“C’è ancora domani” di Italo Zeus
non svelare il finale costringe a indirizzare la recensione in una via che non è la sua
Cortellesi: ”Mi raccomando non svelate il finale se no vi vengo a prendere e so ca… vostri, perché come avete visto tutto il film è costruito attorno ad un inganno e se sveliamo l’inganno che o famo a fa er film!”
Il fatto è che non svelare il finale costringe a indirizzare la recensione in una via che non è la sua.
Vediamo:
scena 1, Roma 1946. formato 4:3, vale a dire lo schermo piccolo come se fosse una telecamera che indaga momenti intimi. Infatti Delia (Cortellesi) e Ivano (Mastrandrea) sono a letto. Una camera spoglia povera, un bianco e nero inevitabile. Ivano è sveglio, Delia apre gli occhi, si siede sul letto, si volta verso Ivano e tenera gli dice: ”Buongiorno” e boom… Ivano le tira uno schiaffo violento.
Non sai se ridere o piangere. E questo sarà il tono di tutto il film, sempre in equilibrio tra tragedia e commedia, senza sapere mai quale strada seguire. Ma la regista ti guida per mano.
Cortellesi: ”scrivendo la sceneggiatura sono partita dai racconti della mia famiglia, delle mie nonne e bisnonne. Raccontavano tragedie immani ma finiva sempre a ridere, forse perché siamo romani e siamo fatti così. Il cortile è da sempre il luogo del confronto, della rabbia delle risate, della solidarietà, del giudizio”
Anche noi siciliani siamo così, l’ironia ci ha sempre salvati.
Intanto lo schermo si allarga e tu non lo percepisci, perché vai a scoprire lentamente la casa e segui i gesti di Delia, evidentemente una routine. I mobili poveri , le pareti annerite e crepate, il catino per lavarsi le mani. Siamo nel secondo dopo guerra e questa è una famiglia povera. E lei è una donna del suo tempo, sempre indaffarata, sempre col grembiule, agli ordini del marito dei due piccoli figli maschi e del suocero Ottarino (Giorgio Colangeli) vecchio e immobile nel suo letto. Poi ci sono gli occhi severi e giudicanti della figlia grande, Marcella (Romana Maggiora Vergano) che le rimprovera continuamente di non valere nulla e di farsi trattare come uno straccio.
Tutto tende a sminuire Delia, ma lei sembra essere rassegnata come se le cose fossero così e non si può fare niente, perché le regole sono queste e non le passa neanche per l’anticamera del cervello che magari, magari…
dal neorealismo ai telefoni bianchi
Cortellesi: “questo film si rifà ovviamente al neorealismo, Rossellini, de Sica, ma a quel neorealismo rosa, delle commedie romantiche, dei telefoni bianchi”
Delia lavora, rassetta continuamente la casa, rammenda, stende i panni in un condominio di gente ricca, ripara ombrelli, fa le punture a domicilio e porta i soldi al marito, che la insulta dicendole che sono pochi. Lei intanto prima di consegnarli, ne prende una parte e li nasconde in un cassetto dietro le sue mutande. Si permette addirittura un segreto.
Mentre ritorna a casa da questo trama tram quotidiano, Delia incontra Nino (un ottimo Vinicio Marchioni), spiantato meccanico di periferia colmo d’amore per la donna, che però la abbandonata a suo tempo. Delia è ancora innamorata, ma forse lo è di una mancata possibilità di amore. Bellissima la scena in cui si guardano e la telecamera gli gira intorno sotto le note del brano di Concato “fa che m’innamori davvero”. Del resto però anche Ivano sembrava innamorato di lei prima di sposarla ma dopo…
Cortellesi: “ lo so che Valerio(Mastrandrea) in questo momento è l’uomo più odiato d’Italia ma alla fine è un coglione, come Valerio del resto (ride), fa quasi pena per quanto è coglione”
Nella sua estrema solitudine però, Delia non è sola ha un’amica Marisa (una straordinaria Emanuela Fanelli) che invece ha un marito affettuoso e che la rispetta ,sono le scene tra le due le più comiche del film.
Il mantra del film è “statti zitta”, che vale per tutte le donne di ogni estrazione sociale. Impossibile non ricordare Michela Murgia e il suo libro “Statti zitta” nato da uno scontro con Raffaele Morelli che le diceva appunto “statti zitta” quando stava esprimendo le sue idee sulla donna. Le parole del suocero sono molto esemplificative” a Iva io te avevo detto che non te la dovevi prende a questa, ma alla fine Delia è una brava donna solo che parla troppo, non la puoi picchiare continuamente, gliele devi da na vorta belle forti così non se le dimentica, io a tua madre facevo così”
Una delle scene di violenza è girata come un balletto di un musical, sotto le note del brano degli anni 50 “Nessuno” nessuno ti giuro nessuno ci può separare…ovviamente non nell’accezione romantica, ma nel senso di prigione dalla quale Delia non può fuggire.
in sala
Donna tra il pubblico: “Grazie Paola per aver raccontato questa storia perché parla di me”
Cortellesi: “grazie a te per aver condiviso con noi un momento così doloroso della tua vita”
Ma l’amore in questo film c’è e viene raccontato molto bene è il rapporto con la figlia. Delia sente ne suoi confronti la responsabilità di un esempio così negativo e quando lei sta per sposarsi con un ragazzo benestante che sembra innamoratissimo e pronto ad andare oltre la famiglia di Marcella e la sua povertà, Delia li ascolta mentre lui le chiede perché ha messo il rossetto e lei risponde per andare a lavoro e la prende per il collo dicendole che il rossetto d’ora in poi lo dovrà mettere solo per lui. Delia decide di sabotare di nascosto il matrimonio. Una tragedia per la ragazza e per Ivano ”come farò senza più una donna in questa famiglia” umiliando ancora Delia, ma la salvezza per Marcella.
