Granata, il 1° marzo 2018 per arresto cardiocircolatorio da solo nella propria abitazione di Gliaca di Piraino, anzi esattamente nel quartiere sant’Anna nel comune di Brolo..
Todaro, l’indomani, a seguito di una leucemia fulminante, in un ospedale messinese. In un clima ci dice chi c’era di tensione, dove anche l’acqua da bere doveva pervniere sigillata.
Per queste morti, la Commissione – che ha cercato di approfondire i numerosi interrogativi lasciati aperti dal decreto di archiviazione disposto dal gip di Messina sul caso Antoci – ha ora chiesto che vengano riaperte le indagini.
Granata, la sera dell’attentato ad Antoci guidava l’auto di Manganaro. Todaro fu invece tra i primi ad intervenire sul luogo del crimine, in qualità di responsabile della sezione di polizia giudiziaria del commissariato di Sant’Agata di Militello. Todaro, proprio per il suo ruolo di responsabile della sezione polizia giudiziaria, è anche l’operatore che avrebbe seguito le indagini sull’agguato, in co-delega con la squadra mobile di Messina, per conto del commissariato di Sant’Agata di Militello.
Ma entrambi facevano parte della squadre dei “poliziotti vegetariani” che sui nebrodi h24 – possiamo dire – conducevano da tempo le inchieste scottanti sulle macellazioni clandestine, sull’abigeato, sui rivoli, spesso fiumi in piena, dei finanziamenti per i pascoli, e forse anche sullo smaltimento dei rifiuti tossici.
Sulla tragica coincidenza delle due morti, definendole sospetti e ad accostare i loro nomi all’azione di contrasto messa in essere in tanti non hanno dubbi . ma l’opinione pubblica poco può fare davanti ai risultati di esami e indagini. Così sembra cader il silenzio dell’archiviazione. Almeno sino ad ieri.
Anche Manganaro tra i primi a giungere sottocasa di Granata quando si seppe della sua morte, si è battuto per aver quelle certezze volute per definire il caso e la compagna di Granata, Lorena Ricciardello, ha da sempre avuto perplessità sul fatto che si tratti di due decessi per cause naturali.
Lorena Ricciardello, in particolare, ha descritto alla Commissione quale fosse lo stato d’animo di Granata sia nei mesi successivi all’agguato che nei giorni immediatamente precedenti alla sua morte.
Era preoccupato, diceva che bisognava stare attenti e faceva anche attenzione a dove si muoveva, nel senso che si guardava sempre attorno.
Inquietante la dichiarazione ai componenti della commissione antimafia:
“Per quanto riguarda questo infarto – racconta la compagna di Granata – che non è un infarto… ma un arresto cardiocircolatorio… l’arresto cardiocircolatorio, è vero ti può anche uccidere. Ma c’è un vuoto nella giornata del 28, in cui non si hanno notizie di Tiziano, del suo telefono. Se hai un arresto cardiocircolatorio, non è che rimani 24 ore comatoso nel letto. Ti puoi comunque muovere, riesci a prendere il telefono, fino a quando c’è l’exitus… Io ho sempre pensato, allora lo dissi anche al Pm Bonanzinga, che sospettavo anche di un avvelenamento. Perché nel periodo in cui ero scesa in precedenza, quando festeggiamo il suo compleanno che fece quarant’anni, Tiziano senza mangiare così doveva evacuare velocemente, andare in bagno… ”.
Quanto tempo prima questo? chiede il presidente della Commissione antimafia, Claudio Fava.
“Lui ha fatto il compleanno il 14 di febbraio. (…) – dice Ricciardello – Poi un’altra cosa… l’allarme che c’era qualcosa che non andava l’ho lanciato io da Genova, chiamando suo fratello, perché comunque non sentendoci più all’improvviso, per me c’era qualcosa che non andava. La sera (del decesso ndr) Tiziano mi ha risposto al telefono, per tutta la giornata il suo telefono era chiuso o mi rispondeva la segreteria… quindi non so dire se era chiuso o meno perché comunque sono sempre le linee telefoniche, però la telefonata mi è partita più volte la sera, intorno alle 20, 20.28, ed ero io che staccavo la chiamata, perché non sentivo parlare dall’altro lato… Io telefonavo a Tiziano e nel mio telefono risultava che avevano risposto dall’altro lato, i minuti scorrevano e non c’era nessuna voce. Allora io riattaccai e rifeci questa situazione per altre quattro volte, e per quattro volte mi è stato risposto. Non ho sentito niente dall’altro lato… ero io che poi staccavo, cioè io sono stata anche 25, 30 secondi”.
Sulle morti di Todaro e di Granata, com’è noto, l’autorità giudiziaria ha già fornito una risposta. A seguito dei due decessi sono state avviate due inchieste: una condotta dalla Procura di Messina, territorialmente competente per il decesso di Todaro; l’altra, sulla morte di Granata, da quella di Patti. L’epilogo è identico per ambedue i procedimenti: archiviazione. Il gip di Messina emetterà il suo provvedimento il 26 settembre 2018.
Quattro mesi più tardi, invece, il 26 novembre 2018, si pronuncerà quello di Patti: i dubbi manifestati da Ricciardello Lorena e Manganaro Daniele non trovano riscontro negli accertamenti tecnici che escludevano avvelenamenti o cause esogene né le anomalie sopra indicata dalla prima (il cellulare lontano dal cadavere di Granata, la telefonata muta e l’ordine in casa) sembravano assumere rilievo causale o concausale con l’evento morte.
Dunque vicenda chiusa.
O forse non definitivamente, a giudicare dalle parole che il procuratore di Patti, Angelo Cavallo, ha consegnato alla commissione in chiusura della sua audizione:
“Vero è anche che ci troviamo di fronte a delle archiviazioni che sono provvedimenti per loro natura temporanei. Nel momento in cui noi dovessimo avere delle indagini, degli spunti seri, siamo prontissimi a riaprire le indagini non soltanto sulla morte di Granata, ma anche sull’attentato ad Antoci e quant’altro.
Questi provvedimenti non sono delle pietre tombali, sono dei provvedimenti che si fanno perché ad un certo punto di dice: “noi le indagini le abbiamo fatte, non abbiamo altri spunti, per ora le chiudiamo”. Se un domani si alza un collaboratore che ci viene a dire x o y, sono sicuro che la procura di Messina sarà la prima a riaprire eventuali indagini”.
Una speranza in più sulla riapertura delle indagini viene oggi con la richiesta dei deputati del Movimento5Stelle componenti della Commissione antimafia che non hanno remore nel sollecitare la Procura di patti a riguardare gli atti.
E anche dal protagonista di questa vicenda, Giuseppe Antoci, che al netto della fitta coltre di dubbi che avvolge il fatto di cui sarebbe rimasto vittima, continua a trovare – lo scrive nella sua relazione – “per lo meno strana” la macabra coincidenza che ha segnato le morti di Granata e Todaro.