Abrogato il reato di “Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti” nel Testo Unico Ambientale (D.L.vo 152/2006): dal 6 aprile 2018 il riferimento normativo è nel codice penale!
Con il D.L.vo 1 marzo 2018, n. 21, e precisamente con l’art. 3 del decreto, infatti, il nostro Legislatore ha “trasferito” l’art. 260 del D.L.vo 152/2006 nel codice penale: trasferito in maniera letterale, considerato che si tratta di una vera e propria operazione di “copia e incolla”.
L’ormai vecchio art. 260 è, di fatto, totalmente trasposto nel nuovo art. 452-quaterdecies, che così recita:
“Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni.
Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.
Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30, 32-bis e 32-ter, con la limitazione di cui all’articolo 33.
Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, ordina il ripristino dello stato dell’ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione del danno o del pericolo per l’ambiente.
E’ sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca”.
Insomma, dal 6 aprile 2018 (entrata in vigore del nuovo decreto) il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, la cui fattispecie rimane, di fatto, sempre la stessa, non sarà più punito ai sensi dell’art. 260 del TUA, bensì ai sensi dell’art. 452-quaterdecies del codice penale.
E quali conseguenze per le altre disposizioni legislative che rimandano all’art. 260?
In questi casi, tutti i richiami all’art. 260 devono intendersi al nuovo art. 452-quaterdecies del codice penale: il Legislatore italiano ha, infatti, stabilito che dalla data di entrata in vigore del decreto 21/2018, e quindi dal 6 aprile 2018, i richiami alle disposizioni abrogate si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del codice penale (si veda la tabella A allegata al decreto).
Questo significa che il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti resta, ad esempio, uno dei reati presupposto previsti dal D.L.vo 231/2001, il provvedimento che ha introdotto nel nostro ordinamento una serie di ipotesi che danno origine alla responsabilità amministrativa degli enti. Con un intervento del 2011 (D.L.vo 121/2011, anche conosciuto come “231 Ambiente”), sono entrati a far parte di tali ipotesi anche una serie di reati ambientali, tra cui figura, appunto, quello di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti: in questo caso, il riferimento all’art. 260 del D.L.vo 152/2006 è da intendersi all’art. 452-quaterdecies del codice penale.
Tra l’altro, ricordiamo che solo poco tempo fa la Cassazione aveva fatto espressa applicazione di questa norma, condannando un’azienda colpevole di attività organizzate per il traffico illecito ed applicando la misura cautelare del sequestro preventivo, dal quale discendeva, in sostanza, l’affidamento dell’azienda ad un amministratore giudiziario (Cassazione Penale, sentenza n. 6742 del 12 febbraio 2018).
Questa legge era quella che Tiziano Granata, poliziotto ambientalista recentemente scomparso, voleva che si facesse già da tempo.
fonte: https://www.tuttoambiente.it/news/ecomafia-codice-penale/