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Finché la barca andava…..

di Guido Schillaci

Preambolo: Io non sono di quelli che si scandalizzano se un calciatore, un cantante o un personaggio di spettacolo qualsiasi, guadagna cifre enormi: se glieli danno gli impresari, che non sono scemi o mecenati folli, vuol dire che ci guadagnano e quindi è giusto che siano pagati per quanto producono in termini di media: biglietti video etc.
Ovviamente è giusto che paghino fino all’ultimo centesimo le tasse e che –ma questo è un altro discorso- l’aliquota di tassazione sia adeguata.

Quindi se Orietta Berti, Grignani, Bocelli o Fabri Fibra fanno un concerto, affittano uno spazio, fissano il prezzo di un biglietto ed il pubblico accorre numeroso e pagante, e loro diventano ricchi mi sta benissimo. Se il pubblico non ne ha voglia, o il biglietto è troppo caro, non ci va e loro ci rimetteranno le spese. E non occorre che sia proprio nel nostro paese: Per vedere il divo amato si può anche prendere una macchina ed andare fino a Milazzo, a Palermo o a Messina. Giusto?

Ma nei tempi dorati della prima repubblica, specie dalle nostre parti, si sviluppò un sistema strano che, pur essendo mutati i tempi ed, ahimè, le condizioni economiche, è ancora presente e duro a morire: lo potremmo definire “assistenzialismo divistico”.
Avveniva cioè che cantanti in genere decotti o in fase calante, venivano strapagati dai comuni per fare spettacoli durante  le stagioni estive, le feste patronali e quant’altro.

C’era una gara tra i paesetti della nostra zona: A Galati è venuto Little Tony! Si ma a Caronia c’era Patty Pravo… A Frazzanò hanno portato i Cugini di campagna e pure Bobby Solo. E così via. (N.B. Paesi e nomi degli artisti li ho presi a caso).
Certo per i nostri paesetti erano nomi di “artisti della televisione” quindi venerabili. Immancabilmente il cantante di turno snocciolava il suo repertorio, cantava il suo pezzo forte della hit parade di sedici anni prima, aggiungeva qualche pezzo che andava per la maggiore e se ne andava dopo pochi minuti tra folle osannanti. Veniva pagato in genere in ritardo, ma l’entità del compenso risarciva dell’attesa. Il compenso stesso era gonfiato dall’organizzazione che comunque magari manifestava tangibilmente la sua gratitudine all’assessore che si era speso per scegliere quell’artista anziché un altro che così si assicurava gli spettacoli venturi: “Mancia e fa manciari”.

Ma i tempi sono cambiati. Siamo in crisi economica. I comuni stentano ad assicurare servizi essenziali come scuolabus, igiene ed assistenza agli anziani. Molti hanno i cimiteri stracolmi e le casse stravuote. Altri sono oberati da debiti enormi, ma il fenomeno dei cantanti invitati a spese del comune stenta a scomparire. E questo non mi sta bene.

Conosco troppo bene i meccanismi per poter asserire che nei bilanci comunali le voci “feste estive“ e “calcio” sono spine dolorose per gli amministratori ma il detto “Panem et circenses” che andava bene per gli imperatori romani, funziona anche per i sindaci nella nostra zona. Costoro difatti sanno benissimo che così vanno le cose del mondo: raramente ho sentito nei bar o per strada lamentarsi per i disservizi con la stessa veemenza con cui ho sentito denunciare “Vigliacchi, mancu ficiru u jocu focu st’estati” o “Chi schifiu! A Reitano purtaru a Orietta Berti e cca nenti” E se obbietti che però gli amministratori hanno costruito la scuola media nuova o che per la prima volta da trent’anni non c’è stata carenza d’acqua, ti guardano con disprezzo.
Per non parlare delle squadre di calcio “A ficiru scinniri e inveci cca vicinu u sinnacu ci retti trecentomila euro e vanno in serie D” Ma se assistere lo sport giovanile per un sindaco è doveroso, alimentare un falso dilettantismo e creare cattedrali nel deserto è criminale.

L’estate appena trascorsa il mio paese d’adozione, Sant’Agata, è stato virtuoso da questo punto di vista: cinico come sono, mi chiedo se è stato un ragionamento logico o la penuria di fondi a determinare questo atteggiamento.
Eppure a costi ragionevoli c’e stato uno spettacolo musicale interessante. Un festival di voci nuove, (anzi due, ma uno è stato organizzato da un’associazione privata, un lido).
E mi sono stupito a vedere esibirsi giovanissimi così dotati di talento.
Benissimo, organizzare una serata con i migliori di questi ragazzi costa circa un cinquantesimo che non portare un divo fatiscente. Perché non continuare su questa strada? Perché non promuovere i giovani artisti emergenti locali? Nella nostra zona ce ne sono tanti, più di quanto si pensa. Classici, leggeri, jazzisti e di ogni genere. Per garantire un buon livello basta selezionarli prima.

Finché la barca andava, forse si potevano spendere trentamila euro per avere vecchie glorie della hit parade in trasferta. Oggi la fame di canzonette la possiamo saziare con quello che abbiamo in casa. E credetemi, forse ne vale la pena anche a prescindere dall’aspetto economico.

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