Era nata a Barcellona Pozzo di Gotto da Matteo ed Agata Balotta. Suo fratello Pino, veterinario, onorevole, comunista fu capolista, negli anni ottanta della lista dell’Unione Popolare Brolese e mentre la gente correva a sentirlo parlare, nel suo lungo cappotto nero, in piazza Mirenda, lei incurante di ciò insegnava, curava le sue “fanciulle” regalando cultura e nuove sensibilità, in una scuola, a Piana, dai muri scrostati e dalla cartine geografiche strappate.
Giulia era di famiglia borghese e agiata.
Era bella, austera e insegnava nella vecchia scuola di Piana.
Il suo passo lieve, la rendeva spesso “invisibile” come a tanti suo colleghi, imbarazzati dalla sua cultura, dal suo porsi in posizione agnostica verso la fede e la chiesa, in controtendenza verso un pensiero dominante. Ma a lei questo non fece mai impressione. Non faceva politica… aveva le sue idee, le raccontava, ne faceva fede. Punto.
Un corpo estraneo in una Brolo bigotta.
Una sorta di ostracismo, forse discreto ma certamente invadente che la teneva fuori dal te delle cinque, dai salotti predisposti per i caffè delle sue coleghe, ma che a lei sembrava non pesare.
Andava avanti, leggendo, portando libri nuovi, ascoltando musica o seguendo “L’Approdo”, la trasmissione di cultura partita in radio nel 1952, sbarcata in tv nel 1963.
Da li passarono una schiera infinita, per qualità e quantità, di intellettuali: da Gadda a Pasolini, da Montale a De Robertis. Tanti di loro diventeranno simboli di movimenti culturali. Giulia, guardava, ascoltava, comprendeva e sorrideva all’Italia che cambiava, anche se rimase a Brolo, anzi a Piana, e non volle mai più muoversi da qui.
Nel tempo libero, nei suo pomeriggi brolesi, quando non lo dedicata alla “Scuola di Piana” si ritaglia spazi per coltivare amicizie.
Queste erano poche.
E tra queste quella con l famiglia della “fiduciaria”, la Maestra Letizia – e a tal proposito era tra le maestre forse l’unica era che le desse il “tu”, anche perché non lo faceva nessuno in paese, evidentemente era una firma di condivisione del rapporto in purezza, senza retorica.
Maria Speziale, figlia della Maestra Letizia, fu tra i pochi colleghi che andarono al suo funerale, a Barcellona, agli inizi degli anni ottanta.
Qui morì, colpita dal “brutto male”, ma questo non intaccò la sua serenità, la sua voglia di vivere, la sua libertà di pensiero, nè, pur minandole il corpo, spense il suo sorriso.
A Brolo, Giulia, nel 1964, era arrivata provenendo dal circolo didattico di Naso.
Aveva preso alloggio prima lungo la via Trento, a ridosso della fontanella, poi nel quartiere Sottogrotte, in casa dai Pultrone.
Ogni giorno, si recava a piedi a scuola, a Piana, allora ancora frazione, o quando c’era maltempo utilizzando la “1100” azzurrina.
Amava il suo lavoro e negli anni settanta fu tra le prime insieme al maestro Saro Scaffidi e la maestra Lina Randazzo, ad adottare – sotto la spinta della Maestra Letizia – il metodo globale. L’innovazione didattica che cambiò il modo di far scuola.
Una sua caratteristica – a parte l’abbigliamento distinto, caratterizzato anche dalle sciarpe che l’avvolgevano, erano i capelli, raccolti spesso dentro un basco, che lei lasciò alla fine imbiancare, faceva, a noi ragazzi, effetto quel suo modo di disegnare con la matita le sopracciglia, un vezzo che imparammo poi ad apprezzare superata l’adolescenza – era quello di organizzare delle recite di fine anno.
Lei infatti, amava il teatro, era affascinata dalle grandi attrici, e suo fratello che fu anche vice presidente nazionale dell’Associazione Poeti e Scrittori Dialettali l’aveva introdotta nei cenacoli culturali non solo isolani. Una passione per il teatro che condivideva quindi con Pino autore anche si testi teatrali e saggi di critica letteraria su Martoglio, sulla poesia di Antonio Saitta e su Pirandello.
Allora, sotto la sua spinta, il centro di lettura di Piana, a ridosso della bottega di Cono e Nicoletta Condipodero, che lei curava nei pomeriggi, si animava, ed il “centro” per qualche giorno veniva sospeso per dar spazio a prove e saggi.
Quando venne meno lasciò la sua buonauscita ai suoi alunni.
Ripartendola tra quelli dell’ultima classe e affidandone una quota all’allora direttore Antonino Lo Presti per acquistare un pianoforte, quello che ancor oggi c’è a scuola.
Uno strumento musicale che suonava e amava, e che riteneva “un buon amico” in grado di regalare emozioni.
E lasciò anche la sua enciclopedia alla biblioteca scolastica insieme a numerosi libri e dispense, con un testamento pubblico, letto agli insegnanti e agli alunni dallo stesso direttore didattico.
Andò via, ricorda Maria Speziale, tra gli amici, che intonavano Bella Ciao, in un rito laico di grande intensità anche per chi era ed è cattolica.
La Pino, per la sua storia, la sua classe, per quel pezzo di cultura che cercò di incuneare nella storia di Brolo, entra, di diritto, nel Club dei Brolesi.
suo fratello, l’onorevole Pino Balotta
da leggere
http://scomunicando.hopto.org/notizie/storie-brolesi-la-maestra-letizia/
gli articoli sui Brolesi già pubblicati:
anche quest’articolo entra a far parte del “clan” dei Brolesi, la sezione del nostro giornale dedicata ai personaggi più o meno noti, che hanno caratterizzato la storia del paese.
Se avete voglia di leggere….
GIULIA PINO – Insegnò a Brolo. Anarchica, Socialista, amava le Recite e la Cultura… lasciò un pianoforte alla “Sua” Scuola
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Brolesi – Vincenzo Stancampiano, l’arte dell’intarsio e il serio lavoro di artigianoBrolesi –
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