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GIUSEPPE COSTA – A Messina, “LiberaMente”, la performance per piano solo nell’improvvisazione

“Libera Mente”, performance per piano solo del pianista messinese, proposta alla Sala Sinopoli del teatro V.E., era inserita nella rassegnaAccordiacorde” della Filarmonica Laudamo.

L’improvvisazione totale, allo stato puro, mentale, da parte musicista, ha prodotto un concerto unico che ha stupito e al tempo stesso impegnato il numeroso pubblico che gremiva la sala, nella condivisione di un percorso intellettivo non semplice, ma interessante e coinvolgente. Basti pensare che un’ora di concerto è stato articolato in soli due movimenti. Ma nulla era previsto e così è stato: musica creata al momento stesso in cui viene eseguita.

E finisce lì, quella dopo sarà un’altra storia… Il direttore artistico della Filarmonica, Luciano Troja: “L’improvvisazione musicale è una creazione estetica, narrativa, politica dell’essere umano e della natura. Non è una novità, c’è dagli albori dell’uomo. Chi improvvisa è come se suonasse sempre per la prima volta.

Aprirsi alla sorpresa di affrontare un concerto intero improvvisandolo significa aprirsi a varie realtà”. Giuseppe Costa: “Questa musica richiede coraggio, sia a farla che a rappresentarla, perché bisogna avere una grande fiducia e soprattutto voglia di offrire al pubblico qualcosa di diverso, di nuovo. A me interessa propormi in una maniera assolutamente vera. In realtà quello che si cerca è un percorso da fare insieme”.    

 

Giovedì sera la Sala Sinopoli del Teatro V.E. era gremita.

E alla fine del concerto, in molti sono rimasti qualche minuto in sala a interrogarsi reciprocamente, a confrontarsi su quanto “vissuto” nel corso dell’ora precedente. Sicuramente si saranno avvicendati giudizi e sensazioni differenti, ma anche, se è il caso, coincidenti. Difficile analizzarlo. Fatto sta che ciascuno ha portato con sé il ricordo di una serata particolare.

Il “piano solo” attira per le suggestioni che notoriamente dà a chi è dotato di certe sensibilità. Se poi asseconda le preferenze, i gusti, le armonie spesso “codificate” di chi ascolta, è riconducibile a una variabile che in musica, nell’arte, così come nella vita, la dice tutta: l’improvvisazione. E qui, andiamo a gradi, o meglio, a dosaggi, abituati come siamo a cogliere e apprezzare quelle del jazz che arricchiscono, personalizzano l’azione e il genio del musicista, innalzando l’interesse dell’ascoltatore appassionato.

Ma “Libera Mente”, performance del pianista messinese Giuseppe Costa, è poco o niente di tutto questo. E’ un’altra storia: “libera mente” in libero suono, libera tastiera, libero tutto. Siamo all’azzeramento della scrittura e della forma, all’improvvisazione totale, a un “fatto” primordiale creato attraverso una sequenza di note colte estemporaneamente e messe insieme attraverso un notevolissimo impegno fisico e intellettivo.

Non è stato un concerto, ma tanti concerti provenienti da un solo musicista, caratterizzati dalla differente predisposizione personale, esperienziale, a quel tipo di dialogo, da parte di ogni spettatore. Ciò, a secondo delle capacità d’ascolto, proprie, di ciascuno. Una performance, 100 risultati. Ad ogni presente il suo giudizio, la sua analisi, tant’è che anche la nostra deve fondarsi necessariamente su “uno vale uno”.

Date un pianoforte a un bambino che inizia a costruire mentalmente le sue armonie musicali: seguirlo sarà intrigante, coinvolgente. Coglierete le emozioni di un visionario. Sarà straordinaria la ricerca del suo percorso al buio, secondo l’indole, la natura, la percezione e la sensibilità che già gli appartengono. Per un bambino sarà un gioco, ma per un pianista – compositore è un impegno forte, una sfida perenne. Invero, apprendiamo che riguardo all’arte a alla formazione di Giuseppe Costa, la “composizione istantanea, l’attenzione all’aspetto percettivo e alla capacità dell’esperienza sensibile sono elementi di una visione intima e spirituale del rapporto con il pianoforte”. Per cui, la predisposizione del pianista è innata nel costruire sempre storie immediate, differenti tra loro, da cogliere al volo e metabolizzare. Così è, adesso e basta. Poi ci sarà la prossima, come fosse la prima.

