di Giovanni Frazzica
considerazioni e analisi
Quest’anno c’è un’attenzione elevatissima sulla legge finanziaria che il Governo ha già approvato e che ora deve passare all’esame del Parlamento.
Diversi i motivi di questo straordinario interesse: da qualche mese c’è un nuovo Governo politico, con maggioranza di centro destra, guidato, fatto eccezionale, da una donna, leader di un partito che era stato all’opposizione. Ma c’è dell’altro, a causa della pandemia e della guerra in Ucraina, il tasso di inflazione nel Paese è oltre il 12% e occorre fare, con immediatezza, un’operazione di salvataggio nei confronti di tante Aziende sull’orlo di fallimento e di chiusura e di famiglie dentro la fascia della povertà e nel vortice della disperazione.
Bene, 21 miliardi, il grosso della manovra, sono stati postati sulle bollette delle famiglie e sugli aiuti alle imprese, soprattutto quelle energivore. Questo sembra essere fuori discussione. Ma ci sono dei punti che possono essere oggetto di valutazioni diverse e, quindi, si potranno avere discussioni per promuovere emendamenti nelle Commissioni e nelle Aule parlamentari, al fine di produrre modifiche ed eventuali miglioramenti. Uno dei temi più problematici potrebbe essere quello riguardante le pensioni ed in particolare il loro adeguamento al costo della vita, passaggio fondamentale, in un tempo in cui l’inflazione già alta potrebbe aumentare per il semplice fatto che la prevista riduzione del contributo sulle accise sui carburanti potrebbe dare una ulteriore spinta agli aumenti, soprattutto sui generi di prima necessità che vengono trasportati su gomma.
In questa prospettiva c’è da dire che la proposta di riduzione della integrazione all’aumento delle pensioni a partire da 1700 euro netto in busta appare alquanto iniqua. I pensionati collocati in questa fascia temono di non essere protetti adeguatamente per affrontare l’aumento del costo della vita, si sentono discriminati rispetto ai titolari di partite Iva che beneficeranno della flat tax al 15% per una cifra che passa da 65mila a 85mila euro. Inoltre, come diceva l’economista ed ex Presidente dell’Inps, Tito Boeri, quelli della fascia da 1700 euro saranno “sorpassati” da coloro che partono da una base di 1988 in giù che avranno l’integrazione piena.
Si tratta di decine di euro di differenza al mese, ma su base annua diventano anche 500, 800, 900 euro e diventano elemento per la base di calcolo di futuri emolumenti in cui si teorizza anche che oltre i 1700 euro ci si dovrebbe sentire ricchi, protetti, nel migliore dei casi da una integrazione del 7%, mentre l’inflazione ne mangia già il 13%. Forse per questo è opportuno e giusto che qualche miglioramento possa essere introdotto in sede di elaborazione parlamentare, nel segno dell’equità.