Sono delle barriere flessibili contro le frane superficiali di versante. Comunemente vengono chiamate reti e spacciate come “la soluzione vantaggiosa contro i pericoli naturali”. Di fatto le vediamo “imbottonare” con polpettoni i nostri versanti collinari che costeggiano le strade per poi gonfiarsi e mal contenere i movimenti franosi che certamente non riescono ad arginare.
GIOIOSANAS – UNA STRADA DAI MILLE SEGRETI E DAI MILLE SPRECHI
Con questo articolo diamo il via ad una serie di”pezzi”, che diventano una vera e propria inchiesta, sul “fallimento” degli interventi, dei lavori, delle progettazioni, che negli ultimi cinquant’anni e forse anche più, hanno caratterizzato la viabilità nel tratto di strada che dallo “scoglio nero” passa da Calavà, quindi tocca Gioiosa Mare, ma prima si snoda sotto lo Skino, per poi giungere al “Falconaro” nei pressi delle Torre dellaciavole
E’ un tratto di strada, poco meno di quindici kilometri di una bellezza paesaggistica unica, disegnata dalle rughe nebrodi, che si specchia sulle acque cristalline di un mare stupendo che quando diventa impetuoso porta i suoi odori e la sua brezza tra le ginestre che costeggiano l’asfalto.
Una strada segnata dalla storia, che vide passare “i mille” e poi le truppe tedesche in ritirata, nella seconda guerra mondiale che minarono lo strapiombo di Calavà per rallentare l’avanzata degli americani ( le foto in alto si riferiscono alla ricostruzione del ponte di Calavà tratte dall’archivio Luce), e poi ancora – molto prima – ii grandi lavori per poter traforare la roccia rosa del promontorio.
Una strada dove si fecero grandi progetti ma che vide il sacco di finanziamenti mal utilizzati, e che pianse i suoi morti.
Giovani docenti periti nello schianto dello “scoglio nero”, ciclisti del nord europa che caddero nel vuoto dello Skino e solo poco tempo fa anche giovani che tornavo a casa dopo una notte passata tra amici, e che racconta di auto che scivolarono lungo la scarpa di Calavà, direttamente a mare.
Ecco.. ora che dopo ogni frana quella strada, come cinquantanni anni fa, ridiventa protagonista della cronaca.
Utilizzando ritagli di giornali, l’amara ironia di Riccardo Ferlazzo Ciano, ma anche le memorie perdute di altri che la “raccontano” insieme alle parole di ex sindaci di Gioiosa Marea e degli Onorevoli che fecero la storia del paese, rileggiamo la storia di questa strada “maledetta”, sicuri che anche chi negli anni ebbe carico della sua manutenzione, i tanti cantonieri della case rosse, avrebbero molto da dire e narrare e aiutarci anche a ritrovare i “sempietrini” spariti dopo l’ultimo smacco subito dalla galleria con il suo nuovo “tappetino” d’asfalto che ha cancellato la storia e la colonna sonora per chi la transitava.
Il primo articolo.
Correva l’anno 1959, si frequentava il Liceo Classico di Patti dove ci si recava in macchina o in “corriera” ogni mattina.
Chi tra di noi non era preparato per le interrogazioni pregava affinché un bel masso cadesse, come al solito, sulla statale 113 e ne interrompesse il transito nel tratto “Falconaro” o Skino o Capo Calavà.
Cosa abituale allora ed ahimè, anche oggi.
Più di 55 anni durante i quali l’ANAS è rimasta sempre sorda alla richiesta dei Comuni, che chiedevano interventi risolutivi del problema, preferendo invece, quelli “momentaneamente curativi” che – guarda caso – per coloro ai quali l’ANAS ha affidato i vari lavori in appalto, si sono trasformati in un vitalizio vero e proprio.
Un pozzo di S.Patrizio dal quale ricavare denaro sine die, il tutto ovviamente a spese dello Stato e quindi, nostre.
Gioiosa Marea è così diventata la costante “mammella munta” da i vari funzionari del’ANAS che si sono via via succeduti incuranti dei milioni che facevano sborsare allo Stato inutilmente!
Tenuto conto dei recenti e passati scandali dell’Ente in questione, ai cittadini di Gioiosa Marea viene da chiedersi, se c’è o c’è stato del marcio nel gestire la “Querelle Gioiosana”
L’ANAS che sulla statale 113 che collega Messina a Trapani (allora non c’era l’autostrada) a Gioiosa Marea, si è coperta d’infamia facendo costruire alla bisogna, prima ponti in legno, quindi in ferro che sono rimasti in uso per anni.
Sorda ad ogni richiesta o invito o richiamo dei vari sindaci succedutosi, come dimostrano gli innumerevoli articoli apparsi sul Giornale di Sicila. ” Il ponte della vergona” si leggeva nel titolo di uno di questi .
E colmo di ingiustizia, alcuni cittadini sono stati condannati, poco tempo addietro ,per avere invaso per protesta la linea ferroviaria per richiamare l’attenzione nazionale sul problema.
Oltre il danno,la beffa!
Ma è giunta l’ora di finirla Egregi funzionari dell’ANAS siciliana: faremo i conti in tasca ai vostri predecessori sappiamo bene che la prescrizione farà da eventuale spugna) ed anche a voi, responsabili per questi 56 anni di milioni buttati al vento o a mare, come i massi che dal costone, ogni giorno, cadono.
RFC
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