FAMIGLIA – Rinaldi (PD): “Istituire il Fondo regionale”
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FAMIGLIA – Rinaldi (PD): “Istituire il Fondo regionale”

Istituire un “Fondo regionale per le famiglie” finanziato, con gli stanziamenti regionali, statali e comunitari in materia di politiche sociali e familiari, per tre milioni di euro nell’esercizio finanziario 2011.

E’ quanto prevede un Disegno di legge, presentato dal vice Capogruppo del Partito democratico all’Ars, Franco Rinaldi, su “Disposizioni in materia di tutela dei diritti della famiglia”.

“Nel nostro Paese – afferma Rinaldi – manca una vera Carta dei diritti della famiglia, cioè un sistema normativo organico, capace di costituire un punto di riferimento generale che potrà tornare utile anche in occasione di ogni altro intervento che voglia considerare esigenze diverse, in materia sanitaria, della tutela dei figli, della casa, dell’eredità. In sostanza, se non diamo funzionale sistemazione ai diritti della famiglia, che pure sono scritti in Costituzione, anche chi ritiene di dover intervenire a favore di situazioni che si vanno ricomponendo stabilmente e che è auspicabile assumano la connotazione giuridica di famiglia non avrà punti di riferimento cui ancorare scelte razionali e costituzionalmente corrette”.

Il Ddl stabilisce che la Regione riconosca e valorizzi “il ruolo della famiglia” e favorisca “la realizzazione dei diritti connessi ai compiti loro propri nei settori dell’educazione, della cultura e della solidarietà, adottando apposite misure di sostegno, anche economiche”.

In particolare il provvedimento prevede “sostegno alle famiglie numerose” attraverso un contributo regionale, “tenuto conto della spesa minima di mantenimento indicata dall’Istituto nazionale di statistica”, “con apposita norma da inserire annualmente nella legge finanziaria regionale, la quale contestualmente ridefinisce l’importo delle detrazioni per carichi di famiglia”.

La normativa sancisce il recepimento da parte della Regione dei “contratti collettivi nazionali di lavoro che prevedono norme dirette ad assicurare la flessibilità dell’orario di lavoro, forme di lavoro a tempo parziale o a distanza” e il finanziamento del “pagamento degli interessi dei prestiti alle famiglie numerose residenti in Sicilia per i costi relativi all’educazione e al mantenimento dei figli”.

Repubblica Italiana
Assemblea Regionale Siciliana
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Il Vice Presidente del Gruppo Parlamentare PD
On.le Francesco Rinaldi

Disposizione in materia di tutela dei diritti della famiglia.

RELAZIONE DEL  DEPUTATO PROPONENTE

Onorevoli Colleghi,

essere l’ultimo Paese al mondo in fatto di natalità e avere un minore su sette che vive sotto la soglia di povertà è l’inevitabile conseguenza dell’inesistenza di politiche familiari autentiche. In Europa, l’Italia è il fanalino di coda per quanto riguarda le cifre stanziate per il sostegno alle famiglie e quindi, per realizzare una politica familiare di ampio respiro, è necessario reperire risorse riqualificando la spesa sociale e fare delle scelte coraggiose dando priorità ai bisogni della famiglia.
L’odierno rapporto ISTAT sulla situazione del nostro Paese offre una fotografia alquanto drammatica della Sicilia, tra le regioni italiane più povere e con la più bassa aspettativa di vita. A rischio di povertà è un italiano su 4. In Sicilia, gli indicatori assumono i valori massimi: il 39,9 per cento dei residenti è a rischio povertà, il 18,8 per cento è in grave deprivazione rispetto, ad esempio, al 10,7 delle Puglia; il 15,7 per cento vive in famiglie a bassa intensità lavorativa. Le reti familiari che in passato servivano da ammortizzatori sociali, oggi con una crisi economica così diffusa, si dimostrano assolutamente inefficaci.

Ad oggi, infatti, nel nostro Paese le politiche familiari sono state sempre legate al reddito, con la conseguenza che vengono impropriamente usate per una ridistribuzione del reddito (equità verticale principio secondo il quale i soggetti con diversa capacità contributiva devono essere tassati in modo diverso) perdendo la loro caratteristica di promozione della famiglia come bene comune.

