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Esercitazione militare riapre antiche ferite in America latina

di Antonio Mazzeo

Un’isola del Pacifico disputata da due paesi; poi, improvvisa, l’occupazione da parte delle forze armate di uno di essi. Il contendente invoca l’intervento delle Nazioni Unite. Scatta l’ultimatum: “o vi ritirate o sarà dato il via alle operazioni aeree combinate di una coalizione internazionale”. Gli occupanti fanno orecchie da mercante e in men che non si dica, sull’isola scoppia l’inferno. Centinaia d’incursioni aeree, bombardamenti aria-terra, lanci di paracadutisti, atterraggi di aerei ed elicotteri da trasporto, sbarco di uomini e mezzi pesanti, evacuazione di civili. La potenza di fuoco scatenata dalle forze della coalizione internazionale è di tale intensità da non dare scampo agli invasori. L’“ordine internazionale” viene ripristinato.
È lo scenario dell’ennesima esercitazione in America latina delle forze aeree di Stati Uniti, Francia e delle maggiori potenze regionali, Cile, Brasile ed Argentina. Teatro dei war games, il grande deserto di Atacama, regione all’estremo nord del Cile. Denominata “Salitre 2009”, è la più grande delle operazioni aeree della storia del continente, ed ha preso il via a metà ottobre per concludersi solo alla fine del mese. L’“isola che non c’è” si estende su un territorio che comprende le basi aeree “Los Cóndores” di Iquique e “Cerro Moreno” di Antofogasta, più il porto a sud di Patache. A fronteggiarsi 1.400 militari cileni e 400 stranieri, ed un inverosimile numero di aerei ed elicotteri da guerra: cacciabombardieri F-5 ed F-16 cileni, A-1 brasiliani, A-4AR argentini, Mirage 2000 francesi; aerei cargo e cisterna KB-707 ed EB-707 cileni e KC-130 argentini. Altrettanto agguerrito lo schieramento dell’US Air Force, ormai di casa negli scali aerei settentrionali cileni: 6 caccia F-15C del 122nd Fighter Squadron (Guardia Nazionale della Louisiana); 2 aerei da trasporto HC-130 “Hercules” del 71st Rescue Squadron; 2 velivoli per il rifornimento in volo KC-135 del 197th Aerial Refueling Squadron (Guardia Nazionale dell’Arizona). All’esercitazione, in qualità di osservatori, partecipano pure alti ufficiali delle forze aeree di Venezuela, Ecuador, Messico e Bolivia.
“Gli scenari sperimentati con Salitre avranno un’ampia applicazione per gli interventi di guerra o di supporto a missioni civili in qualsiasi parte del mondo”, ha dichiarato il colonnello Bryan Bearden, direttore operativo di AFSOUTH, il Comando Sud delle forze aeree USA. “L’esercitazione rappresenta un’importante occasione per i nostri piloti di lavorare insieme ai colleghi latinoamericani. Ciò consentirà a tutti di sostenere le operazioni di una coalizione internazionale, così come le missioni globali di stabilizzazione e peacekeeping delle Nazioni Unite, l’intervento armato a rispetto delle zone “no-fly” o il pattugliamento delle aree infestate dai pirati”.
Se nei disegni di Washington le azioni aeree di “Salitre” dovevano rafforzare la propria egemonia nel continente latinoamericano, hanno invece avuto l’effetto di riaprire antiche ferite tra i gruppi dirigenti nazionalisti di due partner strategici dell’area andina, Cile e Perù. Nei piani originari, era prevista infatti la simulazione di un’operazione di “ristabilimento dell’ordine internazionale” dopo un conflitto tra due stati confinanti in disaccordo sulle rispettive frontiere terrestri e marittime. Più specificatamente si accennava “ad un paese vicino che minacciava la pace non rispettando i trattati internazionali”, formula che secondo il governo e la stampa peruviana alludeva apertamente alla querelle diplomatica risalente alla fine del 19° secolo, quando il Cile sconfisse militarmente Perù e Bolivia, annettendosi ampi territori meridionali dei due paesi. Una diatriba strumentalizzata periodicamente dall’una o dall’altra parte, riacutizzatasi nel gennaio 2008 con la presentazione, da parte peruviana, di una richiesta alla Corte dell’Aja per il riconoscimento dei diritti su un’area dell’Oceano Pacifico sotto controllo cileno. Invitata a partecipare alle manovre nel deserto di Atacama, l’aeronautica militare peruviana ha così scelto di disertare l’evento, ritenendolo “inopportunoe ed inappropriato”.
“Qualsiasi paese ha il diritto di realizzare manovre militari nel suo territorio, ma il nome di questa esercitazione ci fa ricordare l’infausta guerra del Pacifico dove proprio il Salitre fu la causa di divisione che condusse il Cile ad impossessarsi dei territori peruviani e boliviani”, ha affermato lo specialista in diritto internazionale, Julián Palacin Fernández, peruviano. “Non vorremmo dunque pensare che queste manovre mascherino una minaccia di uso futuro della forza nel caso in cui fosse costretto ad accettare una sentenza avversa all’Aja”.
