Fresco di stampa la terza pubblicazione di poesie e di favole del poeta-giornalista di Sinagra, Domenico Orifici. Edito da Armenio Editore di Brolo il volume si avvale della prefazione del professor Franco Fogliani. La copertina è di Alex Manera.
In attesa delle prossime presentazioni pubbliche di quest’interessante lavoro di poesie siciliane che confermano l’originalità e la bravura di questo poeta\giornalista ne pubblichiamo l’interessante prefazione, quasi una guida alla lettura del libro.
La prefazione.
La poesia è sempre stata considerata la massima espressione dell’animo umano che si traduce in parole e concetti carichi di significato.
Parole e concetti che toccano il cuore e la mente e suscitano emozioni che, spesso, ci coinvolgono interamente influenzando anche i nostri comportamenti.
La poesia, insomma, è lo specchio dell’anima di chi scrive e lo diventa sovente anche di chi legge.
Domenico Orifici, nelle sue poesie in lingua siciliana e in lingua italiana, tocca temi di grande attualità veicolando valori che assumono un significto universale.
Si va dal racconto di fatti alla descrizione di paesaggi, dai grandi problemi del nostro tempo (l’arrivo di migranti, i giovani e le loro difficoltà) al ricordo delle tradizioni ormai scomparse (la mietitura), con uno sguardo non secondario agli avvenimenti di fine novecento e inizio anni duemila (l’attentato di San Pietroburgo, le torri gemelle, ecc).
Il tutto con grande sensibilità e un linguaggio semplice e comprensibile che ci trasmette la voglia di vivere in un mondo migliore.
Spesso la delicatezza degli accenti è talmente alta che non possiamo non chiederci in che mondo viviamo, come possiamo reagire con indifferenza alla sorte di donne e bambini che solcano il mare per venire da noi: “mamma e figghitti si taliavanu/ e cu l’occhi scantati si dumannavanu” (da Cori di mamma); o di fronte alle stragi che hanno colpito l’umanità nel corso dei secoli e, in particolare, negli ultimi decenni con migliaia (o milioni) di vittime innocenti (vedi poesia SHOAH).
Tanto da far dire all’autore che: “duemila anni già passaru/ e li cosi non canciaru: / su’ sempri ‘i priputenti / a cumannari supra ‘a genti”.
Perché l’uomo, come sosteneva Quasimodo, è sempre lo stesso, alterna momenti d’amore e di tenerezza ad atti di estrema violenza volti a sopraffare l’altro uomo, scatenando gli istinti peggiori.
Sono cambiati gli strumenti dice l’autore: Una volta “s’ammazzava cȗ bastuni/ e oj cȗ cannuni, / Canciau ‘a tecnologia / ma è ‘a stissa ‘a filosofia”.
Da qui la domanda che è, a mio giudizio, una sorta di disperazione interiore: “pirchì? Dio mio, Pirchì ?” (da E tu taci).
Una domanda drammatica che resta senza risposta perché una risposta non c’è, se non nella fede. E allora, di fronte al male che imperversa, ha sempre un senso porsi la domanda che si fece Montale nella Prolusione al Premio Nobel:
“E’ ancora possibile la poesia?”
Certo che si, perché serve a diffondere valori umanistici, positivi, a mostrare il bene che c’è, non solo il male, a sensibilizzare la gente. Una poesia per tutti, esplicita, che fa riflettere,come quella di Domenico Orifici; una poesia che, di fronte alla crisi dell’esistenza, si interroga e cerca di indicare una via certo personale, ma che può avere un valore per molti.
Perché ciò che spaventa oggi è il futuro, nostro e, soprattutto, delle giovani generazioni che non conoscono bene la vita e, spesso, incontrano difficoltà insormontabili. “‘U futuru fa paura…/è scuru” (da L’ignotu) dice l’autore e fa paura perché ci sembra di vivere in una società che ha smarrito i valori essenziali che sono il fondamento di una comunità ordinata e volta al bene, alla quale anela Orifici.
Osservare il male e combatterlo, ma pensare sempre al bene che può nascere: questa è la meta che si evince dai tanti bellissimi versi del libro.
Certo se è vero che “l’omu ntậ so libirtà/ cumbatti sempri p’’a filicità” (da Lu mali e lu beni), oggi questo obiettivo è diventato più difficile da perseguire perché, come sostiene Zigmunt Bauman ( in Retrotopia, pag. 43), “ non si vuole davvero sapere cosa dice l’altra parte”, cioè si vive in un mondo di assoluta incomunicabilità che deve essere in qualche modo superata.
In tutto questo trovano posto le deliziose Favole, contenute nella seconda parte del libro, che sono una sorta di incursione nella memoria collettiva del popolo e un richiamo al buon senso che deve illuminare la nostra vita, fuori da furbizie e da prepotenze che sono sempre in agguato quando la fiducia nell’altro diventa eccessiva.
Franco Fogliani
Le poesie contenute in questa raccolta
Cori di mamma
Notti di sabatu
La mammuzza
La fimmina
La cichira dȗ nonnu
La lacrimuzza
Lu papà
La festa dȗ furmentu
Gilusia maliditta
Lu mali e lun beni
Davide e Golia
Li ghiri sui Nebrodi
L’acqua
L’acqualora
Calura
Terra bruciata
La ricotta di Matilde
Nivica
Chi canciau?
Fa beni e scordati, fa mali e pensaci
San Pietroburgo
Li torri gemelli
E tu taci
Shoah
da leggere
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