La Confindustria nautica, pur lodando alcuni provvedimenti attuati dal ministro dei Trasporti Altero Matteoli, presente all’inaugurazione, non fa sconti al governo. E ha dato il via alla kermesse distribuendo T-shirt stampate con il tricolore della marina e la scritta “Battiamo bandiera italiana”. Un motto patriottico ma anche una provocazione, come dimostrano le parole del presidente di Ucina, Anton Francesco Albertoni.
«I dati del nostro ufficio studi – ha affermato – lo dicono in maniera chiara: in un solo anno la quota di produzione per l’export della cantieristica è cresciuta del 9% e quella per il mercato interno è crollata al 33%». Nel 2008, prima della crisi, rappresentava il 44%. L’intera industria nautica, inoltre, vendeva in Italia il 53% della produzione nel 2008, ridottosi, nel 2010, al 42%.
«Se questo Paese ci condanna a fare barche solo per gli stranieri – ha proseguito Albertoni – le nostre aziende saranno costrette ad andare a farle direttamente a casa loro. Quella della delocalizzazione sarà una strada dolorosa, anche perché non tutti possono intraprenderla e, alla fine, l’unico sconfitto sarà il nostro Paese».
Albertoni ha poi spiegato che le magliette con motto e tricolore significano «soprattutto che vogliamo rimanere italiani. Ma soltanto la politica e le istituzioni, dello Stato e delle Regioni, potranno permettercelo.
Non chiediamo finanziamenti, chiediamo di essere messi nelle condizioni di fare impresa e creare nuova occupazione, come sempre.
Chiediamo nuovi strumenti per far ripartire il mercato interno. Chiediamo leadership, ascolto, provvedimenti rapidi e concreti». La nautica,ha concluso, «ha il diritto di essere ricompresa nel prossimo provvedimento per lo sviluppo, allo studio del governo».
«Anche in questi giorni – ha continuato – sono stati presi dei provvedimenti che Ucina aspettava da tempo e aveva chiesto. Non dico che siano state esaudite tutte le richieste ma molte hanno trovato finalmente la soluzione».
Si potrebbero realizzare in luoghi non utilizzati all’interno dei porti commerciali «40mila posti barca in più, che vuol dire 10mila posti di lavoro aggiuntivi. E serve l’approvazione di una serie di importanti modifiche al codice della nautica. Queste sono cose che erano state chieste e che abbiamo potuto fare».
La realtà delle aziende sempre più rivolte al mercato dell’export si riflette nelle scelte strategiche delle imprese presenti al Salone.
Sanlorenzo, specializzata nella costruzione di megayacht da 19 a 60 metri, per esempio, si appresta a sbarcare in Brasile e Cina.
«Sono entrambi mercati emergenti – ha spiegato il patron, Massimo Perotti – e in Sud America abbiamo chiuso un accordo con la Intermarine di San Paolo.
Domani, inoltre, l’azienda sottoscriverà l’aumento di capitale da 30 milioni (15 dei quali di Perotti) che aprirà la strada all’ingresso nella società di Fondo italiano d’investimento.
Fino a qualche anno fa, ha sottolineato invece Lamberto Tacoli, presidente di Crn e direttore vendite di Ferretti group, «il 70-75% delle vendite era in Italia, Europa e Mediterraneo. Oggi la geografia è completamente cambiata: il 50% si concentra in Paesi come America, Nord, Centro e Sud, e Asia Pacifico. Il rimanente 50% tra Medio Oriente, Italia, Europa e Mediterraneo. Questo ha modificato la nostra strategia e stiamo lavorando in modo diverso. Per quanto riguarda i clienti, i russi stanno ricominciando ad acquistare. E ci aspettiamo di vedere a Genova i cinesi, sia in veste di compratori che di investitori».
Raoul de Forcade 2 ottobre 2011
fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2011-10-02/nautica-appello-ripartire-081248.shtml?uuid=Aalw5H9D
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