Ancora più pesanti le parole del congressista del Partido Aprista (al governo), Javier Valle Rientra, controverso ex primo ministro di Alberto Fujimori. “Dobbiamo vigilare seriamente la postura cilena”, ha dichiarato. “Per noi Pinochet e la presidente Michelle Bachelet sono gli stessi, uno è un autoritario di destra, l’altra è un’autoritaria di pseudo-sinistra. Ed entrambi hanno mantenuto una posizione fondamentalmente antiperuviana”. Le risposte dall’altra parte della frontiera non si sono fatte attendere. “Salitre 2009 si sta svolgendo in modo impeccabile e risponde all’esercizio della sovranità”, ha dichiarato il presidente della Camera dei deputati, Rodrigo Alvarez. “Il Perú ha aperto una controversia artificiale, auto-emarginandosi dalla realizzazione di queste esercitazioni, adducendo un falso atteggiamento armamentista del Cile”. Ad inasprire i toni ci ha pensato poi il candidato di estrema destra alle prossime elezioni presidenziali cilene, Sebastián Piñera, che in occasione della presentazione di una guida turistica francese che sposa le ragioni di Lima sulle frontiere marittime, ha promesso di difendere “con forza”, da futuro Presidente del Cile, “ogni centimetro del suo territorio ed ogni centimetro del suo mare”. Dulcis in fundo la decisione della Bachelet di partecipare alla cerimonia di chiusura di “Salitre 2009”, congiuntamente al ministro della difesa e alle maggiori cariche civili e militari cilene.
Preoccupato per il clima di tensione tra i due importanti partner della regione andina, il Dipartimento della Difesa USA ha imposto alle forze armate cilene di “riaggiustare” lo scenario e le finalità dell’esercitazione, eliminando ogni allusione a “conflitti su frontiere terrestri e marittime di due paesi confinanti”. A Washington è ancora forte il ricordo di quanto accadde nel Cono Sud nel 1978, quando la disputa su tre isole del Canale di Beagle (Terra del Fuoco) rischiò di condurre ad una guerra aperta tra i regimi dittatoriali di Cile ed Argentina, fedeli alleati degli Stati Uniti nella lotta mondiale al “comunismo”. Il Perù è una pedina fondamentale del cosiddetto “Plan Colombia –Patriota”,finalizzato all’accerchiamento e all’eliminazione delle forze guerrigliere colombiane e alla pressione militare sul governo bolivariano del Venezuela. Il Cile guida il ristretto club dei paesi emergenti che gli Stati Uniti vorrebbero integrare in una grande NATO intercontinentale. Come auspicato in un articolo pubblicato nel gennaio 2009 dal Progressive Policy Institute (istituto vicino al Partito democratico e ai coniugi Clinton), “l’amministrazione Obama non deve perdere l’opportunità di guidare la trasformazione della NATO da un patto Nord America-Europa ad un’alleanza globale di nazioni libere, aprendo le sue porte a Giappone, Australia, India, Cile e ad altre stabili democrazie”. Per Rick Rozoff di Global research, gli Stati Uniti devono puntare ad integrare “Cile, Sud Africa, Australia e Nuova Zelanda, quattro paesi a nord dell’Oceano Antartico” nelle “alleanze militari occidentali come la NATO”. “Il valore militare strategico e l’importanza dell’Antartico sta crescendo tantissimo”, scrive Rozoff. “Una battaglia maestosa è in atto per assicurarsi il controllo sulle vaste regioni dell’Antartico e sulle sue risorse naturali sino ad oggi inesplorate (petrolio, minerali, acqua dolce, fauna ittica)”.
Cresce intanto il volume degli aiuti USA a favore delle forze armate cilene. Per l’acquisto di sistemi d’arma e l’organizzazione di attività di addestramento, si è passati da 1.804.000 dollari dell’anno 2005, a 2.971.000 dollari per il 2010. Complessivamente, nell’ultimo quinquennio, l’aiuto militare statunitense ha superato i 13.600.000 dollari.  
Secondo il quotidiano messicano La Jornada, sotto la presidenza della “progressista” Michelle Bachelet, il Cile ha speso quasi 2 miliardi di dollari nell’acquisto di armamenti pesanti, tra cui 140 carri armati “Leopard 2”, 8 elicotteri da trasporto “AS 535 Cougar”, missili portatili anticarro “AT-4 Saab”, 24 cannoni da 155 millimetri a lungo raggio, 18 cacciabombardieri F-16, 60 carri leggeri “M-41”, 7 cacciatorpediniere e 2 sommergibili della classe “Scorpion”. Nel febbraio 2010 l’US Navy consegnerà alla marina cilena la nave cisterna “Andrew J. Higgins”, già utilizzata dal Military Sealift Command per il rifornimento della flotta e dei caccia ospitati a bordo delle portaerei USA. Piccoli apprendisti stregoni crescono…

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