Fino a quel momento, infatti, non era ancora stato sferrato l’attacco delle forze aeree e navali dei paesi occidentali – Francia e Gran Bretagna in testa – scaturito dalla Risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell’O.N.U., che ha duramente segnato la giornata.
Il momento, neanche a dirlo, è uno dei più drammatici che la storia recente ricordi. Ed è stato sui commenti a caldo delle notizie della mattina, riguardanti l’avanzare dei militari di Gheddafi a Bengasi, che ha avuto inizio il dibattito dal titolo “Le ragioni ed il futuro delle rivolte in Maghreb”, svoltosi al Circolo Pickwick, in presenza del giornalista libico, organizzato dalla “Casamatta della Sinistra”.
Alla luce dell’evolversi della situazione, l’incontro ha così assunto un valore davvero speciale. C’era, infatti, tantissimo interesse da parte di tutti, nella ricerca delle tante verità che in questi momenti vengono sistematicamente oscurate sia dalla stampa libica che internazionale.
Ed allora, nessuno, più di Farid Adly, dissidente libico che da oltre 40 anni risiede in Italia, voce libera ed autorevole, da sempre opposto al Colonnello, che ha fatto della militanza e dell’impegno civile una ragione di vita, è in grado di svelare storie del passato e del presente che facciano comprendere la realtà dei fatti.
Ai lavori, coordinati da Stefania Radici, hanno preso parte figure accreditate in materia di immigrazione e politica internazionale, come Antonello Mangano, scrittore di successo ed editore di Terrelibere.org, Peppino Restifo, storico del Mediterraneo dell’Università di Messina, Carmen Cordaro, presidente del Circolo Arci T.Sankara e componente del coordinamento nazionale Immigrazione, ed Erasmo Palazzotto, giovane esponente di S.E.L., coordinatore siciliano del partito di Nichi Vendola.
Stefania Radici, introducendo i lavori, ha spiegato subito il perché dell’iniziativa: “Questa vicenda ci riguarda da vicino, l’Italia è stata complice di certi regimi.
Noi vogliamo andare oltre il racconto ufficiale e superficiale che le tv ci forniscono, e con ciò provare a comprendere, con l’aiuto di esperti osservatori, cosa sta accedendo sull’altra sponda del Mediterraneo”.
Sono tantissimi – prosegue Mangano – specialmente dalla rivolta in poi, gli immigrati che si danno fuoco nel sud Italia per denunciare situazioni insostenibili”, e cita il caso di Vittoria, avvenuto il giorno prima, che ha interessato un ragazzo albanese.
Da esperto comunicatore via Internet, l’editore-scrittore parla del metodo trovato dai giovani tunisini per sfuggire alla censura nei giorni della rivolta: ”Per anni abbiamo pensato che in Tunisia le parole più diffuse riguardassero la religione, invece adesso abbiamo scoperto che il termine più diffuso è Proxy Server…”.
Il sistema, appunto, per bypassare i controlli di regime e aprire spazi di libertà comunicativa fra le popolazioni in rivolta ed il resto del mondo, il mezzo tecnologico che ha più contribuito alla piena riuscita delle “rivoluzioni bianche” nei paesi arabi dell’area mediterranea.
Ed ancora, sulla nuova fase che si sta aprendo in Tunisia, Mangano ha lanciato un condivisibile appello: “Credo che chiunque faccia politica in Sicilia debba andare in Tunisia per costruire relazioni con la sua società civile. Andare per aiutare, ma anche per imparare”.
Carmen Cordaro ha approfondito ancora alcuni aspetti dell’immigrazione, specie sul piano legislativo, parlando, tra l’altro, dei cosiddetti “accordi di riammissione”, che ritiene “elementi fondanti della politica estera, sottratti al controllo parlamentare”.
In altre parole, si tratta di accordi bilaterali, tra il Ministero degli Esteri del Paese di arrivo, nel caso l’Italia, e quelli da cui il migrante proviene, in base ai quali lo stesso riprende la via del ritorno in cambio di accordi economici ed anche militari. La Cordaro, riguardo il problema dei migranti “economici”, non risparmia parole nei confronti della politica italiana ed europea, di Frontex, del Decreto flussi e del C.I.E. di Lampedusa.
