Sarà materia per la costituenda Agenzia per il risanamento, il cui statuto è stato approvato plebiscitariamente in Consiglio comunale il 4 settembre. Ma la storia di via G. Alessi, importante arteria che inizia dal rione Gazzi e attraversa Mangialupi fino a Fondo Fucile, ha dell’incredibile.
Nel corso dei decenni è stata praticamente inghiottita dalle baracche abusive al punto da annientarne buona parte del tracciato, interrotto da anni. Il tutto, sotto l’assoluta indifferenza delle amministrazioni comunali che si sono avvicendate. Risultato: viabilità sbarrata e circolazione di persone e mezzi negata, funzionali alle attività delinquenziali e di spaccio di stupefacenti dei clan di Mangialupi.
Addirittura le Poste, per far recapitare la corrispondenza, nella parte alta, oltre lo sbarramento, hanno dovuto far ricorso alla denominazione 26/C. Il paradosso: proprio quest’ultimo tratto di strada, ridotta ad un “budello” di un paio di metri di larghezza, a causa di edificazioni abusive, non rientra nel piano di risanamento, in quanto già “risanato” alla fine degli anni 80. Allora, una costruzione era stata abbattuta, ma di contro ne sono sorte ancora, una accanto all’altra.
In tal senso un’ordinanza di sgombero nei confronti di sei nuclei familiari, emessa dalla precedente Amministrazione comunale nel novembre 2017, è caduta nel vuoto. A seguito di denunce sullo stato di degrado della zona con presenza di attività illecite, a fronte di evidenti inadempienze degli organi istituzionali, la procura presso il Tribunale, nel 2016, ha aperto un fascicolo a carico di ignoti del quale si attendono gli esiti.
Visto il momento, l’argomento è più che mai attuale ed in costante aggiornamento: censimento delle baracche, approvazione dello statuto dell’Agenzia per il risanamento in maniera plebiscitaria da parte del Consiglio comunale, stato d’emergenza igienico sanitaria sottoposto alla Regione da inoltrare al governo nazionale. “Metteremo in campo risorse finanziarie importanti, che andremo a reperire dalla legge 10 del 1990 ma non solo. Dobbiamo rimuovere questa vergognosa emergenza e restituire dignità a Messina e ai messinesi”.
Dignità, appunto. Così l’assessore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone, imbeccato dal sindaco di Messina Cateno De Luca, ha commentato in un video lo stato emergenziale del risanamento a Messina, in virtù dell’istituzione dell’apposita Agenzia, prevista all’art. 62 della L.R. 8 del 2018, su proposta proprio di De Luca nella qualità di deputato. A Messina, così facendo, sarebbe arrivato il momento della svolta, coerenza e serietà amministrativa permettendo, confidando in un appropriato aggiornamento del “degrado” attraverso il censimento in fase di elaborazione.
Il caso. Nel rione Gazzi, a confine con Mangialupi e Fondo Fucile, la speranza sembra essersi fermata, mentre la storia prosegue tra degrado e illegalità. Via Gaetano Alessi è il paradigma di tutte le “vergogne”: una strada pubblica depredata, spaccata in due da un agglomerato di baracche, un’arteria di fondamentale importanza, parallela a viale Gazzi, che porta a Fondo Fucile, inghiottita, occupata da edificazioni abusive, fino ad interromperne persino il transito pedonale con un cancello.
Non si tratta di baracche post terremoto, bensì di abusivismi di ogni genere perpetrati a partire dagli anni 80 e 90, mentre la zona si è addensata sin dagli anni 60. Risvolti sociali. Neanche a dirlo, la zona è tra le più complesse e a rischio dell’intera città. Siamo nella prima periferia, prossima al centro, un mondo a sé, un’isola a pochi metri dal Policlinico universitario.
Qui, occupare e sbarrare strade, inibire la viabilità, a fronte dell’inerzia e dell’indifferenza delle istituzioni, è funzionale alle attività delinquenziali e di spaccio di stupefacenti dei clan di Mangialupi. L’effetto “diga” a protezione dell’illegalità è sotto gli occhi di tutti. E dire che a margine di questo labirinto impenetrabile, a cavallo degli anni 70, sono state edificate palazzine di edilizia convenzionata con vari enti: scuola, polizia, difesa e ferrovie.
Talune sono anche di buona architettura. Ma proprio una delle due palazzine dei ferrovieri, tra quelle poste nella parte alta di via Alessi, è stata “presa in ostaggio” da tanta barbarie. La storia, in questo senso, è in costante evoluzione, in negativo, nella fattispecie. Basti pensare che le Poste, per far recapitare la corrispondenza, hanno dovuto far ricorso alla denominazione 26/C.
E dire che alla fine degli anni 80, proprio qui, il Comune aveva “risanato”. In che senso, viene da chiedersi. Una baracca era stata demolita e due famiglie “sbaraccate” con tanto di case assegnate e consegnate. Fin qui tutto bene, salvo assistere, a distanza di poco, dai primi anni 90, ad una ripresa sconcertante dell’abusivismo. Così, metro su metro e piano su piano, il cemento ha ulteriormente divorato suolo pubblico. Tutto questo, lungo la superficie soprastante la galleria ferroviaria dei Peloritani, con un appesantimento che può creare seri rischi.
Piccole betoniere – per non dare all’occhio – sempre in azione, con frastuoni e disagi, cui hanno fatto seguito varie segnalazioni degli abitanti “sensibili” al problema, non hanno impensierito più di tanto gli organi preposti alla tutela del territorio, al decoro e all’ordine pubblico. Quest’ultima situazione ha raggiunto il massimo livello dal 2012 ad oggi, riscontrabile sulle cartografie comunali in rapporto allo stato dei luoghi. Dove c’erano auto parcheggiate adesso ci sono muri, baracche e un recinto che delimita un deposito di ferraglie. Provare per credere. C’è un limite a tutto. Un’ordinanza di sgombero nei confronti di sei nuclei familiari, emessa dal sindaco Accorinti il 22 novembre 2017, è caduta nel vuoto. Era scaturita da un tavolo tecnico.
Le motivazioni: “Situazione di pericolo creatasi a seguito di occupazione della sede stradale di un agglomerato di casette/baracche”. E ancora: “Le casette/baracche occupano parte della sede stradale non consentendo una regolare viabilità impedendo un eventuale transito di mezzi di soccorso in caso di calamità”. E siamo nella parte alta. Immaginiamo quella bassa, oltre lo sbarramento, dove non si transita neppure a piedi.
Così, sulle varie illegalità e inadempienze perpetrate, attraverso dettagliate denunce, documentate da fotografie, la procura della Repubblica presso il tribunale, nel 2016, ha aperto un fascicolo contro ignoti, del quale si attendono gli esiti. L’inchiesta è ancora aperta. Ai cittadini, spazientiti oltremodo, non resta che l’attesa. A questo punto, cogliendo la cosiddetta “palla al balzo” in tema di sbaraccamento e risanamento, condizione imprescindibile è aggiornare la mappa degli interventi in un’area che necessita di ritrovare la dignità e la legalità smarrite nel buio dell’ignavia e dell’indifferenza.
Corrado Speziale