Occorre invece convincersi che le politiche familiari sono per loro natura universalistiche, poiché i figli sono un valore, e lo sono tutti i figli. Dunque l’equità orizzontale (principio secondo il quale i soggetti che hanno la stessa capacità contributiva, devono essere tassati in modo eguale) deve essere considerata come un’azione di giustizia nei confronti della famiglia perché, a parità di reddito, oggi è previsto un trattamento diverso per il contribuente che ha figli a carico rispetto a quello che non ne ha. L’equità orizzontale, è bene sottolinearlo, non vuole portare via i soldi ai poveri, bensì riparare a un’ingiustizia nei confronti di chi ha dei carichi familiari.

La povertà, che è un problema gravissimo a cui tutti siamo sensibili, non va affrontata con le politiche familiari, bensì con politiche specifiche di lotta alla povertà, che sono un’altra cosa.
La rilevanza della penalizzazione fiscale delle famiglie con figli si comprende solo analizzando nel dettaglio l’impatto della progressività sulle loro risorse. Nella Costituzione esiste un «obbligo di solidarietà» che si esprime nella «progressività». In pratica, la quota di prelievo fiscale aumenta su quote di reddito successive, ma se tale meccanismo è, come dire, «neutrale» nel caso di soggetti senza carichi familiari, nel caso del contribuente che ha una famiglia a proprio carico ogni quota supplementare di reddito realizzata per soddisfare le esigenze e i bisogni familiari viene comunque tassata. Il tema dell’equità fiscale per la famiglia non è quindi sufficientemente percepito dal mondo politico, preoccupato piuttosto di effettuare una mera operazione redistributrice in favore dei redditi più bassi.

La necessità di una normativa che definisca una serie di diritti riconducibili a quel sistema di relazioni interpersonali stabili costituito dalla «famiglia», che la Costituzione definisce «società naturale fondata sul matrimonio» (articolo 29) e la Repubblica «riconosce», in quanto preesistente alla stessa istituzione statale, è largamente sentita quale espressione delle più condivise tradizioni del nostro popolo, non solo da quanti si ispirano all’insegnamento religioso. I valori della famiglia, infatti, sono comuni anche alla cultura laica non solo italiana, come attestano le iniziative assunte ancora di recente da Paesi quali la Francia e la Svezia, che hanno adottato misure significative a salvaguardia del potere di acquisto dei redditi familiari.

A seguito dell’esortazione apostolica «Familiaris consortio», con la quale Giovanni Paolo II nel 1980 ha impegnato la Santa Sede a predisporre una «Carta dei diritti della famiglia», da presentare agli ambienti e alle autorità interessati perché avviassero, su solide basi, una discussione in vista di un testo normativo di ampio respiro, non c’è stata soltanto la risposta del Pontificio Consiglio per la famiglia, con il suo articolato svolgimento di diritti, ma significativi interventi a livello normativo, il più ampio dei quali è senza dubbio rappresentato dalla legge 8 novembre 2000, n. 328, recante «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali», che ha dato luogo a interventi che hanno inciso positivamente su vari aspetti della politica sociale in favore delle persone e delle famiglie.

