FOTO & RIFLESSIONI – Le braccia di quel padre sono le braccia di ogni padre
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FOTO & RIFLESSIONI – Le braccia di quel padre sono le braccia di ogni padre

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Non so da dove arrivi questo papà. Non so cosa stia dicendo alla sua bambina mentre se la tiene stretta in braccio a poche miglia da Idomeni, al confine tra Grecia e Macedonia. Forse le racconta che va tutto bene, che c’è lui e che non c’è più niente di cui preoccuparsi. Che se c’è papà che ti tiene stretta e ti solleva da terra, l’acqua bagna meno e il freddo resta chiuso fuori. Almeno dal cuore. Forse nemmeno le parla perché il fiato gli serve per camminare con quel fagotto prezioso che ha portato via a una guerra, alle bombe e alle granate, alle mine e ai proiettili vaganti che non hanno rispetto dei bambini come non ce l’hanno dei grandi.

 

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So dove cerca di andare questo papà: verso la pace di un Paese dove sua figlia possa avere un futuro. Dove crescere senza la paura di venire stuprata da un guerrigliero che combatte in nome di un Dio che non esiste ma, che se esistesse, non chiederebbe mai come tributo il corpo di una bimba.

So che non si fermerà questo papà, come non si fermano i papà di tutto il mondo quando si tratta della vita dei loro figli. Che li mettono in mare anche se non sanno nuotare perché l’ipotesi di un naufragio è sempre meglio alla certezza di un bombardamento. Che li sollevano dall’acqua e li consegnano tra le mani guantate della salvezza che si allunga da un gommone, che è sconosciuta ma così tanto attesa che, quando la si incontra, non si hanno dubbi: è lei. Perché i papà sono tutti uguali nell’amore per i propri figli, solo che ad alcuni è permesso di dimostrarlo portandoli al cinema a vedere un cartone, ad altri è concesso di sollevarli nella pioggia e camminare per loro. Non c’è ostacolo tanto grande da fermare le gambe di un papà che marcia per la salvezza di sua figlia. Ha camminato nel deserto col sole e senza luna, ha attraversato il mare in un barattolo che solo un ottimista potrebbe chiamare barca, è arrivato in una terra dove non capisce quel che gli dicono e non sa cosa rispondere, in una terra che dovrà diventare la sua nuova casa. Ma non ha fondamenta, solo troppimuri austriaci che si aggiungono ad altri muri macedoni. Troverà il modo di scavalcarli issandosi sua figlia sulle spalle e arrivando dall’altra parte. Sarà un profugo umiliato dall’accoglienza di chi non lo vorrebbe ma è costretto a tenerselo. Ingoierà la sua fiducia ma continuerà a parlare nell’orecchio di sua figlia, a rassicurarla che andrà tutto bene, che le braccia di papà sono abbastanza forti per proteggerla da tutto: lo hanno fatto in guerra, lo faranno in pace. Che l’importante è essere vivi, che finché si aprono gli occhi sotto un cielo da cui non piovono bombe di fuoco ma solo torrenti d’acqua gelata non c’è davvero niente di cui aver paura. Perché il sole domani tornerà a splendere, ma le bombe non smetteranno di cadere e anche quando lo faranno, forse, sarà troppo tardi per veder sorgere di nuovo il sole. Perché non importa quanto male si possa sentire nelle braccia, quanto gonfie siano le vesciche nei piedi, si deve andare avanti finché non si è al sicuro, finché non si ha un futuro.

Cammina questo papà. Quando lo hanno fotografato era settembre. Chissà se oggi, finalmente, può riposarsi le gambe e farci sedere sopra la sua bambina. Chissà dove è finito, in che Paese è stato accolto. Chissà se ha una casa, un lavoro o se è costretto a vivere della carità di chi lo ospita e lo vorrebbe rimandare là da dove è venuto. Fargli rifare tutto il percorso inverso: riprendersi sua figlia tra le braccia e riportarla a morire sotto il cielo da cui piovono le bombe di fuoco invece che i torrenti d’acqua.

Mi auguro che abbia in ogni caso un ombrello da cui riparare se stesso e la sua bambina dalla pioggia di gelo che il futuro gli riserva. Perché, e forse lo ha già scoperto, la carità degli europei è fatta di vergognosi muri che non sono di mattoni o filo spinato. Sono di paura, paura di un’invasione di miserabili pezzenti che non hanno più niente. Miserabili pezzenti raggiunti e annientati da quegli stessi uomini furiosi che stanno terrorizzando gli europei. Che se solo capissero che anche questo papà ha nel cuore la loro stessa angoscia, mescolata a una furiosa determinazione a sopravvivere, riuscirebbero a sedersi e pregare con lui per il futuro dei loro figli.

Guarda anche: “Sorry for Bruxelles”, la solidarietà dei rifugiati Siriani a Idomeni in Grecia

Pubblicato da http://www.huffingtonpost.it/

Pubblicato:

Ripreso integralmente

 

24 Aprile 2016

Autore:

redazione


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