Su chi è costretto a lasciare il proprio Paese per sfuggire alla povertà, l’esponente dell’Arci dice: “La libera circolazione è un principio scritto nelle convenzioni internazionali, ma che non viene rispettato da nessuno”.
Farid Adly, per circa 40 minuti, con naturalezza ed autenticità, ha intrattenuto i partecipanti, toccando tutti i punti cruciali della situazione libica. Non sono mancati, ovviamente, alcuni passaggi sui quali maggiore era l’attesa e la curiosità: ”Sono gravissimi certi atteggiamenti contrari alla No Fly Zone, anche da parte di una certa sinistra italiana.
Non si possono guardare le sovrastrutture del diritto internazionale – prosegue il giornalista – e non considerare le migliaia di persone che stanno morendo ogni giorno”. Adly, dando poi una risposta a chi, sul piano etico e della sovranità nazionale, ha criticato la decisione dell’ONU, dice:”
E’ inutile parlare di coscienza nei confronti degli stati se in Libia non c’è uno Stato. Gheddafi non ha più legittimità politica, non è mai stato eletto e suo figlio non ha alcun incarico politico, né istituzionale”.
Adly, si rivela quindi favorevole alla decisione del Consiglio di Sicurezza, quantunque giudichi tale decisione tardiva: ”Se la No Fly Zone fosse stata determinata dalla riunione di tre settimane fa, sarebbe stata un ottimo deterrente e non ci saremmo trovati in questa situazione.
La comunità internazionale ha atteso molto perché ha pensato ai propri interessi”. Egli, con senso di orgoglio, parla anche di alcune situazioni di carattere politico e demografico, marginali, che vengono invece raccontate, pretestuosamente, come prioritarie: ”Bengasi fa da 700 ad un milione di abitanti, e Misurata ne fa 300.000, quando invece la popolazione viene descritta come beduina.
Il tribalismo in Libia lo ha fatto riaffiorare Gheddafi, per dividere la popolazione”. Poi, rispetto a ciò che si è detto, circa la status economico dei libici, ritenuto buono dalla comunità internazionale, smonta un altro giudizio creato dai media: ”La Libia è un Paese ricco, ed è il primo per P.I.L. in Africa, ma i libici sono poveri.
La Banca centrale libica ha stimato che il trenta per cento della popolazione è disoccupata ed il venti per cento delle famiglie vive sotto la soglia di povertà”.
Poi, racconta gli ultimi eventi: “La recente rivoluzione libica è stata assolutamente pacifica, come in Tunisia ed in Egitto. La lezione che proviene da questa esperienza è l’unità. Il potere ha cercato di dividere la popolazione, ma questa non si è divisa. Bengasi è stata liberata già il 19 febbraio.
Il Consiglio Nazionale Provvisorio è guidato, tra l’altro, da magistrati, avvocati, medici e ingegneri. Gente – prosegue Adly – che rappresenta la parte democratica della Libia che in questi anni ha lottato in silenzio e nell’isolamento, senza mai ottenere riscontri nella comunità internazionale, le cui coscienze sono state offuscate dal nero del petrolio”.
E sull’Italia: ”La diplomazia italiana vive con la politica del giorno, se Gheddafi vince è con lui, se perde è con i suoi oppositori. Gheddafi – aveva puntualizzato Adly nella parte centrale del dibattito – ha accumulato un patrimonio di 150 miliardi di dollari. E l’unico Paese che non ha congelato i beni del dittatore, prima della decisione dell’U.E., è stato proprio l’Italia”.
Con una sintetica e significativa battuta sul momento del Maghreb, era stato Erasmo Palazzotto ad esprimere una comune sensazione: ”Di queste rivolte se ne possono comprendere le ragioni, ma non prevederne l’esito, perché ogni rivolta ha la sua storia”.
Corrado Speziale
Grande successo domenica 15 dicembre al Salone Borsa della Camera di Commercio di Messina per…
Il fermo tra Sant’Agata e Buonfornello. il camion trasportava metano (altro…)
A Brolo, un nuovo tentativo di truffa è stato sventato grazie alla prontezza e alla…
Ritorna, a Barcellona PG, il presepe di Serena Lo Conti: un’opera d’arte tra tradizione e…
“IIS Antonello”: progetto lettura con il testo Parallelo Sud (altro…)
Sarà visitabile fino a venerdì 20 dicembre la mostra di ceramiche dell’arch Koji Crisá, giovane…