Genio e follia.
Cultura

Genio e follia.

alda-meriniAttraverso la poesia … la salvezza per i “sani”.

È morta Alda Merini.

Oggi, 4 novembre, alle ore 14 nel Duomo di Milano si svolgeranno i funerali di stato.

di Ornella Fanzone

“S’è spenta un’ispirata e lirica voce poetica”. Così il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha commentato la morte della poetessa. E, in effetti, se ne va una delle più alte testimonianze della poesia italiana di questo secolo.

Alda Merini era nata il 21 marzo del 1931 a Milano. Sin da ragazzina aveva rivelato un sensibile animo poetico, fortemente inquieto, ed una personalità originale, audace ed irriverente , poco incline agli schemi della vita ordinaria.

Prestissimo aveva cominciato a comporre liriche sofferte e profonde ed aveva conosciuto Quasimodo, Montale e Manganelli. Tutta la sua esistenza si articola tra la poesia e il disagio mentale. Trascorre infatti svariati anni della sua vita negli ospedali psichiatrici. Il periodo più lungo è quello tra il 1970 e il 1982. In particolare gli anni vissuti “nell’inferno” degli esclusi, sono quelli che, attraverso la conoscenza dello strazio del vivere proprio ed altrui, ci hanno regalato la produzione poetica più intensa contenuta ne “La terra Santa” del 1984, raccolta che nel 1993 le valse il premio Librex-Guggenheim ”Eugenio Montale” per la poesia.

 “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior” cantava De Andrè, anch’egli indimenticabile poeta.

E così Alda Merini ha fatto sbocciare fiori profumatissimi, dalla sua dolente esperienza esistenziale.

 La sua “follia” fu autentico humus in cui si svilupparono facoltà perlustrative di fine e delicata introspezione, che le permisero di cogliere il riflesso soggettivo e la valenza simbolica del “mal di vivere”. Attraverso il suo sguardo, noi tutti leggiamo la realtà tramite le intuizioni, le visioni , le sensazioni con cui lei dipinge le cose. Con i colori dell’anima ci rendiamo conto della nostra taciuta e magari, a noi stessi ignota, visione del mondo, percepibile “dal di dentro”. Il poeta, in generale, attraverso il dono del linguaggio, conferisce universalità ai propri segreti sentimenti, elevando uno struggente canto sulla limitatezza del mondo immanente, tirando fuori, da ognuno di noi, attitudini spirituali silenti che albergano in ogni animo sensibile alla bellezza.

Quale follia è più feconda di sapiente conoscenza , di lungimiranza e di intuizione profonda di quella di Alda Merini…. Il “matto” , al di là della casistica clinica in cui c’è un grave limite patologico conclamato, può essere anche soltanto chi sfugge all’equazione troppo limitante di felicità = potere, felicità = denaro, felicità = possesso, felicità = bellezza.

 

Non ho bisogno di denaro

Ho bisogno di sentimenti,

di parole, di parole scelte sapientemente,

di fiori detti pensieri,

di rose dette presenze,

di sogni che abitano gli alberi,

di canzoni che facciano danzare le statue,

di stelle che mormorino all’orecchio degli amanti.

Ho bisogno di poesia,

questa magia che brucia la pesantezza delle parole,

che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.

 

Il poeta diviene così il testimone di una verità bandita dalla vita di tutti i giorni, estranea ai cliché, percepiti dal proprio animo, come insopportabile zavorra che appiattisce e appesantisce . Il poeta- matto sfugge volontariamente, con il suo disagio, alla follia collettiva che non tollera i portatori sani di sensibilità. Decide di esiliarsi da una società che non consente i chiaroscuri, ma impone subdolamente e autoritariamente, il rigido dualismo bianco- nero.

Il genio creativo tracima nella cosiddetta “follia”.

Anche Platone diceva, concetto poi ripreso e divenuto oggetto di studio profondo da parte di Jung,  che “le divinità sono diventate malattie”. La follia è il punto di maggiore approssimazione alla divinità. E Shakespeare tripartisce questo concetto in base al quale il folle, l’amante, il poeta, condividono lo stesso tipo di delirio ispirato alla divinità, in quanto portatori di eros:

“Il dissennato, l’amante e il poeta non son composti di nient’altro che fantasia. L’uno vede maggior numero di demonii di quanti il vasto inferno possa contenere, e questo è il dissennato. L’amante, preda anch’egli dello stesso delirio, riesce a veder la bellezza di Elena sulla fronte di una zingara. E l’occhio del poeta, volgendosi all’intorno con delicata frenesia, guarda dal cielo alla terra e dalla terra al cielo, e nella sua propria immaginazione dà corpo a oggetti sconosciuti; e la sua penna quindi ne decanta la forma definitiva, dando a un aereo nulla, una concreta dimora ed un nome.”

