– di Saverio Albanese –
«Lo stile è eleganza, non stravaganza. L’importante non è farsi notare, ma ricordare». Parola e poesia del grande genio della moda Giorgio Armani, che proprio quest’oggi, giovedì 11 luglio, spegna le sue prime 90 candeline, 50 dei quali trascorsi a insegnare l’eleganza nel mondo. Che è togliere, non aggiungere. È eccentricità che va a braccetto con il rigore.
Tra i regali più graditi sicuramente c’è il terzo scudetto tricolore consecutivo (lo scorso 13 giugno in gara quattro contro gli acerrimi rivali della Virtus Bologna), il 31esimo della sua storia (il 14esimo trofeo dell’era Armani) vinto anche quest’anno dalla sua Olimpia Milano.
Perché negli ultimi anni il basket è diventato un’altra delle sue passioni. Ma la moda rimane il suo più grande capolavoro. Quella moda mai urlata, lontana dai sensazionalismi perché i vestiti vanno indossati e non solo portati in passerella. Un’eleganza fatta di sostanza, in equilibrio tra tradizione e innovazione, tra classico e contemporaneo.
Ho avuto la fortuna e il piacere in diverse circostanze, di incontrare, osservare, ascoltare e applaudire una icona come Giorgio Armani. Di lui mi ha sempre colpito lo sguardo d’ingegno, il desiderio di capire prima e rispondere poi, e la semplicità d’animo. Arrabbiato per cose concrete, felice per la consapevolezza di aver fatto bene il proprio dovere. Quel lavorare per essere, ma non l’essere per lavorare. Quell’idea che l’umanesimo è un valore che si sostanzia nel fare, ma che perde valore se non si relazione con gli altri, se non si pone all’ascolto dei bisogni.
E pensare che Re Giorgio, nato a Piacenza, in età adolescenziale, era un aspirante medico. E che la sua strada gloriosa nella moda iniziò come a lavorare come commesso per la Rinascente. Nel 1965 venne assunto da Nino Cerruti mentore che ha rivoluzionato l’abbigliamento maschile nel segno della morbidezza sartoriale e di un nuovo concetto di vestibilità. Affidò a Giorgio Armani, per sette anni, la sua linea uomo Hitman. Nel 2024 Re Giorgio festeggia anche il primo mezzo secolo0 di vita del proprio marchio: il suo nome apparve nell’universo della moda per la prima volta nel 1974, quando nacque la linea di capi in pelle Armani by Sicons.
I capi iconici di Giorgio Armani. La summa dell’approccio di Giorgio Armani alla moda è nelle sue stesse parole: «Sono stato il primo ad ammorbidire l’immagine degli uomini e a rafforzare quella delle donne. Ho vestito uomini con tessuti da donna e rubato agli uomini quello che le donne volevano e di cui avevano bisogno: l’abito del potere».
Ha destrutturato, ha ammorbidito. Ha ridefinito l’eleganza maschile. I suoi completi hanno volumi fluidi e tonalità tenue e ricercate. Ha bandito la rigidità imperante. Ha dato all’uomo la scioltezza e la morbidezza della donna. Il suo pezzo più iconico? La giacca destrutturata, libera e seducente, che segue i movimenti del corpo. Una giacca nuova che diventa unisex.
E poi l’ideazione del greige, tra grigio e sabbia, che è più di un colore. «Cercavo una tonalità che fosse calda ma allo stesso tempo metropolitana, sobria ma non scontata», ha detto. Il greige è distintivo, ha rimandi naturali e classici ma pulsa di contemporaneità. Il suo colore icona, però, è senz’altro il blu Armani, simbolo della Casa di moda.
Lo stile Armani al cinema. Giorgio Armani è stato un pioniere nel vestire le celebrità sui red carpet. La sua intuizione lo ha portato a comprendere il potere che un abito ben confezionato può avere nell’esaltare l’immagine di una star e nel definire la sua personalità.
Tra le prime attrici ad indossare le sue creazioni troviamo Diane Keaton, che nel 1978 sfoggiò un tailleur androgino per ricevere l’Oscar come migliore attrice. Da quel momento, Armani è diventato il couturier di fiducia di dive come Julia Roberts, Jodie Foster, Charlize Theron, Beyoncé, Anne Hathaway, Lady Gaga e Cate Blanchett (musa di Armani, un’ospite fissa degli eventi dello stilista, nonché una delle sue più grandi ammiratrici), vestendole per le occasioni più importanti e consacrandole icone di stile. E poi, come dimenticare una delle scene emblematiche di American Gigolò, film cult del 1980? Richard Gere che, alle ore 12.05 segnate sulla radiosveglia, a torso nudo sfila via dall’armadio quattro giacche che dispone sul letto. E poi altrettante camicie e cravatte da abbinare. È alla ricerca del suo outfit, con pantaloni morbidi e blazer destrutturato, firmato certamente Giorgio Armani. Fu la consacrazione del designer italiano Oltreoceano. Quello stile rilassato ma mai casuale divenne la quintessenza del fascino maschile.
L’amore tra il cinema e Giorgio Armani è resistito nel tempo. Ecco poi nel 1987, nel capolavoro di Brian Del Palma The Untouchables – Gli intoccabili, criminali e agenti davvero chic che si muovono tra sparatorie. Come Kevin Costner, il poliziotto “solo chiacchiere e distintivo”, in tre pezzi by Re Giorgio.
Il tè nel deserto di Bernardo Bertolucci, anno 1990: John Malkovich ha quella grazia casual tipica dell’uomo Armani, con sahariane abbinate a pantaloni leggeri. I completi impeccabili del milionario Bruce Wayne, interpretato da Christian Bale, ne Il cavaliere oscuro (2008)? Sono a firma Armani.
Passione, tenacia e coerenza dal re Giorgio Aramni. In immancabile maglietta blu, lo stilista ha appena accompagnato la sua collezione Giorgio Armani Privé alla settimana parigina dell’Haute Couture Autunno Inverno 2024.
In passerella, tra le modelle, è apparso sorridente e in forma. Con il piglio sicuro e attento di chi vuole proporre sempre il meglio. «Non ho una formula da passare ad altri perché io stesso non ho seguito una formula né mi sono ispirato a qualche realtà già esistente. Ho sempre fatto e continuo a fare a modo mio», ha detto Armani in una recente intervista. «Se devo raccontare la mia storia con poche parole sceglierei: passione, rischio, tenacia e coerenza». Da re indiscusso…!!!