EPICOCO: “Personalmente mi sento più affine a un’artisticità intima, ho sempre avuto la necessità di parlare della mia quotidianità e di chi mi sta intorno”
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EPICOCO: “Personalmente mi sento più affine a un’artisticità intima, ho sempre avuto la necessità di parlare della mia quotidianità e di chi mi sta intorno”

Intervista realizzata da Giulia Quaranta Provenzano

Oggi la blogger Giulia Quaranta Provenzano ci propone la prima parte dell’intervista a Davide Epicoco, giovane e talentuoso cantautore pugliese – che, tra le varie collaborazioni, può vantare quella con Giulio Nenna e l’aver firmato alcuni brani di Benji & Fede…        

Buongiorno Davide! Vorrei iniziare col domandarti subito quando, come e soprattutto da quale motore interiore ha avuto origine il tuo viaggio nella musica e nella scrittura. Buongiorno a te, Giulia! La mia passione per la musica nasce prestissimo, all’età di tre anni, quando incomincio a prendere lezioni di pianoforte… ma, non sapendo né leggere né scrivere, mi facevano associare le note ai colori. Da allora non mi sono mai staccato dallo strumento e piano piano, dodicenne, ho iniziato a scrivere i primi testi per descrivere come vedevo il mondo”.  

Da piccolo chi immaginavi di diventare “da grande” e che bambino sei stato? Da piccolo, in realtà, avevo un sogno specifico… sempre nella musica ed era quello di diventare un direttore d’orchestra. La musica classica mi ha sempre affascinato particolarmente. Ero un bambino che ascoltava tanto, silenzioso quando serviva e rumoroso per necessità (alcune volte) ma fondamentalmente – nonostante l’età – già razionale. Mi piaceva tantissimo giocare a calcio”.

Quale colore e quale canzone assoceresti ai periodi più significativi della tua vita sino ad ora? “Alla mia infanzia associo il bianco e l’album “Terra mia” di Pino Daniele… Mia madre me lo faceva ascoltare sempre e io, volentieri, appunto lo ascoltavo in loop ché mi piaceva troppo. La mia adolescenza invece è stata di colore rosso, anni caldi e vi abbino tutta la discografia dei Beatles (in particolare il brano “Hey Jude”). Avevo una cover band e suonavamo le canzoni di questo gruppo meraviglioso, che bei tempi! In questi ultimi anni il mio colore è il blu (che è, anche, il mio preferito) e, senza dubbio, vi collego il mio disco “Cicatrici”. Sono stati anni di crescita, di sbagli, di amori andati male, di notti a far mattine e ferite… Dolori che, col tempo, si sono cicatrizzati e si va avanti: tale è il bello e il brutto della vita”.

Tu credi nel “Destino” (cos’è il destino?), o sei piuttosto dell’idea che l’essere umano sia il solo artefice della propria sorte? Il destino non può non esistere, semplicemente bisogna conferirgli una propria visione. Io penso che di fondo ci sia un disegno …ma ovviamente il fato (personale) ce lo scriviamo noi in base al nostro carattere, al periodo in cui e che stiamo vivendo e agli stimoli che abbiamo accanto. Io provo a sfidarlo ogni giorno”.

Cosa rappresenta per te l’Arte, la musica in particolare e quale ritieni esserne il potere nonché principale pregio e valore? L’Arte – per quello che mi concerne – rappresenta la possibilità di essere me stesso, senza alcun filtro, e la musica né è certamente lo strato più bello. Il grande potere che essa ha è la sua universalità, il suo essere presente nella vita di tutti, ogni giorno e a ogni ora. Personalmente mi sento più affine a un’artisticità intima, ho sempre avuto la necessità di parlare della mia quotidianità e di chi mi sta intorno. Tantissimi si tengono dentro quello che succede loro mentre io, all’opposto, ho necessità di sputarlo fuori nel modo che amo di più. Attualmente noto che in giro vige tantissima apparenza e c’è invece poca sostanza, fondamentalmente manca la verità. Proprio la verità è l’unica prerogativa per essere se stessi ma, ovviamente, far vedere quello che non si è è molto più facile. Io, tuttavia, accetto ogni parte di me… pure quelle un po’ più deboli e amo guardare la naturalezza delle cose tant’è che andrò sempre in questa direzione”.

Il testo, la melodia, la voce quanto sono rispettivamente importanti nella tua artisticità e nei brani che, generalmente, prediligi?Il testo è, per me, particolarmente importante. Ciò perché devo sempre lasciare un messaggio, qualcosa di vero a chi mi ascolta. Vivo quello che scrivo e, in un’epoca artistica in cui le parole non sono più fondamentali come lo erano invece una volta, mi sento fortunato a pensarla al contrario rispetto alla maggioranza e ad agire di conseguenza …Questo è quello che, del resto, mi dice il cuore. La melodia è la bellezza della musica, proprio come lo sono gli occhi di una donna. Se gli occhi sono belli, non puoi non innamorartene. Proprio per tale motivo mi faccio trasportare dalla naturalezza del momento, ma cercando di rimanere sempre incisivo. La voce è quel filtro che, se usato bene, può trasmettere tanto. Io non sono un grande cantante, non ho mai studiato canto seriamente però, da un annetto a questa parte, mi sto impegnando altresì in codesto senso in quanto credo che sia essenziale per la comunicazione con il pubblico”.

