angelo provocatore dalla voce di flauto e miele”; Angelo Guglielmi rivive la forte polemica tra lui e Pasolini, riconoscendogli però, la grande contemporaneità, da cui nasce l’idea di Pasolini poeta profeta della società del consumismo. Anche il “Corriere della Sera” lo ricorda attraverso l’aspra polemica politica.
Si distacca dal Pasolini nostalgicamente moderno e profetico “Il Messaggero” che, attraverso l’articolo di Goffredo Fogi, dichiara, invece la sconfitta di Pasolini Sciascia e Calvino portatori di irrequietezze che non hanno possibilità di esistere oggi.
E poi oltre la politica, il cinema primitivo e sgrammaticato in cui Pasolini esprime il disagio frutto del potere governante e la morte come unico riscatto o ultima punizione da scontare. Dov’ è quindi il poeta che credevo? Chi fu quest’ uomo, un politico, un saggista, un poeta, un regista, un narratore o tutte queste cose assieme? E’ davvero impossibile per noi giovani, capire cosa fosse Pasolini per la coscienza morale, poetica, politica dell’ Italia degli anni 60/70, come sostiene Giuseppe Bonura dell’ “Avvenire”? Cosa ci è allora concesso come eredità di quest’ uomo così discusso e contestato? Solo il coraggio di rivelare la sua omosessualità convulsa e conflittuale che lo portarono allo scandalo prima e alla morte poi? Non credo che ci sia bisogno di un Pasolini martire della moralità perbenista.
Credo invece ci spetti la volontà espressiva di Pier Paolo Pasolini in tutte le sue forme, e se non ci è dato di giudicare un uomo un paese a noi vicini storicamente ma lontani ideologicamente, almeno ci sia dovuta la possibilità di scoprire il suo spirito e il suo bisogno di comunicare, che è proprio di ogni generazione.
Donatella Giancola
2 novembre 2010