La crisi attuale, che sta sconvolgendo gli equilibri e le dinamiche sulle quali si fonda l’intero sistema economico, impone una riflessione che, esulando dai circoscritti e per ciò stesso limitati confini nazionali, si collochi in una prospettiva di analisi globale, tale da contemplare le interdipendenze dei rapporti economici globali ed i vincoli che tale condizione pone agli strumenti di politica economica a disposizione dei Governi.
In questa prospettiva non è possibile valutare la manovra recentemente adottata dal Governo, senza compiere parallelismi e confronti con gli altri Paesi europei, molti dei quali hanno realizzato politiche economiche ben più restrittive ed introdotto meccanismi di contenimento della spesa pubblica più stringenti e onerosi.
Le soluzioni individuate dal Governo consentono invece di contemperare in modo più equilibrato la necessità ineludibile di compiere sacrifici con l’esigenza di tutelare le fasce più ampie dei cittadini.
Tale impostazione risponde alla consapevolezza che non si può traslare il motto britannico “lacrime e sangue” in un Paese come il nostro, ricco di specificità ed eccellenze, che trova nelle piccole e medie imprese il suo tessuto connettivo.
Ciò dimostra inoltre la grande capacità dell’Italia di resistere alla crisi senza farsi travolgere dal fallimento di un sistema economico condizionato dalla globalizzazione, fenomeno totalizzante ed incontrollabile, che reca con sé convulse conseguenze e intrinseche contraddizioni.
Il Ministro Tremonti ha predisposto una manovra che trova i suoi cardini nella lotta all’evasione e nell’abbattimento degli sprechi, e persegue l’obiettivo di avviare un circolo virtuoso che si nutre di un rinnovato spirito imprenditoriale e di un cambiamento radicale nella gestione della “res publica”.
L’Europa è il dominus, e l’Italia non può dunque esimersi dall’uniformarsi alle sue decisioni.
Da ciò si evince che la necessità di ribaltare i tradizionali schemi è un’esigenza condivisa, dettata dall’evidenza del fallimento del classico “Welfare State” di matrice nordeuropea, e sostenuta dalla circostanza che anche il Regno Unito, pur non appartenendo all’Eurozona, è in procinto di inaugurare una nuova fase di austerity, introducendo nuove tasse (per un valore totale di 10 miliardi di sterline) e decidendo tagli alla spesa pubblica stimati in 40 miliardi.
Per arginare le conseguenze della crisi internazionale, evitando che si trasformi in crisi sociale e scontro civile, occorre innalzare al rango di imperativo categorico l’obiettivo di plasmare un nuovo sistema di rapporti tra politica, economia e finanza, facendolo attecchire sull’humus dell’efficienza economica, della sostenibilità finanziaria e dell’integrazione dei mercati.
Occorre infatti rilevare come la più recente congiuntura economica internazionale abbia posto in luce il pericolo che la crisi, dopo aver interessato prioritariamente il settore della finanza privata, possa ora coinvolgere anche il settore pubblico.
Il Governo ha lucidamente individuato la gravità di tali possibili conseguenze, proseguendo, con il decreto – legge n. 78 del 2010, il processo di stabilizzazione dei conti pubblici avviato con il decreto – legge n. 112 del 2008, nella consapevolezza che, in presenza del fortissimo elemento di rigidità costituito dall’elevatissimo livello del debito pubblico, il contenimento della dinamica della spesa pubblica costituisce il principale strumento per assicurare l’equilibrio fra esigenze di sostegno del ciclo economico e il mantenimento della sostenibilità futura dei saldi di finanza pubblica.
L’Italia, di fronte agli 80 miliardi di euro di tagli proposti in Germania, scadenzati su quattro anni, o alla manovra da 15 miliardi di euro della Spagna, che lo stesso Zapatero non esita a giudicare insufficiente, sta dimostrando di essere in grado di dare soluzioni al tempo stesso specifiche ed innovative a tali problemi di sistema, che riflettono l’attitudine dei cittadini a rischiare e investire.
Inoltre, dilatando l’orizzonte temporale della manovra, il Governo non ha ceduto alle contingenze ma, con lungimiranza, ha elaborato una strategia atta a trasformare la speranza nel risanamento di oggi, in fiducia nella crescita e nello sviluppo di domani.
La riduzione delle spese pubbliche cui mira il decreto – legge è del resto orientato, oltre a porre al riparo le finanze pubbliche italiane dai fenomeni speculativi di origine internazionale che hanno colpito in questi ultimi mesi taluni Paesi dell’Area Euro, ad eliminare le ampie sacche di inefficienza che ancora si annidano nei bilanci pubblici, e che spesso caratterizzano i bilanci delle regioni e degli enti locali, e dunque a creare le condizioni per lo sviluppo futuro.
Il percorso della manovra è stato costellato di modificazioni e variazioni, che non vanno però considerate come esitazioni o riserve, ma come il tentativo di comporre in maniera coerente le istanze che provengono da tutte le categorie sociali.
E’ la volontà di aggregare che spinge a modificare, a procedere ad una sintesi di interessi, per amalgamarli in un crogiolo di misure articolato.
La complessità e delicatezza della manovra ha infatti reso necessario un continuo lavoro di aggiustamenti, temperamenti e bilanciamenti che ha dovuto contemperare le comprensibili richieste dei cittadini e di singole categorie con l’esigenza di arginare le conseguenze di una crisi di portata mondiale.
Le modifiche decise dal Governo hanno del resto incontrato il favore anche del Presidente della Confindustria, Marcegaglia, in particolare per quanto riguarda il comparto sicurezza, la revisione del trattamento del pubblico impiego, la revisione del Patto di stabilità interno e la diluizione dei tagli alle Regioni lungo un arco temporale più lungo.
I miglioramenti al testo apportati nel corso dell’esame al Senato non costituiscono, peraltro, un rovesciamento del vincolo rappresentato dall’invarianza dei saldi complessivi, né una prova di forza, ma rappresentano il frutto di un costruttivo confronto dialettico, esteso anche agli emendamenti relativi alla materia pensionistica ed alla proroga di sei mesi per il pagamento delle tasse in Abruzzo.
Il testo del decreto – legge sul quale il Governo ha posto oggi la fiducia al Senato presenta quindi un respiro ancora più ampio, che si pone, ad esempio, l’ulteriore obiettivo di mitigare il blocco delle compensazioni tra debiti e crediti fiscali per i destinatari di accertamenti fiscali e di dilatare i termini di riscossione da parte dell’erario.
Si tratta di misure necessarie, così come è necessaria la nuova disciplina in materia di rafforzamento del ruolo dei Comuni sulle verifiche catastali, di innalzamento a 65 anni dell’età pensionabile per le donne della pubblica amministrazione, previsione, quest’ultima, mitigata e bilanciata dalla diversa modulazione dell’adeguamento dell’età pensionabile alle aspettative di vita.
La richiesta della fiducia sulla manovra indica dunque, in questo caso, la volontà di rafforzare i contenuti riformatori del provvedimento e di ricercare su di essi la più ampia condivisione in seno alla maggioranza, anteponendo i veri interessi del Paese alle polemiche che non consentono oggi a molti di capire come misure che oggi possono apparire odiose e impopolari, rappresentano in realtà la garanzia per la stabilità, la crescita e lo sviluppo duraturo dell’Italia.
Comunicati Stampa