I risultati, finita la conta dei voti, visti gli eletti, considerato il gioco degli schieramenti, a volte i veti incrociati, ma anche tenuto conto delle occasioni perse e di quello che riserva il futuro… tra un anno si rivoterà per le amministrative e forse anche prima in altri ambiti, dà lo spunto in questi giorni per soffermarsi, riflettere, pensare sui questi risultati elettorali.
Un’analisi e denti stretti, a tratti sibilata, che diventa confronto, critica, bisogno di “svuotar la pancia” se fatta non dai tuttologi della politica ma dagli addetti ai lavori, quegli uomini che dal Pci, hanno visto mutare simboli e persone, diventando prima Pds, poi vivendo le epopea di sfrondati Ulivi e Querce più o meno maestose, per diventare Pd…
Uomini che oggi forse, nei giorni in cui si ricorda Berlinguer, forse assillati da dubbi e incertezze su quale scelta fare…
E’ un’analisi impietosa che unisce la “base” e i vecchi dirigenti, scatena il confronto tra i giovani, vissuti lontani dagli scontri ideologi, dai movimenti di massa, che però hanno bisogno di punti di riferimenti, che in altre epoche si chiamava anche ideologia.
“E’ un risultato quello vissuto in provincia di Messina, sopratutto tra Barcellona e Milazzo, – dice un caparbio “resistente – che fa venire fuori tutti i limiti di questa classe dirigente provinciale a livello complessivo mediocre – e che aggiunge – che lascia molto a pensare, e ne è la misura della sua pochezza – il dato che fra l’altro in nessuna dichiarazione verticistica, nè a livello di struttura nè attraverso le segreterie politiche degli onorevoli e deputati di riferimento, vengono riconosciuti gli errori, e l’incapacità – ormai genetica – anzi il rifiuto al confronto”.
E aggiunge un sindacalista, che ancora ascoltando “Bella Ciao” balza in piedi e alza il pugno:”Nella nostra regione il risultato e’ ancora più drammatico di quanto si possa pensare, non c’è programmazione, nè c’è una politica unitaria, spesso solo una logica clientelare, peggio che nella peggior Democrazia Cristiana.
Ora incomincia il rimpallo delle responsabilità senza mai ammettere le proprie.
Vige una logica lontana da chi ci ha creduto e combattuto, quella che nel costruire le posizioni non prevale mai il merito ma la difesa di se stessi”.
E come poter dar loro torto.
Poi è il tempo delle analisi impietose.
“Abbiamo assistito nella nostra provincia – ovviamente si parla di Milazzo e Barcellona – alla scelta delle convenienze di parte, in un paese con la destra, nell’altro con la sinistra per difendere la posizione del singolo deputato. – a parlare è un esponente di rango del partito di Renzi, non distante dal segretario del partito, ma ben ancorato alla realtà locale, che aggiunge – In questo contesto l’esempio più eclatante è proprio il risultato di Barcellona Pozzo di Gotto, qui si determina la sfiducia del sindaco votando una mozione della destra. Lo si fa senza avere un progetto e non voglio aggiungere che lo si è fatto “contro”.
Il risultato è chiaro, sotto gli occhi di tutti, Barcellona torna indietro, a dispetto dello slogan elettorale del vincente. Si consegna il paese al Nania di sempre, ad una Destra che si credeva morta e fuori dei giochi”.
Un’analisi dura, che a microfoni spenti, chiama in causa gli uomini forti del partito nel messinese, pre e post Genovese.
Quelli che sgomitato per un posto al sole, per nuovi scenari politici, che non lasciano spazi, che con il bilancino, pronti anche a cambiar casacca, fanno i conti con le nuove leggi elettorali “penso sia impossibile continuare in questo modo, pena distruggere tutto, anche le prospettive, credo che continuando cosi prenderà sempre più forza il populismo e l’interesse di pochi sui molti — non sarà il nuovo che avanza, ma il vecchio restaurato, i capopopolo che furono i paladini dei borboni e della mafia, oggi magari sotto le bandiere del disagio sventolate da Lega, Pentastellati e agitatori di borgata”.
E un giovane, universitario, “di sinistra”, ma non renziano, uscendo da quella che una volta era una sezione, oggi tristemente chiamato “circolo” sottolinea: “non penso sia possibile che una classe dirigente della deputazione regionale discuta per mese sul taglio dei consiglieri, sul taglio degli assessori, delle indennità di sindaci deputati e gettoni di presenza vari, consigli di amministrazione vari incarichi. perdendo tempo e energie – discutendo nel palazzo – senza tener conto che la Sicilia sprofonda e la disoccupazione aumenta, il lavoro non c’è, il sistema dei trasporti sia autostradale, che stradale o ferroviario è praticamente inesistente”.
“Viviamo l’emergenza, quella dei profughi, degli sbarchi, della corruzione, della malavita, delle macchine bruciate a Gela, di una Sicilia divisa in due, di paesi abbandonati, speriamo nella nuove immigrazioni, le nostre, per i centri d’accoglienza con la speranza che diano lavoro, vediamo trasportare le nostre aziende in Romania, Croazia, o Austria, tra le isterie di Rosario Crocetta, sempre più inconcludente, lontano dal dialogo con la base, imbalsamato in un un regno senza regno – e conclude – oggi è necessario che i cittadini prendano coscienza che siamo sul baratro, quello reale e non figurato, che si ritorni alla partecipazione e non si dia ragione a chi comanda quando sbaglia, appropriandoci di noi stessi e del nostro destino”.
Sembra proprio aria di rivoluzione… interna al Pd messinese e non solo.
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