Sulla 71° edizione della Fiera di Messina è appena calato il sipario. E’ quindi ormai tempo di bilanci, ammesso che servano a stabilire ed orientare gli obiettivi futuri che la riguardano. Già, perché dei giudizi negativi espressi, in questi ultimi anni, sulla “campionaria internazionale”, se ne potrebbe fare una raccolta di rara grandezza e varietà. Per non dire che miriadi di frasi, battute ed esternazioni della gente, sull’evento che a Messina caratterizza la prima quindicina d’agosto, ispirerebbero veri e propri cabaret.
Ma a chi piace, o meglio ancora, a chi interessa la Fiera di Messina? E’ questa la domanda che da tanto, troppo tempo, si pongono i messinesi che hanno voglia di riflettere e dire la loro su una delle tante, tristemente negative, realtà cittadine.
Stime e consuntivi economici se ne potrebbero fare di tutti i tipi, tanto i conti non tornerebbero mai, e se ciò dovesse accadere, alla gente importerebbe poco o niente, considerato che tutto è relativo. Infatti, volendola considerare come evento, rassegna, manifestazione che appartiene alla tradizione di Messina, si sa che non è il ritorno economico ciò che conta di più, ma la qualità che essa offre. La qualità, appunto, questa sconosciuta.
Un messinese deve sentirsi costretto a mantenere viva una tradizione della propria città, versando al botteghino 5.00 euro: è questa la “modica” somma che chiunque si è visto strappare dalle proprie tasche per potere accedere al “mercato” serale della Passeggiata a mare nei giorni appena trascorsi. Niente male come costo d’ingresso, considerato che in piena estate, gli spettacolini proposti all’interno (unica e sola giustificazione di tale “balzello”) da personaggi televisivi più o meno conosciuti, è facile intercettarli, gratuitamente, in centinaia di piazze della provincia. Eppure, parlando di tradizione, non è difficile scorgerne una che, percorrendo Viale della Libertà nelle serate d’apertura della fiera, accomuna tanti messinesi: l’assieparsi dietro il cancello laterale, affinché vi si possa accedere all’interno senza aver pagato il biglietto. Ma andiamo, appunto, all’interno, dove sotto i gazebo niente è sembrato andare oltre la solita “minestra”: pelapatate, testo romagnolo, ferrame, strofinacci, mediocri suppellettili e stand con cibi e bevande. Dentro i padiglioni, buona parte dei quali versano in condizioni pietose, datati capi d’abbigliamento, pellami, oggettistica, animali domestici tra cui piccoli roditori che fuggivano qua e là, nonché prodotti alimentari regionali reperibili, in tempi normali, in ogni angolo della città. Un gruppo politico che inneggia all’appartenenza della Terra di Sicilia, sponsorizzava ed esponeva una monoposto di Formula 3, colore rosso, con un pupo siciliano posizionato alla guida. Ma sforzandoci di essere generosi, qualcosa di “intelligente” è stato proposto: un portafogli, che, attraverso un sistema di elastici, cattura al suo interno carte e banconote. Il caso ha voluto che, per la dimostrazione di tutto ciò, la ragazza dello stand utilizzasse proprio 5 euro: stessa somma catturata alla cassa dagli organizzatori!
E’ stata questa, in poche parole, la Fiera di Messina. E non sono stati sufficienti bozzetti, litografie o prove d’autore di famosi artisti, esposti nel primo padiglione, a salvare la faccia ad una rassegna da dimenticare. E non contribuiscono a ciò neppure carrozze d’epoca, alcune delle quali funerarie (fortuna che non mancava il “ferro” da toccare…), esposte nell’ultimo capannone in fondo, appartenenti alla collezione privata di una nota famiglia messinese che, attraverso bigliettini da visita, promuoveva eventi con fornitura dei cocchi esposti, fornendone i dettagli: “attacco singolo, a due, quattro e più cavalli”. Per non parlare del plastico del Ponte sullo Stretto, monotono, oltre che consunto dal tempo, la cui visione fa rimpiangere quella delle antiche, meste vetture precedenti.
Chiediamo, allora, ai responsabili degli enti preposti, quale siano le logiche ed i princìpi che ispirano ad alimentare tanta mediocrità e tristezza.
Estendiamo, quindi, il raggio della nostra osservazione a ciò che appartiene ad “un’altra” Messina: Piazza Antonello, questa estate, così come lo scorso anno, sta vivendo serate musicali d’eccellenza con il Messina Jazz Festival. La rassegna, organizzata dalla Provincia regionale, stesso ente che, in parte, si occupa della realizzazione della Fiera è, senza alcun dubbio, un grande evento proposto, gratuitamente, ai messinesi che amano la musica colta. A questo punto, se è compito della politica orientare la popolazione verso obiettivi di qualità – ed i concerti jazz ne sono la prova – occorre ammonire, una volta per tutte, la classe dirigente messinese per l’ostinazione dimostrata nel mantenere in piedi baracconi come quello della Fiera, al centro degli eventi estivi in riva allo Stretto. Non è più ammissibile assistere, passivamente, alla pretestuosa azione politica volta all’accentuazione della “forbice” culturale, facilmente individuabile in una città che i politici che la governano tendono sempre più a suddividere in classi dai confini ben marcati, al fine unico di salvaguardare i propri interessi elettorali e clientelari, ambito in cui numeri e conti tornano, eccome.
Foto: Piero Pandolfino e Corrado Speziale