Nonostante i genitori brasiliani di nascita, il cognome di Toquinho denuncia origini italiane. Il nonno paterno era infatti nativo di Toro e la nonna paterna era nata in Calabria; i nonni materni venivano invece da Mantova.
Da piccolo era chiamato da tutti Toninho, diminutivo di Antonio. Fu sua madre a trasformare il nomignolo nel vezzeggiativo Toquinho, dopo averlo visto accennare a lievi passi di danza. L’artista crebbe nel clima musicale degli anni cinquanta in cui fiorivano le sperimentazioni del pianista Johnny Alf e dei cantanti Dick Farney e Lúcio Alves. Al loro fianco si sviluppavano i germi della bossa nova, grazie ai contributi, fra gli altri, di João Gilberto, Tom Jobim, Vinicius de Moraes, Ronaldo Bôscoli, Roberto Menescal, Carlos Lyra, Baden Powell.
Dopo avere imparato a suonare la chitarra sotto la guida del virtuoso strumentista e compositore Paulinho Nogueira, non ancora ventenne decise di intraprendere la carriera musicale dopo aver conosciuto Chico Buarque de Hollanda. A metà degli anni sessanta, Toquinho esordì come compositore scrivendo Lua Cheia e venne a contatto con l’ambiente artistico e intellettuale che si era radunato a Rio de Janeiro, e lì ebbe occasione di crescere culturalmente e musicalmente grazie alle collaborazioni con gli artisti che qualche anno prima avevano dato vita al sound innovativo. L’incontro che segnò la sua carriera avvenne nel 1969; Toquinho strinse amicizia con il poeta Vinicius de Moraes e si legò a lui in un sodalizio artistico di lunga durata.
Gli anni settanta lo videro allontanarsi dal Brasile per sfuggire alle pesanti conseguenze del colpo di Stato militare che limitava la libertà di espressione. Assieme a Chico Buarque approdò in Italia che divenne la sua seconda patria. Dopo un breve rientro nel paese natale, ritornò in Italia dove fu raggiunto da Vinicius e dove lavorò anche con Sergio Endrigo e Sergio Bardotti, oltre a registrare le popolari incisioni con il poeta brasiliano e Ornella Vanoni.
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