Alla Sala Sinopoli, un’ora di concerto è stato articolato in due soli movimenti. Lunghissimi, ovviamente, fuori da ogni normale performance. Ma il pianista quando avrebbe dovuto interrompere? Perché? Qual era il momento giusto per farlo? Allora, Costa, ha scelto la coerenza, l’onesta intellettuale di essere sé stesso, cercando comprensione e interesse nel pubblico, chiamandolo, nel caso, ad una prova impegnativa: interrompere quando la strada intrapresa glielo avrebbe consentito. O meglio ancora, forse, un po’ inconsapevolmente, per istinto, perché prima o poi doveva chiudere. E non dispiace affatto considerare valida questa seconda ipotesi. Ma non traiamoci in inganno, nulla avviene per caso: Giuseppe Costa ha dimostrato di essere un “vero” musicista, autentico e anche bravo.

Il suono è dentro il pianoforte, basta saperlo ricercare, intercettare dentro uno strumento naturale. Ma è anche nell’aria, basta catturarlo, come se le note fossero farfalle. Sarà l’artista, in simbiosi e in empatia con l’ascoltatore ad elaborare, e se è il caso a sintetizzare, quell’apparente caos. In fondo, note talvolta disarmoniche, dissonanti, vanno in linea con i fatti della vita, con le sue asperità. Dopodiché si ritrovano in armonia. Anche questa è una questione soggettiva. I percorsi sono vari, basta esplorarli, percorrerli. Tra i musicisti c’è chi fa esplodere le proprie qualità improvvisative facendo ricorso alla tecnica e al virtuosismo, concedendo velocità e spettacolo. Qui siamo in un caso di percorso interiore, introspezione, improvvisazione mentale, con le sue variazioni, le sue pause. In un dialogo intenso tra pensiero e tastiera, impegno e sentimento. E’ proprio il pensiero a tracciare il percorso al suono. Lo anticipa. Chiudere gli occhi per credere: anche le note sospese nel vuoto hanno un senso.  Il piano a volte è portato agli estremi. Tutto può essere trasformato in qualunque altra cosa: in gesti, figure o parole, ad esempio. E’ impegno e ispirazione, arte allo stato puro. E’ suono primordiale che avremmo potuto recensire improvvisando anche noi qualche passaggio, magari ricorrendo a vari caratteri o ghirigori. Mai limitare l’improvvisazione!

Provocazioni e giochi a parte, basta esserci dentro e affidarsi alla creatività, ma anche alla storia.

Luciano Troja, direttore artistico della Filarmonica Laudamo: “L’improvvisazione nasce con l’uomo perché la musica, l’istinto, l’attitudine alla musica è connaturata con la natura umana.       L’improvvisazione musicale è una creazione estetica, narrativa, politica dell’essere umano e della natura. Non è una novità, c’è dagli albori dell’uomo. Chi improvvisa è come se suonasse sempre per la prima volta. Aprirsi alla sorpresa di affrontare un concerto intero improvvisandolo, significa aprirsi a varie realtà”. Il suo commento sulla rassegna Accordiacorde, organizzata dalla Laudamo in collaborazione con E.A.R. Teatro di Messina, giunta alla sesta edizione: “I nostri concerti del giovedì appartengono a una striscia che per certi versi, personalmente, amo molto per la loro connotazione intima e comunicazione diretta”.

Le considerazioni di Giuseppe Costa, nel sentito ringraziamento al pubblico e al direttore artistico: “Questa musica richiede coraggio, sia a farla che a rappresentarla, perché bisogna avere una grande fiducia e soprattutto voglia di offrire al pubblico qualcosa di diverso, di nuovo. Spero vivamente che ciò che ho ‘pensato’ sia in qualche modo piaciuto. A me interessa propormi in una maniera assolutamente vera. Suonare per così tanto tempo dei pezzi così lunghi può essere stancante, ma chi si cimenta in queste performance chiede sostenibilità. In realtà quello che si cerca è un percorso da fare insieme”.

Corrado Speziale

 

 

Redazione Scomunicando.it

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