Come descriveresti la sensazione e lo stato d’animo che provi quando fai musica e come capisci che è giunto il momento di dare alla luce un nuovo brano? “Ci sono tante fasi nella musica, quella dei live è la più dinamica e la più adrenalinica. Il palco è la dimensione che preferisco, perché avviene il contatto diretto con il pubblico. C’è, inoltre, la fase di scrittura che io vivo quasi sempre da solo – nel silenzio della notte, in cui posso dare largo spazio alla mia creatività e ispirazione. In un secondo momento interviene il produttore (attualmente sto lavorando con Andrea Beretta), che disegna le produzioni dei miei pezzi. Alcune volte però nasce tutto insieme, insomma non seguo un iter specifico ma mi lascio prendere semplicemente da ciò che ha origine e si sviluppa in maniera molto naturale”.

Quando osservi, leggi, ascolti un artista cosa ti impressiona positivamente e cosa ti entusiasma tanto da fartelo ritenere tale? Vi è qualcuno che stimi particolarmente e il quale vorresti ora collaborare?Per me la musica è sempre stata MAGIA e, in quanto tale, nel momento dell’ascolto devo emozionarmi. Essa deve rubarmi l’attenzione grazie alla melodia, o attraverso una frase. Questo mi succede veramente con pochi artisti ma, se devo fare alcuni nomi, il mio sogno è di collaborare con Renato Zero, Tommaso Paradiso e Lazza. Ogni volta che ascolto certi brani proprio di Renato Zero mi viene da piangere, amo la sua personalità artistica e il fatto che abbia cantato di determinati argomenti in modo raffinato e allo stesso tempo struggente. È un gigante. Tommaso Paradiso, poi, ha un’enorme sensibilità e lo si percepisce tanto nella sua musica. Io lo ascolto da tantissimo tempo e, immancabilmente, mi stupisce con le sue immagini e le sue metafore semplici eppure capaci di arrivare dritte dentro di me. Ho, infine, scoperto un pezzo (dal titolo “Morto Mai”) di Lazza in un momento bruttissimo della mia vita e mi ha aiutato a uscirne. I suoi testi sono forti, come lo sono altresì le sue melodie. È dotato di una cosiddetta grande cazzimma ed è un esempio per chi sogna di fare musica. Sarebbe bellissimo scrivere un pezzo al pianoforte insieme, visto che è lo strumento di entrambi”.

Da imperiese quale sono, ti chiedo che cosa ne pensi del trionfo sanremese di Mahmood e Blanco – con la canzone dal titolo “Brividi”. Ci puoi dire se, inerentemente alla 72esima edizione del Festival di Sanremo, c’è stato qualche brano che ti è piaciuto da subito? “Mahmood e Blanco sono due grandi artisti che, unendo le loro voci e il loro mondo, hanno partorito una canzone meravigliosa. Sicuramente meritavano di vincere la 72esima edizione del Festival di Sanremo. Una canzone che mi è piaciuta notevolmente, accostata anche all’incredibile forza e particolarità del cantante, è stata “Sesso occasionale” di Tananai… bravissimo in tutto, nel linguaggio sicuramente fresco e nelle sonorità che potano a viaggiare immediatamente in un bel mondo”.

Qual è l’istante in cui un emergente, se realmente esiste un tale istante, capisce che non lo è più? “Non si è più tali quando si matura artisticamente, perché non si può rimanere a vita artisti emergenti… La crescita fa parte del percorso e, secondo me, non è il diventare BIG che determina la fine dell’essere emergente bensì, invece, essere per l’appunto maturato sotto tantissimi punti di vista – sia nella scrittura, sia nello  studio, sia sul palco”.

Giulio Nenna in più occasioni ha affermato e dimostrato di stimarti, dunque ti chiedo tu cosa puoi raccontarci a proposito del vostro collaborare. Io e Giulio abbiamo un rapporto bellissimo, c’è una grande stima da parte sua e di questo ne sono onorato …per non parlare di quella che provo io nei suoi confronti. Lui è stato davvero il primissimo a vederci un qualcosa di grande nella mia musica e lo ha visto quando, forse, non ce lo vedevo neanche io. Avevo diciotto anni ed ero un Davide diverso da quello di adesso. Insieme abbiamo scritto tante canzoni, ciò che mi piace di Giulio è la verità che ci mette nella sua Arte. Sono fiero di averlo incontrato, mi ha fatto crescere tantissimo nel mio percorso come musicista e come cantautore”. 

26 Novembre 2022

Autore:

redazione


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