Manca, tuttavia, una vera Carta dei diritti della famiglia, cioè un sistema normativo organico, capace di costituire un punto di riferimento generale che potrà tornare utile anche in occasione di ogni altro intervento che voglia considerare esigenze diverse, in materia sanitaria, della tutela dei figli, della casa, dell’eredità. In sostanza, se non diamo funzionale sistemazione ai diritti della famiglia, che pure sono scritti in Costituzione, anche chi ritiene di dover intervenire a favore di situazioni che si vanno ricomponendo stabilmente e che è auspicabile assumano la connotazione giuridica di famiglia non avrà punti di riferimento cui ancorare scelte razionali e costituzionalmente corrette. Il richiamo alla «Carta dei diritti della famiglia», a suo tempo predisposta dal Pontificio Consiglio per la famiglia, consente alcuni approfondimenti utili per il legislatore nazionale. In particolare il documento esprime «postulati e princìpi fondamentali per una legislazione da attuare e per lo sviluppo della politica familiare. In tutti i casi essi sono un appello profetico in favore dell’istituzione familiare, la quale deve essere rispettata e difesa da tutte le usurpazioni. Del resto quasi tutti questi diritti si possono già trovare in altri documenti sia della Chiesa che della comunità internazionale». Diritti che la Carta si prefigge di elaborare ulteriormente, di precisare con maggiore chiarezza e di raccogliere in una presentazione organica, ordinata e sistematica, arricchita da osservazioni e da suggerimenti ricevuti in risposta a un’ampia consultazione di esperti in materia, rappresentanti varie culture. Una Carta «indirizzata principalmente ai governi. Nel riaffermare, per il bene della società, la comune consapevolezza dei diritti essenziali della famiglia», che offre «a tutti quelli che condividono la responsabilità per il bene comune un modello e un punto di riferimento per la elaborazione di una legislazione e di una politica della famiglia, e una guida per i programmi di azione». Nel contempo la Carta è naturalmente diretta anche alle famiglie, nel senso che «mira a rafforzare in esse la consapevolezza del ruolo insostituibile e della posizione della famiglia; si augura di ispirare le famiglie ad unirsi nella difesa e nella promozione dei loro diritti; incoraggia le famiglie a compiere i loro doveri in modo che il ruolo della famiglia possa diventare sempre più chiaramente apprezzato e riconosciuto nel mondo d’oggi». Quale espressione della sussidiarietà orizzontale, in quanto la famiglia «è luogo di mediazione tra il soggetto e la società, in Lei ogni individuo può imparare ad essere una parte del tutto perché questa è la sua vera collocazione esistenziale». La famiglia, come società nella quale si realizza la solidarietà tra le generazioni, che si esprime nella cura e nell’educazione della prole e nell’assistenza ai malati e agli anziani. La famiglia come potente ammortizzatore sociale, fattore di protezione dei giovani rispetto al grave fenomeno delle tossicodipendenze e di assistenza dei propri componenti nelle fasi essenziali della vita, dalla più tenera età alla vecchiaia.

Questo ruolo di protezione e di assistenza appare particolarmente importante nell’attuale momento storico, in ragione dell’effetto perverso che l’invecchiamento della popolazione determina sullo sviluppo economico e sociale, che già in altre realtà europee ha formato oggetto di interventi normativi che hanno prodotto effetti positivi a tutti noti, come la stampa ha ampiamente riferito. In particolare la vicina Francia, ma anche la Svezia, hanno adottato incisive misure di sostegno alle famiglie per favorire l’incremento della natalità con effetti positivi sul mercato interno che nel nostro Paese soffre di una pericolosa contrazione dei consumi. Gli economisti, infatti, insegnano che la crescita della popolazione contribuisce a promuovere la domanda con effetti positivi sul mercato.

Il calo delle nascite, pure dopo la modesta inversione di tendenza recentemente registrata, è il vero problema della società italiana nel tempo presente e, pertanto, fin dal 2003, il «Libro bianco» del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha indicato al Governo e al Parlamento la centralità della famiglia nella politica di sviluppo, nella convinzione che sia necessario adeguare i servizi per gli anziani ed i soggetti svantaggiati, incoraggiando le famiglie italiane a gestire il loro ruolo, attraverso una politica di incentivi, soprattutto fiscali, dotati di adeguata flessibilità, per incrementare le nascite e favorire la permanenza in casa degli anziani nelle migliori condizioni di vita.

Sappiamo tutti che la famiglia è onerata da gravi impegni economici per la cura dei figli e l’assistenza degli anziani, che le strutture assistenziali pubbliche e private non garantiscono, come dimostrano le ricorrenti segnalazioni di scandalose case «di riposo», indegne di un Paese civile. Situazioni che rimangono a carico delle famiglie con gravi menomazioni delle capacità di lavoro dei singoli, le cui conseguenze sulle condizioni economiche dell’intero nucleo sono facilmente percepibili. La famiglia è una «piccola azienda» che produce «beni essenziali»: dall’educazione e assistenza all’infanzia, fino alla preparazione dei pasti. Un’azienda che oggi vive senza nessun aiuto da parte del potere pubblico, neppure attraverso agevolazioni fiscali che in forma di oneri deducibili comporterebbero, tra l’altro, l’emersione di attività lucrose che in gran parte sfuggono al fisco. Va aggiunto che, al di là della intrinseca giustizia di un sistema fiscale che consenta la deduzione di oneri di assistenza effettivamente sostenuti dalle famiglie, si avrebbe l’effetto di liberare risorse per il mercato interno, contrastando gli effetti negativi dovuti all’aumento del costo della vita, in particolare a seguito dell’adozione dell’euro e dell’aumento dei canoni di locazione e del costo degli immobili, tutte situazioni che hanno eroso sia le risorse delle famiglie, e quindi hanno praticamente annullato la capacità di risparmio, che è virtù antica delle famiglie, sia la capacità di intervenire sul mercato dei consumi anche di generi di prima necessità. Cresce, dunque, la povertà e, con essa, la mortificazione sociale, fonte di instabilità politica. Una situazione fiscale ingiusta e comunque anomala nel panorama dei Paesi che hanno un efficace sistema tributario finalizzato a perseguire politiche di sviluppo equilibrato della società civile, quindi delle famiglie come delle imprese.

