
Chissà cosa potrebbe fare Enzo Basso, allorquando potrebbe andare a passeggio, o uscire per prendere un caffè al bar, incontrando amici e colleghi.
Di quale infamità potrebbe ancor rendersi reo.
Se lo saranno chiesti in tanti, apprendendo, in una sorta di passa parola, sulla stampa non c’è nulla da leggere riferendosi a questo caso, che la scorsa settimana il Tribunale ha espresso un giudizio negativo sulla sua istanza di revoca dei domiciliari.
Più di cento giorni a casa.
Forse dovrà scattare, quasi simbolicamente, la fatidica quota 109.
E c’è chi anche afferma che quei domiciliari manco doveva esserci, non c’era nè pericolo di fuga nè di inquinamento delle prove.
Ma a volte va così.
Aspettiamo …tanto il prossimo 22 febbraio si avvia il dibattimento davanti al Gup del Tribunale di Messina.
Intanto l’asta della vendita del periodico è al palo. Andata deserta nelle sue prime battute.
Ma era logico, del resto chi è disponibile ad acquistare il “nulla”? (Il prezzo iniziale di vendita di “109” era stato fissato di 221mila euro).
“100nove” -per la cronaca – era il periodico, a tiratura regionale, fondato 25 anni fa proprio dal giornalista Enzo Basso,c he allora era alla guida della redazione messinese del Giornale di Sicilia.
Ora lui è accusato di “bancarotta impropria”.
“Rare volte mi è successo nella vita di leggere un cumulo di imprecisioni quali quelle riportate nell’ordinanza firmata dal gip che ha autorizzato il mio arresto – ha detto Basso scrivendo una sorta di memoriale difensivo – e si sta spulciando tutto quello che ho fatto negli ultimi 24 anni, come giornalista-imprenditore dell’editoria, si mischiano fatti di vent’anni fa con vicende di quindici anni fa e si presenta poi un conto con un mandato limitato agli ultimi cinque anni”.
Secondo la Finanza, che notificò gli arresti domiciliari a Basso il 30 ottobre scorso, il sistema del giornalista-editore “consisteva nel creare società ad hoc, che venivano gravate di oneri connessi alla titolarità di importanti testate giornalistiche edite nella provincia di Messina, indebitate con l’erario e con gli istituti previdenziali e successivamente messe in liquidazione con il contestuale spostamento della gestione della testata ad altre imprese”.
Ma per Basso tutto questo è un teorema. Lui è sicuro che riuscirà a smontare, ribaltando il tutto, appena ne avrà la possibilità.
Forse questa certezza, della quale non fa mistero, è diventata quel qualcosa “ostile” nei suoi confronti che nel mondo medico si potrebbe definire “accanimento terapeutico”.
E aspettando il prossimo 22 febbraio rileggiamo quanto scrisse, appunto Enzo Basso, nel 1993, quando il settimanale Centonove faceva la prima comparsa sulla scena editoriale messinese.
Parole che, dopo quasi venticinque anni, per questa nostra Isola appena uscita dall’ennesima tornata elettorale non fanno altro che ricordarci di essere la terra del Gattopardo.
Un numero e un sogno
di Enzo Basso
Ma cos’è Centonove?
Un numero, una formula, un sogno?
È un numero.
Rappresenta i comuni della provincia di Messina più uno.
È una formula giornalistica: ogni settimana tutti i comuni avranno un servizio, un articolo, o almeno un titolo che li interessa.
È un sogno.
È l’isola che non c’è.
Un lembo di terra ideale, amministrato con trasparenza.
Dove la politica, la vita, la società sono intese in un modo nuovo: non esistono le bustarelle, le ruberie, le scuole e i servizi funzionano, il traffico scorre, l’abusivismo è un reato previsto solo nel codice penale, gli anziani non sono relitti umani, il lavoro non è un ricatto.
Questo si, è un sogno e anche un programma e un manifesto di lavoro.
Questo giornale nasce con una volontà di pulizia. Spinto da una forza, quella del territorio di questa provincia, che si sente offesa dal sottosviluppo. Ci sono chilometri di coste danneggiate dall’inquinamento, comunità montane con strade faraoniche che non portano a nulla, risorse economiche sbeffeggiate dal saccheggio e dallo squilibrio del mercato.
Solo parole? No: centotto comuni non sono uno scherzo.
Sono quasi un milione di abitanti, sono una delle novantacinque province italiane sotto profilo ambientale, archeologico, e culturale più ricche, l’un e qualcosa per cento degli ottomila centri d’Italia che sulle mappe geografiche è ricordato solo per lo Stretto e per un territorio montuoso difficile da visitare.
Un piagnisteo? No, una triste realtà.
Le provole di Floresta non hanno nulla da invidiare al parmigiano reggiano.
l salami di Sant’ Angelo sono sicuramente più buoni dei Citterio sublimato alla pubblicità.
Capo d’Orlando è sicuramente più accogliente dell’ombrellopoli di Rimini.
E, se proprio ci teniamo al campanile, la pignolata è più buona del panettone.
Questione di gusti. E allora diamoci al sano orgoglio isolano.
Se si vuole uscire dal pantano morale, dal degrado mafioso, dalla democrazia parolaia fatta di appalti e stecche divise con fare religioso come si dividono i pani e i pesci, ci vuole l’orgoglio e la forza di chi vuole proporre modelli nuovi.
Per fare questo, per propugnare questo nuovo Umanesimo bisogna spezzare le vecchie regole.
Centonove vuole aiutare questo tentativo.
Può riuscirvi solo se voi ci credete.
Altrimenti resterà solo un numero, una formula, un sogno. (10 Aprile 1993)
da leggere
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