Del resto, da quelle che potremmo definire le identità claudicanti , spesso possono scaturire le eccellenze, i capolavori creativi. In quali territori di laceranti e profonde crisi esistenziali, stati depressivi e dissociazioni, trovarono origine le opere di Virginia Woolf, Anne Sexton, Dino Campana, Cesare Pavese, Fernando Pessoa e tanti altri, che trasformarono ossessioni e male oscuro in potenti forze creative, suscettibili di edificare ponti tra l’essere umano e l’infinito, l’eterno. In un lavoro di trascendenza che li rende immortali. Come diceva il Budda infatti, il poeta è un “attento” e chi è attento è già un immortale.

La follia di Alda Merini fu certo non un handicap ma una preziosa risorsa. Le consentì un processo di verticalizzazione e di scandaglio nelle profondità dell’animo umano, sottraendo le sue facoltà intellettuali a quella confusione orizzontale che non le si attagliava.

Erri De Luca, anticonformista poeta dalla sensibilità non comune, afferma che la foglia d’autunno, quella che all’apparenza sembra lì lì per staccarsi dal ramo e cadere, è sicuramente quella che vive meglio il suo tragitto di vita, poiché è più libera di volteggiare nell’aria, lasciandosi cullare, leggera, dal vento ed assaporando la vita nella sua pienezza.

Dal “meno” talvolta proviene tanto di più. Il poeta dunque, portatore di verità nuove, potenziale motore di trasformazione migliorativa della società. Alda Merini e la sua verità, ha fecondato il nostro reale, trasformando “la malattia”, il dolore, la penosità del vissuto, in elevatissimo e struggente canto e facendocene poi dono.

La foto e un verso virgolettato di Alda Merini, nei giorni delle elezioni europee, erano presenti in un manifesto, affisso sui muri di Brolo, assieme all’immagine di altri sette poeti, protagonisti di una trasgressiva quanto civile campagna elettorale, inneggiante alla “poesia al potere”.

Messaggio simbolico di quella sana speranza di rinnovamento della società, che un gruppo di giovani intelligenti di Brolo, vollero trasmettere.

La Terra Santa

Ho conosciuto Gerico,
ho avuto anch’io la mia Palestina,
le mura del manicomio
erano le mura di Gerico
e una pozza di acqua infettata
ci ha battezzati tutti.
Lì dentro eravamo ebrei
e i Farisei erano in alto
e c’era anche il Messia
confuso dentro la folla:
un pazzo che urlava al Cielo
tutto il suo amore in Dio.

Noi tutti, branco di asceti
eravamo come gli uccelli
e ogni tanto una rete
oscura ci imprigionava
ma andavamo verso le messe,
le messe di nostro Signore
e Cristo il Salvatore.

Fummo lavati e sepolti,
odoravamo di incenso.
E, dopo, quando amavamo,
ci facevano gli elettrochoc
perchè, dicevano, un pazzo
non può amare nessuno.

Ma un giorno da dentro l’avello
anch’io mi sono ridestata
e anch’io come Gesù
ho avuto la mia resurrezione,
ma non sono salita ai cieli
sono discesa all’inferno
da dove riguardo stupita
le mura di Gerico antica.

Alda Merini – 1983

 Le opere

 Altre sue raccolte di versi sono «Testamento», «Vuoto d’amore», «Ballate non pagate», «Fiore di poesia 1951-1997», «Superba è la notte», «L’anima innamorata», «Corpo d’amore», «Un incontro con Gesù», «Magnificat. Un incontro con Maria», «La carne degli Angeli», «Più bella della poesia è stata la mia vita», «Clinica dell’abbandono» e «Folle, folle, folle d’amore per te. Poesie per giovani innamorati».

Nella sua carriera artistica, Alda Merini si è cimentata anche con la prosa in «L’altra verità. Diario di una diversa», «Delirio amoroso», «Il tormento delle figure», «Le parole di Alda Merini», «La pazza della porta accanto» (con il quale vinse il Premio Latina 1995 e fu finalista al Premio Rapallo 1996), «La vita facile», «Lettere a un racconto. Prose lunghe e brevi» e «Il ladro Giuseppe. Racconti degli anni Sessanta» e con gli aforismi «Aforismi e magie». Nel 1996 era stata proposta per il Premio Nobel per la Letteratura dall’Academie Francaise e ha vinto il Premio Viareggio. Nel 1997 le è stato assegnato il Premio Procida-Elsa Morante e nel 1999 il Premio della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Settore Poesia.

Le onorificenze:

Fu insignita nel 2002 da Ciampi dell’onorificenza di Commendatore al merito della Repubblica e nel 2007 ricevette dall’Università di Messina la laurea Honoris causa in Scienze della formazione.

4 Novembre 2009

Autore:

admin


Ti preghiamo di disattivare AdBlock o aggiungere il sito in whitelist