Intervenire in favore delle famiglie, dunque, costituisce risposta ad un’elementare esigenza di giustizia, in presenza di una situazione che sottolinea l’inadeguatezza della spesa sociale. In Italia, infatti, le erogazioni in favore della famiglia rappresentano l’1,1 per cento del prodotto interno lordo, contro il 3,9 in Danimarca, il 3 in Svezia e in Germania e il 2,5 in Francia; cifre che illustrano solo una parte degli interventi deliberati a favore dei figli e della famiglia. In tutta Europa, infatti, sono state adottate significative misure fiscali di sostegno alle famiglie: la Francia, ad esempio, ha introdotto un meccanismo di riequilibrio fiscale automatico rappresentato dal cosiddetto «quoziente familiare», antica e inascoltata richiesta delle associazioni familiari italiane.

Le famiglie sono svantaggiate fin dalla fase della loro formazione nonostante la Repubblica sia impegnata ad agevolarle (articolo 31 della Costituzione) “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose”.

Per perseguire tali obiettivi occorre attivarne l’esercizio in un circuito virtuoso di interventi pubblici e di iniziative private mediante la partecipazione alle relative procedure di un soggetto pubblico autorevole che possa veramente farsi autentico interprete delle esigenze delle famiglie italiane.

Una «Carta dei diritti della famiglia», dunque, secondo una linea di impostazione che individua i diritti dei cittadini, in sintonia con quanto affermato dall’articolo 2 della Costituzione, che «riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali». Sono note, in proposito, altre figure di garanzia, come lo Statuto del contribuente, e altri statuti che tutelano i lavoratori, i malati, i professori, gli studenti eccetera, che individuano i cittadini in una loro specifica condizione personale o professionale.

La differenza rispetto a tali situazioni sta nel fatto che la famiglia è considerata unitariamente e non nei singoli componenti che possono continuare a essere oggetto di interventi normativi come singoli a vario titolo, quali anziani, diversamente abili, studenti o altro, in una logica prevalentemente assistenziale che in parte può venir assorbita nella presente proposta di legge dalla considerazione della famiglia, ad esempio, come soggetto fiscale, nei termini che già sono stati enunciati.

Le nostre famiglie sono in grado di offrire molto allo sviluppo della persona, alla società e allo Stato. Hanno una grande forza nell’affrontare le responsabilità e possono essere protagoniste di tale processo. Fare un investimento sulla famiglia significa garantire allo Stato le premesse fondamentali per il vivere civile. Significa, altresì, creare le condizioni affinché l’individuo compia le scelte giuste e concorra allo sviluppo dello Stato.

DISEGNO DI LEGGE DI INIZIATIVA PARLAMENTARE

Art. 1
Funzione sociale della famiglia.

1. La Regione riconosce e valorizza, in attuazione dei principi sanciti dagli articoli 2, 3, 29, 31 e 37 della Costituzione, nonché dalla Convezione ONU dei diritti del fanciullo resa esecutiva ai sensi della legge 27 Maggio 1991, n 176, il ruolo della famiglia fondata sul matrimonio o, comunque, su vincoli di parentela, filiazione, adozione, affinità o di affido quale soggetto sociale di primario riferimento per le politiche di promozione della famiglia ed, in particolare, per la programmazione e l’attuazione degli interventi socio-assistenziali, socio-sanitari, socio-culturali ed educativi operanti in ambito regionale.

