L’iniziativa è curata da CasaPound, ed intanto monta la protesta per revocare l’onorificenza la merito concessa al Maresciallo Tito, che ordinò i massacri.
Infatti Tito resta insignito della più alta onorificenza della Nazione. E’ tuttora Cavaliere di Gran Croce decorato di gran cordone al merito della Repubblica italiana.
A Tito fu concessa, e sta ancora là, quell’onorificenza che si riconosce per altissime benemerenze a persone eminenti, italiane e straniere. Di solito è riservata ai capi di Stato. A uno solo è stata revocata nella storia, al presidente della Siria Assad. Non essendo stato ammazzato dall’Isis, la burocrazia poté notificargli il ritiro del prestigioso riconoscimento. A Tito no, perché è morto.
Un’offesa ai martiri delle foibe, agli uomini e alle donne dell’esodo, ai loro familiari, resta ancora lì, sul sito del Quirinale. Perché la burocrazia ha trasformato il maresciallo Tito in un eroe incancellabile dalle onorificenze italiane.
Ora ci sono delle proposte di legge, Fratelli d’Italia con De Carlo alla Camera e Ciriani al Senato ed il leghista Panizzut ne ha depositata successivamente una simile a Montecitorio. Tutte con unico filo conduttore: per togliere di mezzo questo scandalo bisogna scrivere che l’onorificenza può essere revocata anche ai defunti. Sapete perché? I morti non possono fare ricorso e quindi ci dobbiamo tenere la Gran Croce di Tito se non si modificano le norme vigenti. Chissà quale ricorso dovrebbero invece presentare gli italiani infoibati dalla pulizia etnica del macellaio di Belgrado…
Ovviamente né alla Camera né al Senato le proposte di legge assegnate alle commissioni competenti hanno fatto passi in avanti. Oggi ascolteremo tanta retorica da istituzioni sorde e quei parlamentari che si sono esposti pure agli strali dell’Anpi continueranno a non avere risposta alla loro domanda di decenza e dignità nazionale.
Giorgio Napolitano, da Capo dello Stato, nel 2007, parlò di “un moto di odio e furia sanguinaria e un disegno annessionistico slavo che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947 e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica”.
E Mattarella, sempre dal Colle parlando della legge disse che contribuì a “sanare una ferita profonda nella memoria e nella coscienza nazionale” ed ieri è stato ancor più esplicito.
Giustizia va resa a quanti furono assassinati solo perché erano italiani.
Casa Pounbdè esplicita nei suoi tanti striscioni oggi affissi in tutta Italia: “Partigiani titini infami e assassini”.
E’ questo il testo dello striscione apparso in oltre cento città italiane in occasione del Giorno del Ricordo, affiancato dalla ‘tartaruga frecciata’ simbolo di CasaPound Italia. “Stiamo assistendo negli ultimi anni – spiega CPI in una nota – a un crescendo di iniziative da parte di associazioni nostalgiche tese ad operare una revisione storica di quanto accaduto nella Venezia Giulia, in Istria e in Dalmazia dopo
1943, una vera e propria ondata di revisionismo e negazionismo che getta fango sulle decine di migliaia di vittime innocenti dei criminali di guerra titini”.
“Oltre 750 tra foibe e fosse comuni, quasi 10.000 morti e 350.000 esuli istriani, fiumani e dalmati sono il risultato di un grande progetto di pulizia etnica operato da Tito e dai terroristi jugoslavi che già a partire dalla fine degli anni ’20 hanno cominciato la loro opera di guerriglia contro la popolazione civile italiana, culminata poi nell’orrore delle foibe tra il 1943 e il 1945, attraverso attentati dinamitardi a scuole e asili, stragi ed esecuzioni sommarie.
Tra le decine di episodi – prosegue la nota – ricordiamo l’attentato per mano di Vladimiro Gortan nel tentativo di impedire le elezioni di Pisino; l’attentato alla sede del ‘Popolo di Trieste’ per mano dei 4 terroristi Ferdo Bidovec, Fran Marusvicv, Zvonimir Miloš e Alojz Valencvicv in cui rimase ucciso Guido Neri; l’incendio al ricreatorio di Prosecco e delle scuole comunali di Sgonico e gli attentati dei terroristi Viktor Bobek, Simon Kos, Ivan Ivancic, Pinko Tomacic e Ivan Vadnal.
Tutti questi veri e propri terroristi erano accomunati da un unico disegno criminoso: annettere, con ogni mezzo disponibile e senza pietà neanche per i civili, la Venezia Giulia, l’Istria, Fiume e la Dalmazia, alla Jugoslavia”.
“Sono questi gli ‘eroi’ che oggi associazioni come l’ANPI intendono celebrare – prosegue CasaPound – persino in occasione del Giorno del Ricordo, spesso col benestare di amministrazioni locali che finanziano con i soldi dei cittadini iniziative spregevoli e in palese violazione della legge 30 marzo 2004, n. 92 con la quale è stata istituita la giornata in memoria dei martiri delle foibe. È evidente che, se c’è ancora chi riesce a mettere in discussione fatti come quelli che hanno condotto alla morte e all’esodo di tantissimi nostri connazionali, sia necessario un maggiore sforzo da parte delle istituzioni per riaffermare il significato e il valore della giornata di oggi e la corretta verità storica”.
Poi il movimento di Iannone tocca il punto dell’onorificenza concessa a Tito.
“Un primo vero grande segnale necessario per ottenere finalmente un riconoscimento per la tragedia delle Foibe e dell’esodo di 350.000 italiani sarebbe rappresentato dalla revoca del titolo di cavaliere di gran croce decorato di gran cordone, il più alto riconoscimento assegnato dalla Repubblica italiana, ad un criminale di guerra quale Josip Tito, come CasaPound Italia ha già pubblicamente chiesto.
Si tratterebbe di un passo fondamentale che in una Nazione che ha memoria per i propri figli martirizzati per mano dei terroristi titini si concluderebbe in tempi celeri e con l’unanimità dell’assise parlamentare. In Italia, invece, assistiamo ancora ad atteggiamenti ambigui da parte, ad esempio, del Partito democratico che – conclude CPI – se da una parte parla di memoria, dall’altra continua ad ammiccare apertamente e senza vergogna ai nostalgici del regime titino concedendo sale e contributi che, invece, andrebbero totalmente azzerati”.