Nata in una Brolo che ancora rimaneva frastornata dalla fine della prima guerra mondiale, con reduci e giovani soldati che non tornarono dal fronte, Rosaria Arasi, per tutti, da sempre “Sarina”, domani farà cent’anni. Levò il “malocchio” ad intere generazioni, regina nel far “la salsa” e tirar su nipoti e pronipoti per lei una grande festa al palatenda l’aspetta.
Era infatti il 19 ottobre del 1919 quando Carmelo Arasi e Angela Speziale gioirono per l’arrivo di quella figlia. La famiglia si allargava, fino a contarne otto di figli.
Rosaria infatti aveva 4 fratelli e 3 sorelle.
Una Brolo, totalmente diversa dall’attuale. Imperversava la malaria, la strada che conduceva alla stazione era piena di acquitrini, e adare a scuola era un lusso. Infatti lei frequentò la scuola fino alla seconda elementare, per una donna allora poteva bastare, dopo di che si è dedicata alle faccende di casa vivendo nella casa d famiglia a Parrazzà fino a quando con la “fuitina” con Antonio Contenta ed il conseguente matrimonio riparatore la vide far famiglia a Ponte Naso.
Il tempo passava. Con sacrificio, rinunce e tanto lavoro riuscì a comprare il classico “pezzo di terra” a Brolo costruendo una palazzina, lungo la via Trento, nella quale vivono tutt’ora i loro 3 figli: Vincenzo, Carmelo e Giovanna. Restò vedova nell’agosto del 1996 dopo aver festeggiato 50 anni di matrimonio ed ora vive “coccolata” – oltre che dai figli – da 16 nipoti e 13 pronipoti.
È sempre stata una donna dal carattere molto forte, grande lavoratrice sia in casa che fuori nei campi. In casa ha sempre fatto valere la sua opinione, sempre pronta a riordinare la casa, e poi a tenere rapporti umani e sociali e nel portare avanti antiche tradizioni come quella dell’uncinetto, del far il sapone in casa, a sfornare il pane e quella, immancabile, anno dopo anno, del “rito” della salsa.
Molto conosciuta anche per le sue capacità nello sciogliere “il malocchio” e dire preghiere contro qualsiasi altro malanno come sciatica, mal di pancia, mal di testa o orzaiolo. A testimonianza della sua estrema caparbietà, nonostante si sia rotta entrambi i femori (di cui uno a 98 anni) si è sempre rialzata ed è tornata a camminare con le sue gambe.
Una delle frasi che più frequentemente ripete, come solo gli anziani sanno fare, sopratutto ai nipoti è “quant’è bella la gioventù, se ne và e non torna più”.
Domani prima la messa, nel pomeriggio, poi la festa al palatenda con tante sorprese.
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