Una coppia tra il pubblico: “ è la seconda volta che guardiamo il film”
Dice la donna. E il marito cerca di raccontare le sue emozioni e piange!!!
L’applauso in sala è fragoroso.
Ragazza di 13 anni: dopo una sofisticata introduzione “io ti volevo chiedere una cosa un po’ stupida: ma ti sei divertita a fare questo film?”
Cortellesi: “ non è per niente una domanda stupida anzi penso che tu sia una donna di 52 anni in un corpo di una tredicenne. Innanzi tutto i bravissimi attori che hanno sposato il film sono tutti amici. Con Emanuela (Fanelli) abbiamo dovuto interrompere un sacco di volte le riprese perché non riuscivamo a smettere di ridere.
Il film è durato 9 settimane di lavorazione tanto per un film italiano più mesi di prove come a teatro. E gli attori hanno rinunciato ad altri progetti, sicuramente più remunerativi. Io li ringrazio, come ringrazio tutti gli altri collaboratori. Decisamente si mi sono divertita”
parlando con Italo
Italo: “Ciao Paola guardando il film non ho potuto non ricordare la fantastica lettura della costituzione nel programma della Dandini (recuperatela fa morire dalle risate). Ho visto il film di Micaela Ramazzotti “Felicità” e di Roberta Torre “mi fanno male i capelli” (prossime recensioni) è la cosa che ho notato è che tutte e tre avete scelto di raccontare storie di donne fragili, che sopportano il patriarcato, la famiglia, la memoria ma che alla fine, con un piccolo ma grande gesto rivelano tutta la loro forza. Partendo dal presupposto che sono cresciuto in un matriarcato potente, a capo c’è mia nonna che ha passato i novanta ma che ancora comanda a bacchetta tutti figli, nipoti, nuore e nuori, il retaggio culturale è ancora uguale, si magari le donne hanno fatto passi da gigante nella conquista dei diritti, ma il sottofondo è ancora uguale.
Vedi la prima donna presidente del consiglio che si fa chiamare “il” presidente, che predica la famiglia tradizionale quando lei per prima non ce l’ha affatto, che parla insieme ad Erdogan in nome di Dio.
Prima che mi strappano il microfono dalle mani vorrei chiederti. Secondo te quale è una possibile via per cambiare veramente?”
Cortellesi: “ io la risposta ovviamente non ce l’ho, quello che posso dirti è che bisogna partire dall’inizio, ovvero da quando siamo bambini. È fondamentale che nelle scuole sia introdotta l’educazione sessuale, che non è come dicono guardare i film porno e imparare a masturbarsi, ma soprattutto l’educazione affettiva, perché è da li che partono le dipendenze, il poco valore che ci diamo e che diamo agli altri e non parlo solo di donne e di identità di genere ma di riuscire a vedere noi e gli altri, imparare ad amare, a riconoscere le emozioni, belle e brutte, e non averne paura. Ci sono tanti film di donne che stanno per uscire in sala è questo è un fatto nuovo e importante. Per quanto riguarda la politica è meglio non iniziare perché rischio di essere portata via con l camicia di forza”
E la serata finisce con una grande e liberatoria risata.
Potrei parlare della parte tecnica del film, ma come nel canto a volte ”non è importante esser intonati, basta riuscire a trasmettere le tue emozioni” banale?
Io credo che invece quello che bisogna recuperare di questi tempi è proprio la banalità della quotidianità. Perché a volte è proprio nella banalità di un momento, di una breve goccia di felicità, che si nasconde la potenza della vita. Usciti dalla sala sentirete gioia, malinconia, rabbia e compassione. E credo sia proprio questo il dovere del cinema.
p.s. il giorno dopo su tik-tok ho scoperto che ha fatto un’incursione a sorpresa la Litizzietto ma io ero andato via perchè stavo per perdere l’ultimo autobus.
Che palle!
“IIS Antonello”: progetto lettura con il testo Parallelo Sud (altro…)
Sarà visitabile fino a venerdì 20 dicembre la mostra di ceramiche dell’arch Koji Crisá, giovane…
A Ficarra si respira un’aria di Natale speciale, fatta di tradizioni, sapori e solidarietà verso…
La delegazione messinese e nebroidea di Fratelli d’Italia ad Atreju,: “Un'occasione unica per la crescita…
Domenico Siracusano, esponente del Partito Democratico, è intervenuto con una dichiarazione sulle recenti vicende legate…
Consegnata l’auto in dotazione alla Polizia Municipale e acquistata nell’ambito del progetto “Spiagge Sicure”. (altro…)