«Ci si chiede perché il Governo, vista la grande maggioranza di cui dispone, abbia deciso la via della fiducia. La risposta è altrettanto semplice: far passare il tutto sotto silenzio.
«La rete idrica nazionale – spiega – ha bisogno di urgenti ristrutturazioni che lo Stato non può sostenere. I costi sarebbero tali da non poter essere sorretti dalla finanza pubblica, mentre i privati, liberi da vincoli politici, potranno riversare sulle tariffe le spese per l’adeguamento delle infrastrutture. È necessario quindi, che gli utenti non siano informati di quello a cui andranno incontro: non più Sindaci a cui rivolgersi per eventuali disservizi della rete ma, sordi call center delle Societàper Azioni».
«I nuovi gestori – continua – seguiranno le regole del mercato, non certo quelle del bene comune, il loro interesse saràil profitto; pertanto, è scontato attendersi un aumento dei costi per l’uso ed il godimento di quello che in molti chiamano “oro bluâ€Â. Più di 5 miliardi l’anno, questo il business che alimenta il settore dell’acqua in Italia. Un mondo tutto particolare, che coinvolge 252 imprese il cui giro d’affari supera i 2 miliardi e mezzo e con 25 milioni di famiglie servite».
«Per fortuna – aggiunge – non tutti subiscono passivamente quello che accade, nell’agrigentino i sindaci dei Comuni della provincia si sono opposti ad una decisione della Regione Sicilia che prevede il passaggio della gestione delle risorse idriche ad una SPA, e coesi si sono rifiutati di consegnare le chiavi degli acquedotti e delle reti idriche. Probabilmente anche molte delle virtuose cittàdel nord, guidate da giunte leghiste, non accetteranno di buon grado di perdere il controllo su di un tale bene. Quattro Regioni hanno annunciato ricorso alla Corte costituzionale ma ancora non basta, ce ne vorrebbe una quinta».
E conclude: «Si moltiplicano le iniziative promosse da associazioni, enti pubblici, cittadini, contrarie alla privatizzazione della gestione dell’acqua e volte a far riflettere sui consumi della risorsa idrica. Per le associazioni dei consumatori l’apertura ai privati peseràsui cittadini con aumenti tra il 30 e il 40%. Adusbef e Federconsumatori si dicono pronte a raccogliere firme per un referendum abrogativo. Noi lo faremo con loro».
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