Art. 2.
(Attuazione del principio della sussidiarietà orizzontale).
1. La Regione Siciliana, riconosce alle famiglie il ruolo di protagoniste dello sviluppo sociale ed economico e favorisce la realizzazione dei diritti connessi ai compiti loro propri nei settori dell’educazione, della cultura e della solidarietà, adottando apposite misure di sostegno, anche economiche.

Art. 3.
Riconoscimento della condizione di famiglia numerosa

1. Sostegno alle famiglie numerose.
2. Per famiglia numerosa si intende quello in cui:

a) almeno uno dei due genitori sia cittadino italiano o comunitario ed eserciti un’attività lavorativa in Sicilia;

b) tutti i membri della famiglia, da considerare ai fini del riconoscimento, siano residenti in Sicilia;

c) i figli abbiano meno di diciotto anni di età, ad eccezione di quanto disposto dal comma 2, o siano disabili, convivano con il genitore o i genitori.

2. Ai fini del comma 1, l’età dei figli è elevata a ventuno anni nel caso in cui il figlio stia conseguendo un titolo di studio di laurea o equipollente.

Art. 4.
(Equità fiscale).
1. Tenuto conto della spesa minima di mantenimento indicata dall’Istituto nazionale di statistica, i soggetti con coniuge, figli o altri familiari a carico avranno un contributo regionale, per ciascuno di tali soggetti, una somma indicata con apposita norma da inserire annualmente nella legge finanziaria regionale, la quale contestualmente ridefinisce l’importo delle detrazioni per carichi di famiglia.

Art. 5.
(Conciliazione famiglia-lavoro e pagamento degli interessi).
1. Al fine di conciliare la cura della famiglia con le attività lavorative, la Regione Siciliana recepisce i contratti collettivi nazionali di lavoro che prevedono norme dirette ad assicurare la flessibilità dell’orario di lavoro, forme di lavoro a tempo parziale o a distanza. Gli stessi contratti collettivi prevedono modalità di riammissione in servizio di coloro che hanno abbandonato il lavoro per assicurare la cura dei propri doveri familiari.
2. La Regione Siciliana finanzia il pagamento degli interessi dei prestiti alle famiglie numerose residenti in Sicilia per i costi relativi all’educazione e al mantenimento dei figli.
3. Per i costi degli interessi dei prestiti alle famiglie relativi all’educazione e al mantenimento dei figli si intendono le spese sostenute e documentate relative:
a) al pagamento delle quote di iscrizione e all’integrazione delle rette per i servizi rivolti alla prima infanzia, per la scuola materna, per la scuola primaria e secondaria, per l’istruzione superiore, per l’università, e per l’assistenza domiciliare;
b) alle spese mediche, sanitarie e socio-sanitarie non coperte dalle prestazioni erogate a carico del servizio sanitario regionale.

4. Il prestito deve essere restituito entro un tempo concordato, non superiore ai dieci anni.

Art. 6.
(Monitoraggio delle politiche familiari)

1. E’ istituito interno presso l’Assessorato Regionale della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro un organismo per la “Valutazione di impatto familiare” (Vif): strumento che ha il compito di valutare preventivamente i provvedimenti per la famiglia, monitorarli, verificarne costi e benefici, chiedendo anche supporti statistici sistematici e mirati alle famiglie da parte dell’Istat.

Art. 7.
(Istituzione del Fondo regionale per le famiglie)

1. Per le finalità previste dalla presente legge volta al sostegno delle famiglie è istituito il “Fondo regionale per le famiglie”. Il Fondo regionale per le famiglie deve essere supportato e potenziato tenendo conto dei livelli essenziali di assistenza.

2. Al finanziamento del fondo regionale per le famiglie, il cui stanziamento nell’esercizio finanziario 2011 è pari a 3.000 migliaia di euro si provvede con gli stanziamenti regionali, statali e comunitari in materia di politiche sociali e familiari.

Art. 8.
(Norma finale)

1. La presente legge sarà pubblicata nella Gazzetta ufficiale della  Regione siciliana ed entrerà in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

2. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.

Palermo, 4 Ottobre 2011          On.le Francesco Rinaldi

6 Ottobre 2011

Autore:

admin


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